Selezione di notizie assicurative da quotidiani nazionali ed internazionali

 

Lunedì 28 parte l’ops di Unicredit su Banco Bpm. L’offerta arriva ai nastri di partenza a cinque mesi dal lancio e dovrebbe chiudersi solo il 23 giugno, sfruttando così la massima durata consentita (35 giorni) e prevedendo il settlement per inizio luglio. Anche se il ceo Andrea Orcel ha voluto rispettare la tabella di marcia annunciata a novembre, le incognite sul tavolo non mancano e l’esito dell’operazione rimane incerto.
C’è chi ha iniziato a fare i conti per capire come potrebbe finire la rivincita che si aprirà a breve con il lancio dell’ops di Monte Paschi su Mediobanca e che vedrà ancora una volta Generali al centro della contesa. Il primo match si è chiuso a Trieste il 24 aprile, con l’assemblea degli azionisti che ha decretato la vittoria schiacciante di Philippe Donnet riconfermato ceo per il suo quarto mandato, con il ruolo determinante dei grandi fondi internazionali (e dei piccoli soci) schierati per la continuità. Un fronte che, insieme a Mediobanca (azionista di Generali con il 13,04%), ha consentito alla lista presentata da Piazzetta Cuccia, che ha riconfermato il tandem Donnet ceo-Andrea Sironi presidente, di incassare il 52,3% dei voti dei presente all’assise (pari al 68,7% delle azioni). In pratica il 35% del capitale di Generali ha scelto la continuità, premiando i risultati raggiunti in questi anni dal management e gli obiettivi del nuovo piano strategico triennale presentato il 30 gennaio da Donnet, che spinge ancora su utile e dividendi. Tra questi anche Cassa Forense (1,25%) che, contro ogni pronostico, allineandosi alle indicazioni dei proxy dei giorni precedenti l’assemblea Generali, ha scelto di schierarsi dalla parte della banca guidata da Alberto Nagel.
Quattro direttrici su cui muovere. Il nuovo presidente di Ania, Giovanni Liverani – a poco più di tre mesi dal suo arrivo a Roma dopo quasi 10 anni in Germania dove ha riorganizzato con successo le attività di Generali nel Paese – è pronto a delineare a MF-Milano Finanza i tratti essenziali che definiranno la sua azione al timone dell’associazione che rappresenta le compagnie di assicurazione. Come prima cosa «ci impegneremo perché aumenti l’educazione assicurativa», dice «perché è una mancanza del settore se oggi gli italiani non sono in grado di cogliere appieno il valore di una polizza. Spingeremo poi sull’innovazione tecnologica, facendo da apripista per nuovi progetti», aggiunge, ricordando le difficoltà che incontrò negli anni ’90 quando lanciò Genertel, prima compagnia diretta in Italia. Determinante sarà inoltre il lavoro per «creare partnership pubblico-private con cui affrontare insieme le sfide sociali e demografiche e rendere più sicuro e competitivo il sistema Paese», sottolinea Liverani. Prima di tutto occorrerà però «riportare coesione in Ania, creando anche le condizioni per il rientro di chi (Unipol, ndr) più di 10 anni fa decise di uscire».
Per i fondi pensione è stato un trimestre in retromarcia sul fronte dei rendimenti a causa della volatilità che con la guerra sui dazi è tornata protagonista dopo mesi di crescita dei mercati globali. E quindi in questo periodo il tfr in azienda, la tradizionale asticella di confronto delle performance della previdenza complementare, ha avuto la meglio mettendo a segno una rivalutazione netta dello 0,93% perché si apprezza in modo automatico di un 1,5% fisso all’anno più il 75% dell’inflazione Istat. Mentre i primi tre mesi del 2025 si sono chiusi per i comparti negoziali con un risultato medio del -0,56% come emerge dall’analisi di MF Milano Finanza che ha raccolto i dati di quasi 100 linee (tabella in pagina). E per i fondi aperti (in questo caso la fonte è Fida), la media degli oltre 300 fondi sul mercato è del -0,09% (tabella in pagina). Rendimenti che rispecchiano l’andamento negativo del mercato nel trimestre.
  • Investiamo sul clima
Se negli Us il campione del rigetto è diventato il negazionista Trump, che considera il cambiamento climatico una frode, in Europa (e moltissimo in Italia) gli alfieri del rigetto sono i neo-negazionisti, che non negano l’emergenza climatica ma accusano la transizione energetica di mettere a rischio l’economia e sollevano mille dubbi e critiche per non fare
nulla per il clima. Già oggi il mancato adattamento al nuovo clima è costato, solo nell’ultima alluvione in Emilia-Romagna nel 2023, quasi 10 miliardi euro di danni alle imprese e alle famiglie.
  • I pilastri di Patrimonio Garanzia Solida 5 anni
Patrimonio Garanzia Solida 5 anni è una polizza proposta da Intesa Sanpaolo Vita. Nel dettaglio, si tratta di un contratto di assicurazione sulla vita di tipo misto rivalutabile, a premio unico e con durata predefinita pari a 5 anni (non quindi a vita intera).
La polizza consente di investire il capitale usufruendo della garanzia di un capitale minimo garantito, pari all’importo investito al netto di eventuali uscite per riscatti parziali. Il rendimento del prodotto è collegato ai risultati della gestione separata Fondo Base Solida,
caratterizzata principalmente da investimenti del comparto obbligazionario in euro e altre attività finanziarie poco volatili. La gestione finanziaria promuove, tra le altre, caratteristiche ambientali o sociali o una combinazione di esse, nonché il rispetto di prassi di buona
governance ai sensi dell’art. 8 del Regolamento Sfdr.
In caso di vita del cliente a scadenza ovvero al termine del quinto anno dalla data di inizio
(decorrenza) del contratto, la prestazione a scadenza sarà pari all’importo maggiore tra il capitale investito, pari all’importo investito rivalutato fino alla data di scadenza, al netto del costo di gestione e di eventuali uscite per riscatti parziali e l’importo investito, sempre al netto di eventuali uscite per riscatti parziali

  • Costo di costruzione, danno da mancato aggiornamento
E’ danno erariale da imputare al responsabile comunale dell’ufficio tecnico
l’omesso aggiornamento del contributo sul costo di costruzione previsto dall’articolo 16 del dPR 380/2001. La sentenza della Corte dei conti, Sezione giurisdizionale per il Veneto 2
aprile 2025, n. 99 è paradigmatica dei tipici e gravi problemi operativi che coinvolgono troppe amministrazioni locali.

Su base annua sono cresciute di quasi il 62% rispetto al 2004: ovvero a venti anni fa. L’età media alla decorrenza è scesa da 69,5 anni ai 67,1 anni del 2024. E sono concentrate prevalentemente nel Mezzogiorno, con una punta di 131 trattamenti ogni mille residenti in Calabria. Le “nuove” pensioni collegate di fatto al capitolo assistenza assorbono ormai una fetta cospicua del flusso di prestazioni pensionistiche liquidate dall’Inps. I dati dell’Istituto, aggiornati al 1° gennaio 2025 (ma depurati dai trattamenti della gestione pensionistica dei dipendenti pubblici), parlano chiaro: lo scorso anno più della metà dei nuovi trattamenti erogati dall’ente – per la precisione il 50,7%, ovvero 726.930 assegni su oltre 1,4 milioni – era da considerare di «natura assistenziale», in parte anche per effetto della frenata dei pensionamenti anticipati. Nel 2004 questi stessi trattamenti erano 449.783 e rappresentavano non più del 39,8% del totale. E in uno dei recenti monitoraggi dell’Istituto si fa notare che il Nord Italia ha un numero di pensioni per residente maggiore per le categorie vecchiaia e superstiti, seguito dal Centro e dal Mezzogiorno, ma l’ordine si inverte per le pensioni di categoria invalidità previdenziale e per le prestazioni assistenziali.
Il paradosso in queste settimane, per i componentisti auto che esportano in Usa, è di dover fare i conti con  diverse tipologie di dazi. Quella del 10%, ad esempio, da inizio aprile per i dazi reciproci, accanto ad una imposizione al 25% per le viti, fatte in acciaio e dunque già da settimane soggette al nuovo regime imposto dall’amministrazione Trump. Tutto questo prima del 3 maggio, data fissata per i nuovi dazi, al 25%,  da far valere su tutti i componenti destinati al mercato americano dell’auto. In questa fase la confusione è tale da non poter neanche sapere con certezza se la prossima settimana il nuovo regime entrerà comunque in vigore. Più di uno scenario, a questo punto, è aperto, dai possibili accordi con i singoli Stati federali alle deroghe, in casi particolari.

La previdenza integrativa, questa sconosciuta. Per i giovani già è difficile ipotizzare la pianificazione del proprio futuro lavorativo, figuriamoci quello previdenziale. Le ragioni sono abbastanza banali: l’età che più è bassa e meno stimola pensieri che vadano oltre la programmazione delle vacanze o l’acquisto dell’ultimo smartphone; l’idea di essere sempre in tempo a pensare alla vecchiaia anche se si è più cresciuti; la convinzione, per i più fortunati, di poter fare affidamento su quanto verrà lasciato loro dai genitori. E poi c’è un’altra motivazione che forse è quella più importante e soprattutto la più problematica: la difficoltà ad accantonare periodicamente una parte anche minima delle proprie entrate, sia a causa dei magri stipendi, sia per la scarsa conoscenza delle tipologie di strumenti disponibili a fini previdenziali.
«I detti popolari che non si può avere la botte piena e la moglie ubriaca o che non si possono fare le nozze con i fichi secchi, si adattano bene alle intenzioni del Governo di incentivare lo sviluppo della previdenza complementare ma senza ulteriori oneri per lo Stato», a dirlo è Alberto Brambilla, presidente Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali. Eppure, secondo Brambilla, dopo modifiche, a suo dire, peggiorative dei fondi pensione realizzate con la legge finanziaria per il 2007 dal governo Prodi (ministro del lavoro Cesare Damiano) e con l’aumento della tassazione dall’11% al 20% da parte dell’esecutivo guidato da MattLe proposte: dal patto tra generazioni al bonus per gli iscritti under 35o Renzi nel 2015, ci sarebbe davvero bisogno di una riforma radicale per aumentare le adesioni e lo sviluppo della cultura previdenziale coinvolgendo i giovani.
Realizzare un patto intergenerazionale per migliorare l’equilibrio del secondo pilastro dove gli iscritti alle forme complementari under 35enni sono meno del 20%. L’idea arriva da Giovanni Maggi, presidente di Assofondipensione. «Potrebbe essere interessante esplorare la possibilità, magari per i montanti creati solo post 1° gennaio 2007 ( per evitare sovrapposizioni e complicazioni con le tassazioni dei diversi periodi), di poter trasferire quote di accantonamenti alla previdenza complementare da parte dei genitori e nonni verso figli e addirittura nipoti, ovviamente in sospensione d’imposta – spiega Maggi –. Magari con un meccansimo semplice e chiaro fin da subito, per togliere l’ansia a genitori e nonni su come svuotare i propri zainetti previdenziali senza convertire in rendita, ancora poco amata».
Per incentivare la partecipazione dei ragazzi neo assunti alla previdenza< complementare si stanno studiando parecchie vie. Ma ci sono molti nodi da risolvere. In primis la scarsa conoscenza degli strumenti esistenti, soprattutto nelle realtà più piccole e meno sindacalizzate, dove talvolta sono gli stessi datori di lavoro a disincentivare le nuove leve (per evitare di pagare il contributo a carico del datore di lavoro e per non perdere il Tfr lasciato in azienda dai lavoratori).
La scelta spetta ai genitori. Pianificare il futuro previdenziale “integrativo” dei propri figli quando questi sono in giovane età, visto che la pensione pubblica italiana prevede in futuro un assegno sempre più magro. La scelta potrebbe avvenire tra un fondo pensione complementare o un Pac: il primo costa di più del Piano di accumulo del capitale, ma ha il vantaggio della deducibilità fiscale. Il Pac non ha invece il beneficio fiscale, ma offre la flessibilità di versamento e la libertà di scelta tra diversi strumenti finanziari, mantenendo la liquidità e senza vincoli di durata.
A distanza di ben sette anni dall’entrata in vigore di Mifid II, oltre il 60% degli investitori ha ancora difficoltà a reperire il Rendiconto Costi e Oneri, il documento in cui gli intermediari finanziari entro aprile di ogni anno sono tenuti ad esplicitare nel dettaglio le voci di costo sostenute dai clienti per i propri investimenti nel corso dell’anno precedente. È quanto emerge dall’indagine condotta nelle scorse settimane da Moneyfarm su un campione di oltre 2mila investitori, tra propri clienti e utilizzatori dei servizi di investimento di altri intermediari.