Selezione di notizie assicurative da quotidiani nazionali ed internazionali

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Legittima la deduzione del premio per la polizza che tutela la società dalla perdita o dall’infortunio dell’amministratore che rappresenta una risorsa indispensabile per la prosecuzione dell’attività sociale. Sul versante civilistico, la decisione può essere inquadrata come un comportamento a tutela della continuità aziendale, nel malaugurato caso che la pedina strategica non sia più in grado di condurre il business. Nella prassi, infatti, è frequente che le compagnie assicuratrici propongano alla società la stipula di polizze cosiddette key man, che si sostanziano in contratti che tutelano verso il rischio morte dell’amministratore (o degli amministratori), ritenuto figura chiave per l’azienda (vale a dire soggetto senza il quale l’attività faticherebbe a proseguire). Lo scopo, almeno in linea teorica, è quello di assicurare alla società un introito in denaro che consenta di far fronte alla mancanza di una risorsa indispensabile per la prosecuzione dell’attività, in caso di accadimento di un evento luttuoso. Col denaro ricevuto, dunque, la società può astrattamente disporre delle somme necessarie per corrispondere un emolumento a un altro soggetto, con capacità simili al defunto amministratore, in modo da evitare uno stallo dell’attività.
Se i beneficiari della polizza sono gli eredi del soggetto assicurato, vacilla l’inerenza del costo sostenuto e viene meno il diritto alla legittima deduzione. Infatti, se il contratto assicurativo ha come risultato finale quello di indennizzare soggetti diversi dalla società che sostiene il costo del premio, viene a decadere il ragionamento sopra svolto, constatata la natura extraziendale dell’interesse che soggiace all’operazione. Manca, dunque, qualsiasi collegamento con l’attività e, per conseguenza, l’inerenza. Ad analoghe conclusioni si giunge nel caso in cui, in corso di polizza, muta l’originario beneficiario (società) a favore del nuovo beneficiario (eredi dell’amministratore). Se, in origine, l’operazione risultava correttamente inquadrata, al momento della sottoscrizione di tale accordo si verifica una sorta di destinazione del beneficio a finalità estranee all’attività di impresa, con conseguenze assolutamente rilevanti sul versante fiscale.
L’amministrazione finanziaria nutre forti dubbi sulla deducibilità fiscale del premio pagato per le polizze key man. Ove la stipula di una polizza a copertura del rischio vita dell’amministratore (uomo chiave) appare atto legittimo sul versante civilistico, numerose perplessità emergono in ambito fiscale, dove l’amministrazione finanziaria e la giurisprudenza hanno adottato un atteggiamento altamente recalcitrante alla deduzione del costo, dubitando della inerenza del medesimo. Inerenza che, secondo gli approdi più recenti, va verificata esclusivamente verificando la correlazione con attività potenzialmente idonee a produrre ricavi e non, come si sosteneva nel passato, con elementi reddituali.
Incarichi da svolgere in luoghi del mondo rischiosi possono indurre alla stipula di polizze a copertura di rischi specifici. In talune ipotesi, infatti, si può intravedere un interesse evidente della società a stipulare una polizza, rischio vita per l’amministratore, con beneficiari gli eredi di quest’ultimo. Si tratta, tuttavia, di casi limite, che vanno tenuti isolati e non possono essere generalizzati. Lo spunto proviene dalla Cassazione, sezione lavoro, che, con sentenza n. 4129 del 22 marzo 2002, si è occupata dell’onere, gravante sulla società, di tutelare le possibili ripercussioni derivanti dall’evento morte dell’amministratore nello svolgimento della propria attività. Si pensi al caso di una società che abbia interessi economici in paesi ad alto rischio (per conflitti in corso, instabilità politica, presenza di contrasti tra gruppi etnici diversi, ecc.), ove si debba recare l’amministratore per la conclusione di contratti, esponendosi anche a rischi di rapimenti, aggressioni, attentati, ecc.. In tale caso, secondo la Suprema Corte, il datore di lavoro è responsabile della mancata adozione di ogni misura adatta a tutelare la salute e l’integrità fisica dei propri lavoratori, anche se i rischi possano derivare da eventi non strettamente connessi con lo svolgimento dell’attività, ma comunque conseguenza del luogo ove l’attività viene svolta. In sostanza, se è normale che l’amministratore si sposti in altri paesi per la conclusione di contratti, può essere meno “normale” che la destinazione sia un paese ad alto rischio, magari ricompreso nella lista di quelli sconsigliati dal Ministero degli esteri.
Più protezione degli anziani vittime di truffe. Il decreto legge “sicurezza”, approvato dal consiglio dei ministri del 4 aprile 2025, alza le barriere a tutela delle persone vulnerabili incappate in raggiri, introducendo un’apposita aggravante del reato di truffa, punita fino a 6 anni di reclusione. Il decreto legge introduce una specifica ipotesi di truffa aggravata con pena detentiva da due a sei anni di reclusione e congiunta multa da 700 a euro 3 mila euro. A essere interessato dalla novella è l’articolo 640 del codice penale, al quale si aggiunge un terzo comma per punire nella predetta forma aggravata, la truffa realizzata quando ricorre un’ipotesi di “minorata difesa” e cioè quando il truffatore profitta di circostanze di tempo, di luogo o di persona, anche in riferimento all’età, tali da ostacolare la pubblica o privata difesa.
L’Unione europea ha sospeso per 90 giorni l’applicazione dei dazi addizionali ritorsivi che avrebbero dovuto colpire una serie di prodotti originari degli Stati Uniti, per un valore di 21 miliardi di euro. La decisione dei vertici Ue è arrivata subito dopo l’annuncio del Presidente Trump sulla pausa di 90 giorni per le misure reciproche ad valorem del 20%. Continuano, invece, ad applicarsi le tariffe addizionali del 10%, che si aggiungono alle aliquote già normalmente previste per l’ingresso in USA di tutti i beni europei, oltre a quelle sostitutive del 25% per automobili e componenti, acciaio, alluminio e derivati. L’Unione europea è pronta a negoziare: l’obiettivo è quello di arrivare a un accordo “zero a zero”, limitando il più possibile l’impatto e le conseguenze dei rincari nell’interscambio.
Cittadini, imprese e istituzioni pubbliche sempre più nel mirino dei criminali informatici. Lo scorso anno molti attacchi sono avvenuti usando credenziali rubate, certificati digitali e altri metodi per assumere l’identità delle vittime. Inoltre, gli hacker stanno indirizzando le loro attività illecite anche verso gli assistenti digitali intelligenti. Ma anche aprire un semplice file in formato Pdf, in apparenza innocuo, ricevuto tramite posta elettronica può riservare spiacevoli sorprese ad un utente poco avveduto, infatti il 68% dei cyberattacchi inizia attraverso la casella di posta elettronica e il 22% di questi si nasconde proprio nei Pdf. Anche perché il 63% delle aziende non usa l’autenticazione multifattore, sistema che consentirebbe di difendersi con più efficacia dai malintenzionati. E così, nel 2024 si è registrato un aumento del 15,4% delle segnalazioni relative all’esposizione di dati sul dark web, ponendo l’Italia al 5° posto a livello globale per indirizzi e-mail compromessi e al 18° per dati di carte di credito rubate. A delineare tali scenari sono le ricerche condotte da Cisco Talos, Trend Micro, Check Point Research e Sophos, società che operano nel campo della sicurezza informatica, e da Crif, azienda specializzata in sistemi di informazioni creditizie e di business information
Sempre più consumatori si rivolgono al mondo digitale per fare shopping: non per nulla l’e-commerce è in costante crescita. Secondo l’Osservatorio eCommerce B2c della PoliMi School of Management, nel 2024 gli acquisti online in Italia hanno raggiunto i 58,8 miliardi di euro, con una crescita del 6% rispetto al 2023. Da un lato i servizi continuano il loro percorso di crescita, soprattutto grazie alle performance positive del settore turismo e trasporti e del ticketing per eventi, e il valore degli acquisti online per la macrocategoria raggiunge 20,6 miliardi di euro (+8%). Dall’altro il valore dell’e-commerce di prodotto aumenta, anche se con ritmi più contenuti rispetto agli anni scorsi: in questo ambito gli acquisti online toccano 38,2 miliardi di euro (+5%).
Anche se la contraffazione è indiretta e il reato risulta prescritto devono comunque essere risarciti i danni, come dispone il codice della proprietà industriale. Il decreto legislativo 10/02/2005, n. 30, infatti, sanziona il contributory infringement, vale a dire la condotta dell’azienda che fornisce prodotti non coperti da brevetto ma destinati a una fattispecie vietata e ne è consapevole o potrebbe esserlo utilizzando l’ordinaria diligenza. E dunque, anche se è estinto in capo all’imprenditore il reato di violazione della privativa industriale, dopo il ricorso proposto dalla parte civile il giudice dell’impugnazione penale è tenuto a verificare se la condotta dell’imputato abbia comunque causato un danno ingiusto all’azienda titolare del brevetto, verificando se sussiste la responsabilità extracontrattuale: l’accertamento deve essere svolto sulla base della regola civilistica del “più probabile che non”, invece che di quella penalistica dell’“alto grado di probabilità logica”. Così la Corte di cassazione penale, sez. terza, nella sentenza n. 12399 del 31/03/2025.
Sempre più italiani chiedono un finanziamento per fare acquisti di beni o servizi. Ma aumenta anche l’affidabilità di chi chiede un prestito. Prosegue, infatti, la corsa del credito al consumo: il 2024 si è chiuso con quasi 170 miliardi di prestiti erogati. Allo stesso tempo, è calata costantemente nel corso del 2024 (da 0,262% a 0,222%), rimanendo su valori contenuti, la rischiosità del credito, rappresentata dal tasso di deterioramento dei prestiti alle famiglie calcolato in relazione al numero degli affidati (ossia i soggetti a cui, a fronte della concessione di prestiti o di garanzie, sono arrivate una o più segnalazioni alla Centrale dei rischi). I consumatori, quindi, continuano a indebitarsi, nonostante l’Italia si confermi ai primi posti in Europa per i tassi sui finanziamenti personali: una tendenza destinata a consolidarsi quest’anno. A rilevarlo è la Fondazione Fiba di First Cisl (Federazione italiana reti dei servizi del terziario, il sindacato dei lavoratori delle banche, delle assicurazioni, della finanza, della riscossione e delle authority) nella sua analisi periodica condotta su dati Bankitalia e Bce.
A ogni fascia d’età corrisponde un diverso tipo di finanziamento. Per esempio, i giovani dai 18 ai 30 anni sono tra i principali fruitori di prestiti finalizzati, che rappresentano una possibilità meno impegnativa di approcciare il mondo del credito rispetto ai mutui o ai prestiti personali. Si tratta, infatti, di una forma di credito al consumo, in genere di importi non molto elevati, destinata al consumatore finale e legata all’acquisto di un bene o di un servizio specifico. Si tratta di alcune delle evidenze della Mappa del credito realizzata dall’osservatorio Crif- Mister Credit, da cui emerge, invece, che gli over 60 hanno una maggior propensione all’utilizzo dei prestiti personali (per i quali la somma è corrisposta direttamente al cliente, senza richiederne il motivo, visto che l’erogazione non è subordinata all’acquisto di un bene o servizio specifico).

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Nelle cinque terribili giornate di Piazza Affari che hanno preceduto l’annuncio della sospensione delle tariffe da parte del presidente statunitense, i titoli del credito sono stati tra i più presi di mira, salvo poi recuperare almeno in parte giovedì. La ragione è semplice: negli ultimi due anni, le quotazioni delle banche si sono impennate, sospinte prima dall’aumento del costo del denaro che ha gonfiato i margini di interesse e poi dallo stesso risiko, entrato nel vivo in autunno. Ora che i dazi di Trump, in uno scacchiere geopolitico internazionale già complesso, aggiungono una variabile in più che rischia di portare recessione prima ancora che inflazione, gli analisti e gli addetti ai lavori guardano alle banche con occhi diversi.
Un boom delle “nuove” procedure di uscita dal mercato, nell’ambito di una crescita generalizzata di fallimenti e liquidazioni che dice molto della difficile congiuntura che vivono le imprese italiane. L’Osservatorio procedure e liquidazioni di Cerved che Affari&Finanzaha potuto leggere segnala che nel 2024 i fallimenti delle imprese hanno segnato un balzo del 17,2 per cento, passando da 7.848 a 9.194 casi, concentrati al 30% nel Nord Ovest del Paese. Si rafforza così l’andamento che era partito dall’ultimo scorcio del 2022, dopo i minimi del 2020 a seguito delle moratorie Covid. Anche le liquidazioni in bonis sono salite, del 12,7 per cento, a sfiorare le 120mila unità. Ma il boom si registra soprattutto per le novità introdotte dal luglio 2022 con la revisione del Codice della crisi.
Entrato in crisi con la pandemia il settore sta puntando sulla durata del noleggio avvicinandosi di fatto al rent-a-car L’utente medio: uomo sotto i 45 anni.  Nel 2023 (ultimi dati disponibili) il car sharing in Italia ha fatto registrare 5 milioni di noleggi — 4.970.000 per l’esattezza — circa il 10% in meno rispetto ai dodici mesi precedenti. Si tratta di un valore che è circa la metà di quello del 2019 (più di 10 milioni di noleggi). È invece cresciuto, anche se di poco, il numero di utenti “attivi negli ultimi sei mesi”, con circa 300.000 persone che hanno fatto ricorso al servizio di sharing (+4% rispetto al 2022, ma +23% rispetto ai valori del 2020). L’aumento più significativo è stato a Roma e Milano, le due città che continuano a fare da traino per il settore. Altri segnali di consolidamento sono arrivati dal numero di veicoli e dalla durata media del noleggio. Dopo due anni di calo, nel 2023 il numero di vetture in flotta è rimasto stabile a 3500 unità, di cui circa l’80% dislocato fra Milano e Roma. Decisamente più incoraggiante il dato sulla durata media del noleggio che è salito a 95 minuti dai 77 minuti del 2022.
«L’obiettivo è sviluppare e migliorare le pensioni complementari, in modo da integrare gli assegni pubblici». Con queste parole, a metà marzo la Commissione europea ha indicato la volontà di spingere sulla previdenza complementare nell’ambito della Savings and Investments Union (Siu), strategia che – tra le altre cose – punta anche all’introduzione di conti correnti ad alto rendimento grazie all’introduzione di facilitazioni fiscali. In attesa di dettagli sul piano, il tema è caldo anche a livello nazionale, dove da tempo si cercano soluzioni per incrementare il numero di iscritti a fondi pensione. Nella consapevolezza che, tra allungamento della vita media e denatalità, sempre meno il welfare pubblico sarà in grado di assicurare assegni pensionistici adeguati. Senza dimenticare che nei Paesi in cui questi fondi sono ampiamente sviluppati, gli stessi operano a supporto dell’economia reale grazie al loro ruolo di investitori di lungo periodo, anche su asset illiquidi o su Pmi dal rendimento tendenzialmente più volatile, ma anche più profittevole nel tempo.

A Siena quest’anno gli esami di maturità si terranno in anticipo. Giovedì prossimo, 17 aprile, ad esempio, si terrà una sessione straordinaria: l’assemblea dei soci del Monte dei Paschi, sarà chiamata non solo ad approvare il bilancio 2024 che si è concluso con un utile netto 1,951 miliardi di euro, che consentirà la distribuzione di un dividendo di 86 centesimi per azione a partire dal 21 maggio, ma soprattutto dovrà votare l’aumento di capitale necessario per realizzare l’offerta pubblica di scambio sulle azioni Mediobanca. Sarà un passaggio cruciale. Una delle assemblee più delicate non della banca di Siena, che ne ha già vissute molte e drammatiche nell’ultimo decennio, ma dell’intero panorama della finanza italiana, così come abbiamo imparato a conoscerla.
Il clima di incertezza ha spinto ad aumentare gli accantonamenti: erano il 7,8% nel 2023. Nei primi nove mesi del 2024 si sono investiti 400 euro a testa di nuove risorse. Meno soldi “fermi”, ma l’istantanea mostra ancora molta attenzione alla liquidità. Il risparmio sale al 9% del reddito. Il 2024 è stato per le famiglie italiane un anno, tutto sommato, positivo. Nonostante il rallentamento dell’economia, il numero degli occupati ha superato i 24 milioni, 800 mila più del massimo raggiunto nel 2019. Le retribuzioni sono cresciute del 3%, mentre i prezzi solo dell’1%. Il reddito delle famiglie è aumentato. Il potere d’acquisto è tornato a crescere, recuperando solo una piccola parte di quanto perso nei due anni precedenti. La persistente incertezza ha, però, portato le famiglie ad aumentare il risparmio, mettendo da parte il 9% del reddito, dal 7,8% del 2023. Ne hanno risentito i consumi, ma ne hanno tratto beneficio gli investimenti.
Il forte rialzo dei prezzi ha mostrato i limiti di un utilizzo eccessivo della liquidità, spiega De Rita, segretario generale del Censis, che come ogni anno realizza insieme ad Assogestioni il rapporto sulle abitudini finanziarie degli italiani. La “sorpresa” delle nuove generazioni, che ora hanno un tasso di propensione all’accantonamento superiore alla media
I tassi di sostituzione dell’assegno pubblico scenderanno. Per i giovani iscriversi sarà fondamentale. Le possibili scelte. Tra le proposte c’è il rafforzamento del meccanismo automatico di adesione e il superamento delle linee garantite
L’Italia è destinata a diventare sempre più vecchia. Secondo le ultime stime Istat, nel 2050 gli over 65 potrebbero arrivare a rappresentare il 34,5% del totale (oggi sono il 24,7%). E una significativa crescita è attesa anche per la popolazione di 85 anni e più, quella all’interno della quale si concentrerà una più importante quota di individui fragili (passerà dal 3,8% al 7,2%). In questo scenario, sta emergendo un senso diffuso di inadeguatezza sociale, come evidenzia la ricerca «InnovAge» realizzata per Invesco da Eumetra. Il 97% dei partecipanti ritiene che la società non sia preparata a gestire una popolazione sempre più longeva, mentre una persona su tre percepisce di non avere risorse sufficienti per affrontare un sistema finanziario distante.
Solidità economica, sinergia con l’assicurativo e un brand ancora molto contraddistinto dall’impronta mutualistica della capogruppo. È con questi tre atout che Banca Reale, l’istituto di credito di Reale group, festeggia i suoi primi 25 anni di attività. Un traguardo che però la spinge anche a guardare al domani con una nuova strategia focalizzata sempre sul cliente. Il giro di boa del quarto di secolo avviene anche con numeri di tutto rispetto, una solida base per spiccare il salto verso il futuro. Il 2024, infatti, si è chiuso con il miglior bilancio nella storia dell’istituto, con utile netto pari a 8,3 milioni di euro, un patrimonio netto di 92,5 milioni, un totale attivo di 1,3 miliardi e masse gestite per 17,9 miliardi.

In caso di attacco ransomware – la compromissione dei sistemi informatici a scopo estorsivo – non si potranno più pagare riscatti, pena una pesante sanzione amministrativa. Tuttavia, i soggetti colpiti che avranno assolto agli obblighi di denuncia potranno beneficiare di un sostegno economico. Il divieto, destinato a imprese pubbliche e private, implicitamente rende le attività dei cyber-negoziatori, cioè quelle figure che mediano tra le richieste dei cyber-criminali e le aziende, a rischio di concorso nel reato di estorsione informatica.
Cresce il numero e l’efficacia delle azioni collettive avviate dopo che la riforma varata nel 2019 ed entrata in vigore il 19 maggio 2021 ha superato la precedente class action (poco usata) e l’ha resa uno strumento di tutela generale, ampliando la platea dei ricorrenti e l’ambito d’azione. Nel 2023, con il recepimento della direttiva Ue 2020/1828, sono state poi introdotte le azioni rappresentative, che possono essere nazionali o trasfrontaliere (cioé avviate in Italia da soggetti di altri Stati Ue e viceversa). Oggi sono 76 le azioni iscritte nella piattaforma telematica del ministero della Giustizia ma i procedimenti in corso sono in realtà di più, perché le class action inibitorie (che puntano al blocco del comportamento scorretto, non al risarcimento del danno) spesso non vengono pubblicate online e quindi in buona parte non sono censite. Le azioni risacitorie, invece, ci sono tutte.
A poco meno di due anni dall’entrata in vigore della legge in materia di equo compenso delle prestazioni professionali, nei Codici deontologici delle categorie è entrato l’obbligo di rispettarla e una violazione è stata sanzionata. Al modello standard di convenzione predisposto dal Consiglio nazionale del Notariato in materia di surroghe – il primo a essere stato varato – hanno già aderito oltre 120 banche. E gli Ordini sono al lavoro per mettere a punto altre convenzioni. Ma se l’attuazione della legge avanza per le categorie, tutto tace, invece, dal lato istituzionale: in questi due anni non sono stati aggiornati i parametri professionali, le tariffe di riferimento per stabilire se una parcella è equa: a parte gli avvocati, che contano sui valori stabiliti a ottobre 2022, gli altri professionisti continuano ad avere tabelle vecchie di 12-15 anni. Senza una revisione la norma quindi rischia di rimanere una scatola vuota.
Sono ancora tutti da aggiornare i parametri dei professionisti dell’area economico-giuridica e di quella tecnica. E mancano all’appello i primi parametri per le professioni non ordinistiche che, secondo la legge sull’equo compenso, sarebbero dovuti arrivare addirittura entro luglio 2023, con un decreto del ministero delle Imprese e del made in Italy. La norma chiave della legge 49, ovvero l’adeguamento delle tariffe di riferimento per l’equo compenso ogni due anni per disporre sempre di valori di mercato aggiornati è, quindi, del tutto disattesa: i commercialisti sono fermi da 13 anni, i notai da 12 e così anche architetti e ingegneri che hanno visto una revisione, limitata, nel 2016. Sono più avanzati solo gli avvocati, che beneficiano dell’aggiornamento (comunque precedente all’equo compenso) di fine 2022.