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Responsabilità patrimoniale dei sindaci limitata e parametrata alla rilevanza dell’incarico, sia in caso di responsabilità esclusive sia solidali con gli amministratori, ma non in caso di comportamenti dolosi. Sono le conseguenze dell’approvazione da parte del Senato (all’unanimità, mercoledì scorso) del disegno di legge con il quale è stato riscritto il testo dell’art. 2407 c.c. in tema di responsabilità dei membri del collegio sindacale, testo ora in attesa di pubblicazione in Gazzetta ufficiale. Le nuove disposizioni del novellato art. 2407 c.c. in tema di limitazione della responsabilità del sindaco non possono attivarsi nel caso di responsabilità di carattere doloso. Al di là della oggettiva difficoltà probatoria di dimostrare l’animus nocendi in capo ai sindaci, l’individuazione di un comportamento doloso dei sindaci potrebbe essere astrattamente utilizzabile dai curatori per superare il tetto delle responsabilità loro imputabili.
Dopo la pubblicazione in Gazzetta ufficiale della norma riscritta, il nuovo limite basato sul multiplo dei compensi percepiti sarà opponibile a fronte di qualsiasi tipologia di azione attivabile nei confronti dei sindaci. Esso varrà, quindi, per le azioni sociali attivabili ai sensi degli artt. 2393 e 2393-bis c.c., per le azioni dei creditori (azioni ex art. 2394 c.c.) e altresì nei casi delle (invero più rare) azioni sollevate dai singoli soci o dai terzi (ex art. 2395 c.c.). In pratica, il limite del multiplo del compenso che potrà essere richiesto al sindaco in via risarcitoria risulterà invalicabile per tutte le azioni di responsabilità e quindi anche in caso di plurimi inadempimenti che i sindaci possono aver commesso nell’ambito dell’esercizio sociale. Tale limitazione varrà, quindi, anche nei confronti del curatore che, come noto, può esercitare sia l’azione sociale che quella dei creditori (una delle due). In definitiva, nel caso di azione nei confronti dei componenti degli organi sociali, mentre gli amministratori saranno responsabili fino all’ammontare determinato ai sensi dell’art. 2486 c.c., i sindaci, con o senza funzione di revisione legale, potranno essere chiamati in causa limitatamente a un multiplo del loro compenso calcolato in modo scaglionato.
La banca che concede un mutuo a un soggetto incapace di rimborsarlo, contando sulla garanzia assicurata dallo Stato tramite Medio credito centrale (Mcc), e che utilizza la provvista data a prestito per estinguere un pregresso debito chirografario deve risarcire il danno. La decisione arriva dal Tribunale di Napoli con la sentenza n. 381 del 27 dicembre 2024, nel solco della pronuncia del Tribunale di Asti dell’8 gennaio 2024 (si veda ItaliaOggi Sette del 29/1/2024). Una sentenza che sembra andare in contrasto all’ordinanza del 5 marzo scorso, n. 5841 delle S.U. della Cassazione (si veda ItaliaOggi dell’11 marzo scorso), ma che a ben vedere non ha assonanza, poiché la situazione esaminata è ben diversa, giacché il mutuo concesso senza i presupposti ne ha comportato la nullità sotto diversi profili, per l’illiceità della concreta causa del negozio giuridico. La banca, infatti, incorre nella (sub specie) di indebita percezione di erogazioni pubbliche così concretizzando un illecito ai danni della compagine imprenditoriale mutuataria e del suo ceto creditorio. Illecito che, se causa danni a tali soggetti, obbliga appunto l’istituto bancario al risarcimento. Il Tribunale partenopeo ritorna, quindi, su un tema che ha destato a inizi dell’anno scorso molto scalpore e fatto tremare gli equilibri tra sistema creditizio e Mcc, poiché già il Tribunale di Asti aveva affermato la nullità di un contratto di mutuo bancario garantito dallo Stato a causa della presunta consapevolezza della banca circa il dissesto della società finanziata.