Le catastrofi naturali stanno crescendo in modo preoccupante sia per frequenza sia per intensità. Eventi come uragani devastanti negli Stati Uniti, tifoni nel Sud-est asiatico, piogge torrenziali in Spagna e il ciclone Chido che ha colpito l’isola francese di Mayotte rappresentano solo alcuni degli episodi che hanno segnato il 2024. Questo trend, riferisce il quotidiano francese Les Échos, è destinato a continuare anche nel 2025, con incendi fuori stagione in California e inondazioni record nell’ovest della Francia.

Secondo Tobias Grimm, climatologo di Munich Re, il riscaldamento globale – legato all’aumento dei gas serra – sta portando la “macchina meteorologica” del pianeta a funzionare a velocità superiori, con conseguenze drammatiche, ma gli eventi climatici estremi hanno un impatto diretto sul settore assicurativo, chiamato a fronteggiare indennizzi sempre più elevati.

In Francia, il sistema pubblico-privato “Cat Nat” garantisce la copertura per eventi naturali di grande entità. Finanziato sia dallo Stato tramite la Caisse Centrale de Réassurance (CCR) sia dagli assicurati attraverso un contributo obbligatorio sulle polizze, il regime copre fino al 50% delle indennità. Tuttavia, questo sistema è ormai in difficoltà: in sette degli ultimi otto anni ha chiuso in deficit.

Per riequilibrare il regime, il “Rapporto Langreney” presentato al governo la scorsa primavera per riformare lo schema di protezione sulle catastrofi naturali, conteneva 37 misure di intervento, tra cui l’aumento delle sovrattasse assicurative per eventi catastrofici. Dal gennaio 2025, la sovrattassa è salita dal 12% al 20% del costo della polizza, comportando un costo medio per abitazione di circa 41 euro l’anno contro i precedenti 25 euro.

È stato anche introdotto un meccanismo di indicizzazione automatica del 1,96% annuo, in linea con l’inflazione climatica stimata dal Gruppo Intergovernativo sui Cambiamenti Climatici (IPCC).

Nonostante queste misure, l’aumento delle tariffe potrebbe non essere sufficiente. Alcune compagnie stanno già abbandonando le aree più esposte, lasciando i cittadini senza copertura assicurativa. Questo fenomeno è stato definito “deserto assicurativo”, simile ai “deserti medici”. In aree come il Pas-de-Calais, il Sud-est francese e territori d’oltremare, gli assicurati faticano a ottenere polizze per le loro abitazioni. In alcuni casi, le compagnie offrono solo coperture a prezzi fortemente maggiorati o richiedono contatti diretti per stipulare polizze, evitando offerte online. Secondo Thierry Langreney, coautore del rapporto Langreney, questa strategia può essere un modo per escludere clienti ad alto rischio senza dichiararlo esplicitamente.

Le compagnie, spiega Les Échos, stanno adottando criteri sempre più rigidi per la valutazione del rischio. In passato, il rischio veniva calcolato a livello comunale; oggi si analizzano dati fino al livello della singola strada, decidendo se coprire un’abitazione in base alla sua posizione specifica. Questo approccio chirurgico penalizza le abitazioni situate in aree più vulnerabili, come quelle soggette a inondazioni o smottamenti.

Anche gli edifici innovativi incontrano difficoltà: strutture interamente in legno, ad esempio, vengono spesso rifiutate dalle compagnie generaliste per motivi di sicurezza legati ai rischi climatici.

Per contrastare questo fenomeno, il Bureau Central de Tarification (BCT) è stato istituito per imporre alle compagnie di garantire la copertura per la responsabilità civile su richiesta, seppur a prezzi non negoziabili. Tuttavia, questa misura non copre i danni materiali, lasciando molte case senza una reale protezione.

Inoltre, è prevista l’aggiornamento della cartografia dei rischi climatici, che classificherà il territorio in zone verdi, arancioni e rosse in base al livello di esposizione ai pericoli naturali.

L’allarme lanciato dal settore assicurativo è chiaro: senza interventi strutturali e risorse adeguate, il mercato rischia di frammentarsi, lasciando intere comunità senza protezione di fronte a un clima sempre più imprevedibile.