Selezione di notizie assicurative da quotidiani nazionali ed internazionali

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La stangata green dell’Unione europea è in un momento di svolta. A distanza di pochi anni, il Green deal, la strategia di crescita dell’Ue sulla strada della transizione verde e con l’obiettivo finale della neutralità climatica entro il 2050, appare in bilico. Su più piani le pressioni economiche e politiche stanno facendo cedere l’impianto del pacchetto “Fit for 55”, per conseguire l’obiettivo di ridurre le emissioni dell’Ue di almeno il 55% entro il 2030 e azzerarle entro il 2050. Perché? Tre elementi, in particolare, hanno scosso l’equilibrio: la congiuntura internazionale, la concorrenza geopolitica, le pressioni interne all’Ue
Un 2025 in chiaroscuro per il mondo delle imprese. Se le tensioni geopolitiche e la debolezza dell’economia non sembrano far più paura, a togliere il sonno ai top manager sono arrivate le preoccupazioni per la sostenibilità futura delle loro aziende, alle prese con un mercato in veloce cambiamento. A tal punto che, più di un amministratore delegato (Ceo) su due (56% in Italia e 42% a livello globale), ha mostrato timori sulla capacità di proseguire l’attività aziendale di qui ai prossimi 10 anni se non verrà aggiornato il modello di business per adattarlo alle nuove condizioni che stanno ridisegnando la domanda e l’offerta. L’avvertimento è contenuto nell’ultima “Annual global Ceo Survey” realizzata da PwC intervistando 4.701 amministratori delegati di 109 Paesi (di cui 122 italiani). «I settori in cui i Ceo si sentono più sotto pressione nella corsa a reinventare le aziende che dirigono sono quello dei media e intrattenimento, tecnologia, telecomunicazioni e produzione industriale», hanno spiegato gli esperti di PwC.
Legge di Bilancio 2025 con novità a tutto campo per i fringe benefit. In primo luogo, con l’articolo 1, commi 390 e 391 della l. 207/2024 è stata prevista, limitatamente ai periodi d’imposta 2025, 2026 e 2027, una disciplina più favorevole, rispetto a quella stabilita a regime, in materia di esclusione dal computo del reddito imponibile del lavoratore per i beni ceduti e i servizi prestati al lavoratore, come già accadeva per il 2024. Infatti, in deroga a quanto previsto dall’articolo 51, comma 3 del Tuir, non concorrono a formare il reddito, entro il limite complessivo di 1.000 euro (rispetto al parametro canonico di 258,23 euro), il valore dei beni ceduti e dei servizi prestati ai lavoratori dipendenti nonché le somme erogate o rimborsate ai medesimi lavoratori dai datori di lavoro per il pagamento delle utenze domestiche del servizio idrico integrato, dell’energia elettrica e del gas naturale, delle spese per la locazione dell’abitazione principale o per gli interessi sul mutuo relativo all’abitazione principale. Il limite è elevato a 2.000 euro per i lavoratori dipendenti con figli, compresi i figli nati fuori del matrimonio riconosciuti e i figli adottivi, affiliati o affidati, che si trovano nelle condizioni previste dall’articolo 12, comma 2 del Tuir.
Veicoli in uso promiscui ai dipendenti con modifiche che creano problemi alle aziende. La nuova disposizione, che modifica l’articolo 51, co. 4, lett. a) del Tuir, dispone infatti che, per i veicoli di nuova immatricolazione, concessi in uso promiscuo ai dipendenti a decorrere dal 1° gennaio 2025, si assume il 50% dell’importo corrispondente a una percorrenza convenzionale di 15.000 chilometri calcolato sulla base del costo chilometrico di esercizio desumibile dalle tabelle Aci, al netto delle somme trattenute al dipendente. Tale percentuale è ridotta al 10% nei casi in cui i veicoli concessi ai dipendenti siano a trazione esclusivamente elettrica a batteria ovvero al 20% per i veicoli elettrici ibridi plug in.
Scelte contabili ad hoc in caso di conversione dei premi di risultato in welfare aziendale. Per premi di risultato si intendono quelle somme variabili la cui corresponsione è legata a “incrementi” di produttività, redditività, qualità, efficienza e innovazione. In particolare, tali premi sono erogati in esecuzione di contratti collettivi aziendali o territoriali i quali devono prevedere, tra gli altri, particolari criteri di misurazione e verifica degli incrementi, attraverso indicatori numerici (o di altro genere) che consentano di stabilire un miglioramento (o meno) delle performance aziendali.
Condòmini morosi: risponde in proprio l’amministratore che non comunica al creditore sia il nominativo di quanti non hanno pagato la propria quota del debito sia il valore millesimale delle proprietà di ciascuno di essi. Queste informazioni servono infatti al creditore per procedere al recupero di quanto dovutogli. Il ritardo o la mancata comunicazione di esse espongono quindi l’amministratore a una responsabilità diretta di natura extracontrattuale. Questo quanto deciso dalla seconda sezione civile della Corte di cassazione che, con la recente sentenza n. 1002, pubblicata lo scorso 15 gennaio 2025, è intervenuta per cercare di risolvere il contrasto venutosi a creare nella giurisprudenza di merito.
La diligenza qualificata che impone all’appaltatore di realizzare l’opera a regola d’arte, impiegando le energie ed i mezzi normalmente ed obiettivamente necessari od utili in relazione alla natura dell’attività esercitata, onde soddisfare l’interesse creditorio ed evitare possibili eventi dannosi, rileva anche se egli si attenga alle previsioni di un progetto altrui. Sicché, ove sia il committente a predisporre il progetto e a fornire indicazioni per la sua realizzazione, l’appaltatore risponde dei vizi dell’opera se, fedelmente eseguendo il progetto e le indicazioni ricevute, non ne segnali eventuali carenze ed errori, il cui controllo e correzione rientra nella sua prestazione. Viceversa, è esente da responsabilità ove il committente, edotto di tali carenze ed errori, richieda di dare egualmente esecuzione al progetto o ribadisca le indicazioni, riducendo così l’appaltatore a proprio mero esecutore, direttamente e totalmente condizionato dalle istruzioni ricevute senza possibilità di iniziativa o vaglio critico. Con ordinanza n. 969 del 15.1.2025 la Corte di cassazione civile, sez. 2, ha accolto il ricorso e cassato l’impugnata sentenza con rinvio alla Corte d’appello di Ancona che, in diversa composizione, rendendo motivazione effettiva, rivalutata la vicenda alla luce delle emergenze di causa, farà applicazione dei principi sopra richiamati in materia di appalto.

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Unicredit ufficializza la sua partecipazione nelle Generali. Ieri il gruppo guidato da Andrea Orcel ha annunciato di avere circa il 4,1% nel capitale sociale del colosso delle assicurazioni di Trieste, partecipazione che è stata «acquisita nel tempo sul mercato ». Un ulteriore quota dello 0,6% circa del Leone è invece detenuto come sottostante dell’ordinaria attività per i clienti della banca di Piazza Gae Aulenti.
Laureato alla Sapienza di Roma con una tesi sulle scalate ostili, proprio il mestiere che riuscirà a praticare per vent’anni alla Merrill Lynch e poi all’Ubs, consigliando i grandi banchieri del mondo a scegliere il momento giusto per scagliarsi sulla propria preda. L’anticonformismo di Orcel scema un po’ quando si parla di stile di vita, classico dei banchieri di matrice anglosassone. Poliglotta, appena possibile va in palestra a scolpire gli addominali, quasi sempre in viaggio insieme alla sua fedele assistente Rebecca Tusa, ama le cravatte rosse di Salvatore Ferragamo e considera il lavoro di banchiere «una vocazione che non è per tutti». Nel tempo libero, grazie a un solido patrimonio costruito nel tempo, trova svago sulle piste di Zermatt o nelle sue dimore tra Londra, il Portogallo e i Caraibi

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Il cambiamento climatico aggrava rischi e costi per le imprese, da affrontare con cura sartoriale, in un dialogo sempre più fine con gli assicuratori e i consulenti. Non c’è alternativa: a meno di pensare che lo sia l’intervento pubblico ex post, come in California dopo il rogo peggiore del secolo. Ne parla Carl Hess, ceo di Wtw, colosso da 10 miliardi di dollari di ricavi in più di 100 Paesi. Hess, newyorchese in visita in Italia al country manager Gianmarco Tosti di Valminuta, ha iniziato come “attuario”: e Wtw è il primo datore di lavoro al mondo di “attuari”, che valutano i rischi su cui si basa l’offerta di consulenza su polizze, welfare aziendale e compensi ai vertici. «Aiutiamo le imprese a massimizzare il loro potenziale, per navigare in un mondo sempre più incerto e fare fronte ai rischi proteggendo il capitale e le persone». People, risk, capital: il mantra strategico di Wtw.
I l quarto trimestre del 2024 si è chiuso con un calo delle immatricolazioni del settore del noleggio e le cose potrebbero ulteriormente peggiorare nel corso di quest’anno. La legge di Bilancio appena varata prevede una revisione dei criteri per la tassazione dei benefit aziendali e dell’auto in particolare: il criterio collegato alle emissioni di CO2 è stato sostituito con quello basato sull’alimentazione del veicolo e sono stati rivisti i coefficienti di calcolo del valore imponibile del benefit, riducendoli per le vetture elettriche e ibride plug-in e aumentandoli per tutte le altre alimentazioni, che rappresentano l’85% delle auto aziendali. Secondo Viano, presidente Aniasa, la nuova tassazione potrebbe causare anche una riduzione del gettito per l’Erario. E ora si pone il tema della scadenza della deroga per la detrazione Iva (al 40%).
L’uto resta il mezzo di spostamento preferito dai giovani. A rilevarlo è la più recente indagine condotta da Areté, che evidenzia anche come il veicolo debba avere alcune caratteristiche. Intanto deve costare al massimo 20mila euro, in secondo luogo deve essere equipaggiato da un motore termico o ibrido; da ultimo l’auto, prima dell’acquisto, deve poter essere visionata in una concessionaria.

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La mossa a sorpresa dell’Unicredit di Andrea Orcel sulle Generali racconta una cosa: quello che succederà a Trieste non è una questione soltanto finanziaria, riguarda l’assetto dell’intero ecosistema, degli equilibri o dei disequilibri verso i quali Piazza Affari si orienterà. E l’Unicredit che solo qualche anno fa aveva deciso di vendere la quota in Mediobanca, di cui era uno dei soci di riferimento, ora ha deciso, come scelta finanziaria, di prendere una quota nella partita. Il Leone di Trieste è molte cose insieme, ma soprattutto è l’unica vera multinazionale finanziaria italiana, presente in molti Paesi con ruolo di leadership in Europa, dalla Francia alla Germania. Quest’anno ci sarà il rinnovo del consiglio di amministrazione e i movimenti degli azionisti sono iniziati da tempo: da un lato Delfin, la cassaforte del gruppo Del Vecchio, e il gruppo Caltagirone; dall’altro il primo socio singolo della compagnia assicurativa, Mediobanca, che si sta misurando con l’Offerta pubblica lanciata dal Monte dei Paschi di Siena, che vede come soci principali, oltre allo Stato, la stessa Delfin e Caltagirone

Nei prossimi mesi andranno a concludersi, in un senso o nell’altro, tutte le offerte pubbliche di acquisto e di scambio che oggi sono sul mercato. Un complesso di operazioni che hanno potenzialmente la forza di ridisegnare completamente la geografia della finanza italiana, dalle banche alle assicurazioni, alle società di gestione del risparmio. L’operazione più rilevante è l’ultima lanciata: l’offerta pubblica di scambio del Monte Dei Paschi di Siena su Mediobanca ha qualcosa di sorprendente. Fino al novembre del 2022 il Monte dei Paschi era a un passo dal fallimento reduce da 15 anni di profondissima crisi che ne ha cambiato la governance, con la maggioranza assoluta passata dalla Fondazione Monte dei Paschi al governo italiano attraverso ripetute iniezioni di liquidità, effettuate anche con denari pubblici.
Se in Italia il progetto di joint venture tra Natixis investment managers e Generali investment holding ha suscitato perplessità e reazioni politiche allarmate, in Francia l’operazione viene accolta con interesse e senza particolare riserve dal mondo politico. Potrebbe essere la conferma che il piano va a vantaggio dei francesi, come alcuni temono in Italia, oppure che le ragioni della joint venture sono inattaccabili, e benefiche per entrambi gli attori, al di là delle frontiere.

Le liquidazioni giudiziali continuano a crescere. Nel 2024 il numero delle nuove procedure avviate in tribunale (una volta si chiamavano fallimenti) è salito del 19,7% rispetto all’anno precedente. E il trend di crescita partito nel 2022 sembra stare accelerando. Nell’ultimo trimestre 2024, l’incremento rispetto allo stesso periodo del 2023 è stato infatti del 32% e il numero di aziende finite in tribunale (2.888) ha quasi raggiunto il livelli pre Covid (nell’ultimo trimestre 2019 erano state 3.002).
Da ieri, domenica 2 febbraio, sono infatti applicabili i divieti volti a evitare che l’intelligenza artificiale (Ia) sia utilizzata per attività contraria ai valori fondamentali dell’Ue e cioè per controlli indiscriminati di massa, influenzare le opinioni politiche o interferire nei processi democratici. L’operatività dell’intera disciplina che fissa i livelli di rischio e gli oneri di conformità a seconda degli usi dell’Ia richiederà 24 mesi e si concluderà ad agosto 2026. Più alto è il rischio (individuato dall’AI Act) che la tecnologia possa violare i diritti delle persone, più attento e oneroso dovrà essere il sistema di prevenzione e controllo implementato da operatori economici e pubbliche amministrazioni per escluderlo o minimizzarlo.