di Bianca Pascotto.
L’attività di transarre o di comporre bonariamente un rapporto ad interessi contrapposti, viene in rilievo pressoché quotidianamente in ambito assicurativo e l’accordo che le parti raggiungono altro non è che un contratto che prende il nome di transazione. Come per tutti i contratti, anche per il contratto di transazione i suoi effetti sono vincolanti solo tra le parti che lo hanno concluso e non potrebbe essere diversamente, stante il principio di relatività del contratto espresso nel broccardo latino res inter alios acta, tertio neque nocet neque prodest.
Ma se una parte affida ad un altro soggetto un incarico professionale e nello svolgimento di detto incarico, ove insorga contesa tra le parti, si perviene ad un accordo transattivo delle contrapposte pretese, allora cosa succede? Chi è il soggetto che diventa parte della transazione e che ne subisce gli effetti?
Per chi mastica diritto la soluzione è abbastanza semplice, dovendosi solo verificare (i) se il contenuto dell’incarico (contratto d’opera professionale), preveda anche il potere di transarre ed entro quali limiti e (ii) in caso positivo se l’incarico sia stato conferito con o senza rappresentanza.
La Corte di Cassazione è stata chiamata, o forse meglio, scomodata, a pronunciarsi[1] sugli effetti di una transazione che ha visto coinvolti la compagnia, il danneggiato ed il perito incaricato da quest’ultimo.
IL CASO
Caia subisce un incidente stradale e incarica il perito Tizio di richiedere il risarcimento del danno da lei subito.
Dalla iniziale richiesta di € 11.399,79 e acconti versati dalla compagnia per € 4.053,42, si perviene ad un accordo per definitivi € 2000 comprensivi di € 380 a titolo di compenso del perito, che Caia sottoscrive.
Per l’attività svolta Tizio presenta a Caia una parcella di € 1921,20 e stante il suo mancato pagamento ottiene da Giudice di Pace un decreto ingiuntivo che viene opposto da Caia e che viene revocato con sentenza.
Interposto appello da Tizio, il Tribunale di Bolzano conferma la sentenza del GDP in ragione del fatto che Tizio aveva definito transattivamente con la compagnia le sue competenze nella misura di € 380 e dunque nulla più gli era dovuto; il Tribunale inoltre dichiara che l’importo richiesto di € 1921,90 era del tutto sproporzionato rispetto al valore del capitale oggetto della transazione.
Il ricorso al Supremo Collegio è d’obbligo.
LA DECISIONE
Le doglianze di Tizio vengono accolte e per certo non v’era dubbio sull’errore in cui sono incappati i giudici del merito.
L’accordo transattivo di complessivi € 2000 di cui € 380 per i compensi di Tizio è un accordo che, ancorché veicolato dall’attività di Tizio, è stato raggiunto tra la compagnia e Caia e da quest’ultima sottoscritto.
È Caia che ha accettato la proposta della compagnia ed il suo contenuto e dal momento dell’intervenuta accettazione, resa nota alla compagnia, il contratto di transazione si è perfezionato producendo tutti suoi naturali effetti.
Questi effetti obbligano/vincolano solo ed esclusivamente le parti che hanno concluso il contratto transattivo, ovvero Caia e la compagnia, non certamente Tizio che non è parte del contratto (dal tenore della sentenza non risulta che Tizio avesse il potere di transarre per conto di Caia), ma è un soggetto terzo che ha svolto l’incarico affidatogli di ottenere il risarcimento del danno nella misura offerta dalla compagnia a Caia e da lei accettata.
La determinazione del compenso in € 380 è importo che la compagnia si è offerta di versare a Caia quale suo obbligo risarcitorio favore quest’ultima, ma non è un obbligo che Tizio ha assunto nei confronti di Caia, riconoscendo tale somma a tacitazione e/o a saldo delle prestazioni professionali rese.
Forse Tizio non avrà brillato per chiarezza e trasparenza se non ha edotto Caia (prima o in costanza dell’accordo), in merito al costo delle sue prestazioni, ma l’accettazione della proposta transattiva effettuata da Caia – unica ed esclusiva parte del contratto di transazione – rende Tizio terzo e del tutto svicolato da contenuto del contratto transattivo.
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[1] Corte di Cassazione ordinanza del 26 novembre 2024 n. 30428
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