Selezione di notizie assicurative da quotidiani nazionali ed internazionali

 

logo_mf

COMPAGNIE & INTERMEDIARI

Il fondo di private equity AnaCap, specializzato in investimenti nel settore finanziario, si appresta a rilevare gli asset italiani dell’insurtech Wefox. L’operazione, secondo quanto risulta a MF-Milano Finanza, sarebbe vicina alla firma e consentirebbe al fondo inglese guidato in Italia da Alberto Sainaghi, che di recente ha rilevato broker assicurativi in Germania e Olanda, di fare il suo ingresso della Penisola con un’acquisizione di peso in questo settore. La competizione per individuare un acquirente di Wefox Italia, come anticipato da MF-Milano Finanza nell’ottobre scorso era stata avviata da qualche mese come conseguenza del profondo riassetto organizzativo operato dal gruppo tedesco. Due anni fa, sui progetti di sviluppo faraonici annunciati dall’ex amministratore delegato e fondatore, Julian Teicke, Wefox era arrivata a essere valorizzata 4,5 miliardi, in un round di finanziamento partecipato anche da Barclays e JpMorgan.
Dopo Excellera, Jakala, Pasticceria San Carlo, Iwg e il ristorante Sushisamba di Sunset Hospitality arriva un nuovo gruppo di professionisti in Torre Velasca. A partire da maggio 2025, lo storico palazzo – oggetto di un’opera di restauro sviluppata da Hines – ospiterà i nuovi spazi dedicati ai consulenti finanziari e ai clienti di Allianz Bank Financial Advisors. La banca rete del gruppo Allianz in Italia ha siglato un accordo di locazione pluriennale per circa 1.500 metri quadrati suddivisi su due piani. Un arrivo importante anche perché, in vista della conclusione del progetto di restauro previsto per la fine dell’anno, porta il tasso di occupazione della Torre all’85%.
Aggiornamento in atto nel patto parasociale di Unipol attraverso il quale le coop detengono circa il 64,5% dei diritti di voto del gruppo assicurativo. «L’aggiornamento dà atto dell’ingresso nel Patto di Finanza per le Cooperative (Fin4Coop), in qualità di «socio Ex Finsoe», a seguito dell’acquisto, da parte della stessa Fin4Coop dell’intero capitale sociale di Ccpl 2 già detenuto da Ccpl», hanno spiegato dalla società.
  • Giro di nomine in Fideuram
Fideuram-Intesa Sanpaolo Private Banking riorganizza la rete con una tornata di nomine manageriali. La private bank del gruppo Intesa Sanpaolo ha approfittato dell’annuale Manager Meeting, l’incontro dedicato a oltre 350 professionisti della rete svoltosi a porte chiuse al teatro Elfo Puccini di Milano, per presentare le nomine e le linee guida per il prossimo anno. Secondo quanto MF-Milano Finanza ha potuto apprendere in conclusione dell’incontro, Fideuram ha presentato 27 nomine di peso. Tra le più rilevanti spiccano gli otto divisional manager, che sono Giovanni Andalò, Mario Bombacigno, Gabriele Cerioni, Claudio Civita, Luca Copparoni, Vincenzo Passarella, Marcello Sciucca e Laura Grimani. A loro si affiancano 19 regional manager.

MERCATI e NORMATIVA

Approvata la legge di bilancio, si può rilevare che non si è verificato ciò che alcuni osservatori avevano previsto, cioè l’inclusione nella legge in questione dell’incorporazione piena dell’Ivass da parte della Banca d’Italia, ammesso ma non concesso che, pur trattandosi di materia ordinamentale, l’operazione avrebbe potuto essere inserita nella predetta legge. Da tempo era stato segnalato dai vertici dell’Ivass che ci si stava incamminando verso l’incorporazione, ovviamente dovendo fare i conti con il necessario intervento legislativo. Oggi l’istituto di vigilanza sulle assicurazioni è in una comunione organica con la Banca d’Italia, ma mantiene personalità giuridica propria, personale proprio e autonomo assetto organizzativo. Nel secondo governo Prodi si era messo a punto un progetto che prevedeva l’incorporazione dell’allora Isvap nell’istituto di Palazzo Koch con l’assunzione, da parte dei dipendenti, in Bankitalia del grado corrispondente a quello ricoperto nell’istituto di provenienza.
La tutela della concorrenza è un pilastro essenziale del mercato, ma l’abbondanza di notifiche antitrust può diventare un problema per il buon esito delle operazioni di m&a. Anche in Italia. Uno studio condotto a livello globale dallo studio legale specializzato in fusioni e acquisizioni Eversheds Sutherland mostra proprio l’impatto che l’evoluzione della regolamentazione antitrust sta avendo sul m&a. L’Italia, a livello di tempistiche, rientra tra i Paesi virtuosi: i tempi medi di approvazione antitrust sono di 22 giorni nel caso non ci sia imposizione di rimedi (solo per avere un metro di paragone, nel Regno Unito ce ne vogliono in media 288), e passano a 112 giorni laddove i rimedi vangano contemplati: peggio della Spagna (60) ma molto più rapido di Germania (195), Regno Unito (307) e perfino della Cina (357 giorni).
Per il risparmio è stato l’anno del ritorno dei fondi nei portafogli delle famiglie italiane, complici sia il brillante andamento delle borse, sia il calo dei tassi. Mentre le obbligazioni, sia pubbliche che emesse da società, hanno attirato meno interesse proprio per via dell’inizio del ciclo di riduzione del costo del denaro iniziato a giugno dalla Bce. In base ai dati Abi a fine giugno 2024 la consistenza delle obbligazioni nel portafoglio finanziario delle famiglie italiane ammontava a 484 miliardi, il 14,2% in più da fine 2023 quando rispetto a fine 2022 la variazione era stata del +66,9%. Si sta esaurendo dunque la spinta del rialzo dei tassi che fino al 2023 aveva permesso ai risparmiatori di comprare bond con cedole interessanti che hanno dato molte soddisfazioni agli investitori. Ma poi l’inizio della nuova fase di politica monetaria ha tolto appeal alle emissioni obbligazionarie e le previsioni indicano che nel corso del 2025 la Bce continuerà su questa strada come ha ribadito di recente la presidente Christine Lagarde chiarendo che se i «dati in arrivo continueranno a confermare lo scenario di base, prevediamo di abbassare ulteriormente i tassi». I mercati monetari stimano che il tasso terminale arriverà nel 2025 all’1,75% dall’attuale 3% dopo che finora quest’anno la Bce ha fatto quattro tagli da 25 punti base ciascuno.
Negli ultimi anni, l’Italia ha avviato una transizione energetica ambiziosa, con l’obiettivo di aumentare la quota di energia prodotta da fonti rinnovabili e ridurre l’impatto ambientale. Questo processo richiede non solo la volontà politica e una chiara visione strategica, ma soprattutto risorse finanziarie ingenti. In questo contesto, le casse di previdenza e i fondi pensione stanno emergendo come attori chiave nello sviluppo delle infrastrutture necessarie per sostenere questo cambiamento epocale.

PREVIDENZA

Il 2024 è stato un anno di navigazione a vista per il sistema pensionistico italiano. In materia di previdenza obbligatoria sono stati confermati i canali di flessibilità in uscita precedenti (Opzione donna, Quota 103, Ape sociale) affiancati ai canali strutturali della pensione di vecchiaia (67 anni di età e 20 di contributi) e pensione anticipata (42 anni e 10 mesi di anzianità per gli uomini e 41 anni e 10 mesi per le donne con finestra trimestrale). Va però evidenziato come Opzione donna sia stata fortemente ridimensionata nella portata e per Quota 103 (62 anni di età e 41 di contributi) si è passati al ricalcolo integralmente contributivo. Quota 103 è stata poco utilizzata (nel 2024 circa 1.600 domande) proprio in ragione della scarsa convenienza del metodo di calcolo. Anche con riferimento alla previdenza complementare è stato un anno di mantenimento, senza particolari novità, in attesa di una nuova riedizione del silenzio assenso.
Il ritratto della previdenza complementare nel 2024 testimonia un settore in costante crescita, sia pure con un ritmo non elevato rispetto a quanto sarebbe necessario vista l’importanza prospettica che i fondi pensione hanno come strumento di integrazione dei futuri trattamenti previdenziali, soprattutto delle giovani generazioni. Così come emerge dai dati della Covip, aggiornati a settembre 2024, il totale di posizioni in essere delle forme pensionistiche complementari è di 11 milioni, il 3,3% in più rispetto alla fine del 2023. Le posizioni sono cresciute di 205.900 unità nei fondi negoziali (+5,1% rispetto al dicembre 2023), per un totale di 4,223 milioni, soprattutto per effetto delle cosiddette adesioni contrattuali che sono diffuse sulla base della contrattazione collettiva di alcuni settori, in particolare di quello edile il cui fondo pensione ha avuto un incremento di adesioni di 98.600 posizioni. La caratteristica è quella di prevedere il versamento di un contributo, ancorché di importo modesto, a carico del solo datore di lavoro. Nelle forme pensionistiche di mercato, si contano 90.700 posizioni in più nei fondi aperti (+4,7%) e 47.700 in più (+1,3%) nelle polizze individuali (pip): alla fine di settembre, il totale delle posizioni in essere in tali forme è pari, rispettivamente, a 2,041 milioni e 3,829 milioni.

SANITA’

Quattro milioni e mezzo di italiani rinunciano a curarsi. Mentre il fuoco incrociato delle polemiche sui fondi al Ssn continua a divampare nel dibattito politico, il Cnel mette nero su bianco un dato tanto impietoso quanto preoccupante: nel 2023, dice il Consiglio nazionale dell’Economia e del Lavoro nell’ultima Relazione sui servizi pubblici, il 7,6% della popolazione si è vista costretta a dire no alle prestazioni sanitarie. Un dato, quello reso noto dall’ente presieduto da Renato Brunetta, che segna un ulteriore incremento rispetto al 7% del 2022 e al 6,3% del 2019.

MERCATI e NORMATIVA

Aumenta l’elenco delle violazioni stradali per le quali si applicherà la normativa comunitaria sulla cooperazione tra gli Stati membri dell’Unione Europea e sullo scambio di informazioni relative alle infrazioni in materia di sicurezza stradale. Lo prevede la direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio adottata il 16 dicembre 2024, che modifica la direttiva (UE) 2015/413. Successivamente all’imminente pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea e al decorso di venti giorni, gli Stati membri avranno trenta mesi di tempo per il recepimento.
Sbaglia il Dpo (data protection officer), ma la multa la paga il titolare del trattamento: di fronte al Garante della privacy a rispondere delle violazioni amministrative sono l’impresa, la PA, l’associazione o il professionista, cioè i titolari del trattamento, per i quali lavora il responsabile della protezione dei dati. Meglio, dunque, sceglierne uno in gamba e sfruttare il più possibile le sue competenze. È quanto emerge dall’ingiunzione n. 581 del 26/9/2024 (diffusa dalla newsletter n. 530 del 23/12/2024 del Garante della privacy), con la quale è stata applicata a un’ASL un’ammenda per non avere risposto a una richiesta di informazioni inviata dallo stesso Garante in relazione a un reclamo di una paziente. L’ASL si è difesa sostenendo che il compito di rispondere spettasse al Dpo interno, che, però, era rimasto inerte. Questa linea non ha avuto successo e, anzi, è stata smentita dal Garante, che ha colto l’occasione per puntare il dito contro un diffuso malcostume. Non è insolito, scrive il Garante, che gli enti pubblici effettuino una nomina del Dpo solo di facciata, considerandolo alla stregua di una figura non operativa. Così, l’ente si rivolge al Dpo solo saltuariamente, sia nel caso in cui il Dpo sia un dipendente sia quando sia un soggetto esterno (professionista o impresa). Ma così facendo, rileva il Garante, si vanifica il senso stesso della presenza del responsabile della protezione dei dati e ciò depone molto male a carico dell’ente, che così dimostra di non tenere in considerazione l’impianto del Gdpr (regolamento Ue sulla privacy n. 2016/679). In base al Gdpr, l’ente deve responsabilizzarsi e attivarsi per osservare la privacy. Trascurare di coinvolgere il Dpo va in direzione esattamente contraria ed è molto pericoloso, perché di errori e inadempimenti risponde sempre l’ente.
Una interessante riforma del codice della strada ha preso forma, dopo oltre un trentennio di modifiche e innesti che hanno progressivamente sfigurato il sistema in particolare con la logica della patente a punti ibrida e dei misuratori di velocità, croce e delizia dei trasgressori. Alla vigilia del Giubileo il legislatore, con la legge n. 177/2024, ha voluto dare un segnale forte su aspetti molto apprezzati dall’opinione pubblica, nell’ottica anche di un profondo ripensamento della nostra mobilità, della sicurezza e del rispetto per l’ambiente. Tutto questo innestando immediatamente importanti modifiche, non sempre tecnicamente condivisibili, ma anche gettando le basi per una revisione totale del Codice stradale, ormai obsoleto e ricco di contraddizioni e difficoltà interpretative, da esercitare attraverso lo strumento della legge delega.

INTERMEDIARI

Si applica la ritenuta sulle provvigioni anche per le polizze accessorie. L’obbligo della ritenuta si applica anche sulle provvigioni percepite da soggetti esercenti attività d’intermediazione assicurativa in via accessoria (agenzie di viaggio e utilities), anche se non iscritti al Registro unico degli intermediari (Rui), se afferenti all’attività accessoria d’intermediazione assicurativa. Lo ha chiarito l’Agenzia delle entrate con la risposta n. 269/2024 del 23/12/2024. Una compagnia assicurativa di diritto francese, con sede secondaria in Italia, chiedeva al fisco chiarimenti per l’applicazione della ritenuta d’acconto sulle provvigioni corrisposte agli intermediari per le prestazioni di intermediazione di tipo assicurativo ricevute. In particolare, i dubbi riguardavano l’applicabilità o meno della ritenuta sulle provvigioni corrisposte agli intermediari che operano nel collocamento di polizze viaggio, che possono essere commercializzate anche attraverso le agenzie di viaggio polizze cd. ”home”, che possono essere commercializzate attraverso le aziende che operano nell’ambito della fornitura dell’energia elettrica o del gas (cd. utilities).

PREVIDENZA

La pensione dell’Inps non basta ai lavoratori più giovani. L’importo troppo basso non consente più nemmeno il pensionamento a quanti hanno iniziato a lavorare dopo il 31 dicembre 1995 (c.d. giovani, ai fini previdenziali). Perciò, dal 1° gennaio 2025, viene data loro la possibilità di unire due forme di previdenza, quella pubblica (Inps, appunto) e quella privata (la previdenza integrativa), al fine di perfezionare il diritto al riposo. Lo prevede la manovra 2025, quale soluzione per aiutare i giovani a pensionarsi prima di 71 anni, età alla quale si può ricevere la pensione qualsiasi importo sia. In pratica, si potrà cumulare la pensione dell’Inps con una o più rendite di un fondo pensione, per raggiungere l’importo mensile di 539 euro (c.d. importo soglia) che dà diritto alla pensione di vecchiaia (a 67 anni) oppure di 1.616 euro mensili che dà diritto alla pensione anticipata (a 64 anni). Una novità che, per quanto riguarda almeno la pensione di vecchiaia, sarà per pochi intimi: come si legge nella relazione tecnica alla manovra, viene «valutata in termini contenuti la numerosità di soggetti interessati, dell’ordine di un centinaio circa all’inizio del periodo per crescere gradualmente a circa 600 annui alla fine del decennio considerato».
Tre notizie per chi è prossimo alla pensione, due buone e una meno buona. Dal prossimo anno non ci saranno aumenti di età o contributi per potersi mettere a riposo (prima buona notizia) e la base di calcolo della pensione, il c.d. “montante contributivo” (cioè la somma dei contributi pagati durante la vita lavorativa), sarà rivalutata del 3,66% (seconda buona notizia). La notizia meno buona è che si avrà diritto a una pensione più bassa rispetto a quanto ricevuto da chi si è pensionato entro quest’anno. Ad esempio, un lavoratore di 67 anni d’età e con 400 mila euro di montante contributivo avrà diritto a una pensione annua di 22.432 euro andando a riposo a partire dal prossimo 1° gennaio, cioè di 460 euro in meno (circa 35 euro al mese) 22.892 euro rispetto a chi è andando in pensione entro quest’anno.
Rivalutazione ultra-light per le pensioni. Nell’anno 2025, infatti, saliranno di appena uno 0,8%. La notizia, tuttavia, è buona per le pensioni c.d. d’oro, quelle d’importo pari o superiore a poco più di 2.394 euro a dicembre (al lordo delle tasse): dopo anni di tagli e di ticket, riceveranno la rivalutazione senza ribassi, con il ritorno dei criteri ordinari. Le pensioni minime, fino a 2.394 euro, riceveranno la rivalutazione piena, del 100% (che significa un risicato aumento di 0,8%), come negli anni passati e, per ancora due anni, anche una nuova straordinaria: 2,2% nell’anno 2025 e 1,3% nell’anno 2026. A stabilirlo è la Manovra 2025. A conti fatti, a gennaio 2025, la pensione minima sale di appena 1,9 euro al mese passando da 614,77 a 616,67 euro e ciò solo grazie alla rivalutazione eccezionale, come detto, del 2,2%, in assenza delle quale, invece, sarebbe dovuta scendere a 603,39 euro mensili.
Premiato chi rinvia la pensione. Chi ha i requisiti per il pensionamento anticipato e vi rinuncia, infatti, può chiedere di ricevere in bustapaga, esentasse, la propria quota di contributi versata ogni mese all’Inps (in genere il 9,19% della retribuzione). È quanto prevede la manovra 2025 oggi al varo definitivo. Sempre in materia di prepensionamento, inoltre, la Manovra proroga le vigenti vie d’uscita anticipate: opzione donna, quota 103, Ape sociale. Infine, migliora il bonus di contributi figurativi a favore delle lavoratrici madri con l’estensione da 3 a 4 figli. Il bonus per chi resta a lavoro. L’incentivo al posticipo della pensione, c.d. bonus Maroni, è a favore del lavoratore dipendente che, avendo maturato i requisiti per la pensione anticipata flessibile (c.d. quota 103) oppure di quella ordinaria (42/41 anni e 10 mesi, a prescindere dall’età), scelga di non pensionarsi e di proseguire l’attività lavorativa. Esercitando questa facoltà il lavoratore rinuncia all’accredito della propria quota di contributi per la pensione e ottiene l’equivalente importo in busta paga. Il bonus è già vigente e prevede che le somme così corrisposte siano imponibili ai fini fiscali, ma non ai fini contributivi. La Manovra 2025 potenzia l’incentivo, agendo proprio sul versante fiscale: sul bonus non si pagheranno né tasse, né contributi.
Via libera alla nuova prestazione universale a favore delle persone anziane di almeno 80 anni. Dal 2 gennaio 2025 si può richiedere il riconoscimento della nuova misura che vale 1.382 euro mensili (valore 2024), per 850 euro da utilizzare per remunerare il costo della badante. Le domande si presentano online, dal sito Inps, dal mese di compimento degli 80 anni (da domani, quindi, la può presentare chi li ha già compiuti). La prestazione viene erogata dal mese di presentazione della domanda fino al 31 dicembre 2026, termine del periodo di sperimentazione della nuova misura che decorre dal 1° gennaio 2025. Lo spiega l’Inps nel messaggio n. 4490/2024, dopo la pubblicazione del decreto n. 200/2024 del ministro del lavoro, che approva gli indicatori dello stato di bisogno assistenziale gravissimo, requisito base per il riconoscimento della nuova prestazione.

SALUTE

Dal 30 dicembre si aggiorna l’elenco dei servizi sanitari che i cittadini potranno avere gratuitamente o pagando il ticket. Entrano in vigore le nuove tariffe per le prestazioni ambulatoriali e di assistenza medica, che non venivano riviste da più di vent’anni. Alcuni servizi, come l’assistenza per chi ha protesi, la procreazione medicalmente assistita (pma) o lo screening per la celiachia, saranno completamente gratuiti, mentre sono stati modificati i costi per interventi chirurgici come quelli sulla cataratta, rendendo i servizi più accessibili per la popolazione. Questo cambiamento è stato sancito dal decreto Tariffe, approvato a novembre, che mira a migliorare l’accesso alle cure, rivedendo e aggiornando le tariffe e i servizi offerti dal Sistema sanitario nazionale. L’approvazione del decreto ha finalmente consentito l’applicazione dei Lea aggiornati nel 2017.

Repubblica_logo

Il 30 dicembre, con l’entrata in vigore dei nuovi Lea (livelli sanitari di assistenza), decine di nuove prestazioni mediche sarebbero diventate gratuite all’interno del sistema sanitario nazionale. Era un passo atteso dal 2017. Per citare solo alcune novità inserite dal decreto tariffe nei Lea: procreazione assistita, diagnosi e terapie per la celiachia, consulenza genetica, adroterapia per il cancro, nuovi screening neonatali, apparecchi acustici digitali, protesi di arti, sistemi di riconoscimento vocale e di puntamento con lo sguardo per chi ha perso la capacità di muoversi e comunicare. È stata invece una giornata di carte bollate e disagi per i pazienti. Il nuovo decreto tariffe è stato infatti impugnato da centinaia fra laboratori di analisi privati e associazioni che rappresentano gli operatori sanitari privati accreditati con il pubblico. Troppo bassi, secondo loro, i rimborsi previsti per le prestazioni, in alcuni casi addirittura inferiori alle quote precedenti. Il Tar del Lazio ha dato loro ragione, sospendendo l’intero decreto, sia nella parte relativa alle tariffe che in quella relativa ai nuovi Lea.

PREVIDENZA

Circa 0,7 punti di Pil in meno. Che diventerebbero 0,8 calcolando anche le integrazioni al minimo e le prestazioni legate alla cosiddetta “prova dei mezzi”, sotto le sembianze di valutazione del reddito o di Isee, come la quattordicesima pensionistica, le maggiorazioni sociali o i vitalizi. A fine 2023 sarebbe potuta scendere al 14,5% del Pil, o anche al 14,4%, la spesa per pensioni sostenuta dall’Inps, che ha toccato quota 15,2%, se fossero state scorporate le voci strettamente assistenziali incluse nei trattamenti pensionistici, a partire dalle pensioni di invalidità e dagli assegni sociali, e altre prestazioni in formato assistenza riconducibili alla Gias, la gestione interventi assistenziali e di sostegno al reddito dell’Istituto, che riunisce tutte le “misure” finanziate dalla fiscalità generale, e quindi a carico della solidarietà generale. Il “conto pensionistico” dell’Istituto, attualmente guidato da Gabriele Fava, sarebbe quindi stato nelle condizioni di alleggerirsi di almeno 14-15 miliardi (da 317 a 303-302), e, sulla carta, si sarebbe potuto ulteriormente ridurre fino a 249 miliardi con l’esclusione delle ritenute fiscali (oltre 66 miliardi) che sono collegate a una vasta fetta della gamma di trattamenti pensionistici. I dati emergono da un dossier della direzione centrale studi e ricerche e della direzione centrale bilanci e della direzione contabilità e servizi fiscali dell’Inps, che è stato elaborato in tandem con il Consiglio di indirizzo e vigilanza (Civ) dell’Istituto.
Come hanno più volte ribadito il governo e lo stesso presidente dell’Inps, Gabriele Fava, il sistema pensionistico italiano è attualmente sostenibile. Ma è chiaro che il lungo inverno demografico con cui stiamo cominciando a fare i conti e l’andamento delle entrate contributive, che rischia in futuro di essere condizionato dalle carriere discontinue dei cosiddetti “millennials”, favoriscono il moltiplicarsi delle incognite lungo la linea immaginaria del nostro orizzonte previdenziale. Anche perché le più recenti proiezioni della Ragioneria generale dello Stato dicono che già nel 2040 le uscite per pensioni saranno destinate ad assorbire il 17% del Pil. Indicazioni che favoriscono il ravvivarsi dell’ormai antico dibattito sul reale peso dei trattamenti pensionistici puri sull’andamento della spesa previdenziale (attuale e futura) e su quanto questo andamento sia “inquinato” da prestazioni in realtà assistenziali che risultano però a carico del conto della previdenza.
Il rinnovo del Ccnl Dirigenti industria estende anche le tutele del welfare aziendale. Si tratta di misure importanti che interessano la previdenza integrativa, le tutele assicurative contro i rischi morte/invalidità permanente, la maternità/paternità, la malattia, la formazione, per lo più finanziate con nuovi oneri a carico delle imprese. La principale di queste misure riguarda la previdenza complementare gestita dal Previndai e prevista dall’articolo 18 del contratto collettivo nazionale. Dal 2025 il massimale annuo su cui versare i contributi viene elevato da 180mila a 200mila euro, con conseguente incremento della contribuzione minima dovuta per i dirigenti che raggiungono tale soglia retributiva. Viene sempre mantenuta la possibilità sia per l’azienda, sia per il dirigente di versare la contribuzione oltre il valore minimo, senza applicazione di massimale.
Ogni italiano trascorrerà più di 20 anni in pensione. Questo ci dicono le statistiche sull’aspettativa media di vita in Italia, incrociate con le attuali normative che regolano il sistema previdenziale. È quindi essenziale pianificare con cura il proprio futuro da pensionati, in modo da godere di una sicurezza finanziaria nell’intero arco di un periodo tutt’altro che breve. Il confronto tra obiettivi e disponibilità economiche restituisce immediatamente un quadro di quanto sia sostenibile il proprio futuro previdenziale. Lo step successivo è quindi più attivo: rivolgersi al proprio consulente finanziario può aiutare a chiarirsi le idee su obiettivi e strumenti di investimento a disposizione per colmare eventuali gap.
La previdenza complementare non ha ancora conquistato gli italiani. Solo un lavoratore su tre, infatti, decide di conferire il trattamento di fine rapporto (il Tfr, la vecchia liquidazione) a un fondo pensione o a un piano individuale pensionistico. Il dato emerge da un sondaggio condotto a fine novembre della società di consulenza finanziaria Moneyfarm. L’apatia degli italiani nei confronti dei fondi pensione riscontrata dall’indagine rispecchia le statistiche nazionali degli ultimi 16 anni: dal 2007 al 2023 soltanto il 22% del controvalore totale dei Tfr italiani, pari a 97 miliardi di euro, è stato destinato a una forma di previdenza integrativa. Altri 242 miliardi di euro restano invece conservati nei bilanci delle imprese con meno di 50 dipendenti, che rappresentano la gran parte delle Pmi italiane. Infine, 98 miliardi di euro sono versati dalle aziende di dimensioni maggiori al fondo di tesoreria dell’Inps.
Una spinta per destinare più Tfr ai fondi pensione. Sarebbe questo l’intento principale delle novità in materia di pensione anticipata contributiva, contenute nella Legge di bilancio ormai in dirittura d’arrivo, con il sì del Senato atteso per la giornata odierna. Cosa cambia? Fino ad oggi i requisiti per la normale pensione di vecchiaia sono fissati a 67 anni di età anagrafica per tutti i lavoratori, con almeno 20 anni di contributi. Per i lavoratori che rientrano interamente nel sistema contributivo, ovvero per tutti quelli che abbiano iniziato a versare contributi dal 1 gennaio 1996, è possibile anticipare la data della pensione al compimento dei 64 anni di età e sempre con 20 anni di contributi, a patto però di incassare un reddito previdenziale pari almeno a 3 volte l’assegno sociale, che nel 2025 ammonterà a 538,68 euro per 13 mensilità. In altre parole, per poter andare in pensione anticipata, sarebbe necessario percepire un reddito previdenziale mensile pari almeno a 1.616,04 euro lordi.

MERCATI

Il 2024 è stato un anno in forte ripresa per il mercato delle fusioni e acquisizioni italiano, con 1.369 deal conclusi (+8% rispetto al 2023) per un controvalore totale di circa 73 miliardi di euro (+ 91% rispetto allo scorso anno). Si tratta di un incremento spinto in particolare dal mercato crossborder, soprattutto dall’attivismo degli investitori esteri in Italia. A rivelarlo è il rapporto sulle fusioni e acquisizioni nel 2024 di Kpmg.
Ogni famiglia ha un equilibrio finanziario, che viene raggiunto in circostanze ordinarie quando si riescono a bilanciare entrate e uscite. Ma eventi imprevisti, emergenze e crisi piccole o grandi possono minare questo equilibrio, rivelando fragilità inattese. Le assicurazioni rappresentano il principale strumento finanziario disegnato per proteggersi dai rischi, legati sia alla situazione finanziaria e patrimoniale della famiglia nel suo insieme, sia alle condizioni personali e di salute dei suoi componenti. Ogni polizza può rispondere a un’esigenza diversa: il ramo danni si concentra sulla tutela contro tutti i danni al patrimonio o alla persona, causati da circostanze impreviste. Si va dagli incidenti automobilistici al furto, dall’incendio all’infortunio, sino ad altre tipologie di sinistri. Il ramo vita include le assicurazioni sulla durata della vita umana, sulle malattie a lungo termine, le polizze connesse a fondi o indici d’investimento, e anche la gestione di fondi pensione. Insieme, le assicurazioni di ogni ramo rappresentano una protezione importante contro tutte quelle esigenze impreviste che potrebbero mettere alla prova le finanze delle famiglie o la loro serenità.
Chi ha un animale domestico lo sa: cani, gatti e affini diventano veri e propri membri della famiglia. E meritano di essere tutelati come tali, anche tramite una apposita polizza assicurativa. Il tema della protezione è tanto più importante se si considera che in Italia ormai il 37,3% delle famiglie possiede un animale da compagnia, una quota in aumento del 4,6% nel corso dell’ultimo anno; di queste, il 42% circa ha un cane, mentre il 38% ha scelto un gatto, come evidenziato dall’ultima indagine condotta da Eurispes denominata “Rapporto Italia 2024”. Ecco perché è bene mettere in conto le spese impreviste, come quelle mediche o derivanti da incidenti o danni causati a terzi.