Selezione di notizie assicurative da quotidiani nazionali ed internazionali

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Direttiva Nis 2 sulla sicurezza informatica ai blocchi di partenza. La manovra cybersicurezza su scala nazionale, pilotata dall’Acn, l’agenzia per la cybersicurezza nazionale, entra nella prima fase. Sono 50 mila gli enti pubblici e privati chiamati all’appello e sui quali si conta per tessere la rete di protezione contro i cybercriminali. Dal 1° dicembre 2024 è disponibile sul sito web di Acn la piattaforma per la registrazione degli enti che, in prima battuta, valutano di far parte delle categorie chiamate a erigere gli scudi contro gli attacchi informatici, categorie elencate dagli allegati al dlgs 138/24, che ha recepito la direttiva Ue n. 2022/2555 (Nis 2). La fase della registrazione si chiuderà il 28 febbraio 2025 ed è un obbligo da non sottovalutare: la mancata registrazione è punita con una sanzione amministrativa pecuniaria, che per le ipotesi più gravi, per le imprese, potrà arrivare fino allo 0,1% del fatturato annuo su scala mondiale e, per le pubbliche amministrazioni, fino a 50 mila euro.
Stretta sulla guida sotto effetto di alcolici o stupefacenti nella riforma del codice della strada approvata definitivamente nei giorni scorsi. Serve infatti un tasso alcolemico nullo per mettersi al volante se si è stati già condannati per guida in stato di ebbrezza e scatta l’obbligo di montare sull’auto l’alcolock, un etilometro collegato alla centralina di accensione che impedisce di mettere moto a chi ha alzato il gomito. Ogni positività a qualunque tipo di droga, poi, diventa reato senza che sia più necessario dimostrare il nesso causale fra l’assunzione dello stupefacente da parte del conducente e la guida del veicolo in stato di alterazione; nesso che invece è stato finora richiesto dalla consolidata giurisprudenza della Cassazione penale. I nuovi controlli prevedono il prelievo della saliva e non solo della mucosa del cavo orale. Giro di vite anche contro l’abbandono degli animali in strada.
Nella rendicontazione di sostenibilità c’è una risorsa in più a vantaggio delle imprese. Si tratta del principio della doppia rilevanza (o materialità), per il quale le aziende sono chiamate a valutare impatti e rischi dei cosiddetti criteri Esg, sia dall’interno (sui propri risultati) sia verso l’esterno (sull’ambiente e la società). Non un semplice obbligo, quindi, ma una leva strategica da cui far partire il rilancio.
L’inquadramento ai fini previdenziali dell’Inps vale anche ai fini Inail. A ribadirlo è la Corte di Cassazione nell’ordinanza n. 28531 del 6 novembre 2024 confermando il principio per cui a decorrere dall’entrata in vigore della legge n. 88/1989 la classificazione dei datori di lavoro, operata dall’Inps sulla scorta dei criteri dettati dall’art. 49 di tale legge, ha effetto a tutti i fini previdenziali e assistenziali e, quindi, anche ai fini dell’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali gestita dall’Inail.
In caso di infortunio sul lavoro, se manca l’organizzazione ne risponde tutto il CdA: è quanto emerge dalla sentenza della Cassazione, quarta sezione penale, n. 40682 del 6 novembre scorso, che ha chiarito che, in una organizzazione societaria complessa, gli obblighi inerenti alla prevenzione degli infortuni sul lavoro gravano su tutti i componenti del consiglio di amministrazione, salvo il caso di delega validamente conferita. Tuttavia, anche in presenza di deleghe gestorie o di funzioni, i membri del consiglio di amministrazione possono essere ritenuti responsabili quando l’evento dannoso non dipende da occasionali disfunzioni, ma è la concretizzazione della totale carenza di effettiva procedimentalizzazione dell’attività produttiva come politica aziendale volta a subordinare le esigenze della sicurezza rispetto al profitto.
Convenienti e semplici da acquistare. È per questo che le polizze digitali stanno facendo un balzo nelle preferenze che consumatori, tanto che il 65% le predilige rispetto a quelle tradizionali. Tra i vantaggi c’è poi la possibilità di operare in autonomia con soluzioni spesso più flessibili, personalizzate, veloci ed economiche. Senza trascurare l’impatto che, sul settore, sta arrivando da tecnologie come l’Intelligenza Artificiale, l’Internet delle cose e la blockchain. È il quadro delineato dalla ricerca sul consumatore digitale, realizzata da Iia, Italian insurtech association, e Join Business Management Consulting, in collaborazione con Reale Mutua e Liferay.

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Simone Vanni è professore di medicina interna e d’urgenza a Firenze e dirige anche la scuola di specializzazione in medicina dello sport dell’ateneo toscano. «La morte improvvisa nell’atleta è più frequente, a parità di età, rispetto al resto della popolazione. Lo sforzofisico intenso provoca un rilascio di adrenalina che è collegato con l’aumento di probabilità di aritmie».

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Ormai manca poco: dal prossimo 1° gennaio scatterà l’obbligo per le imprese di avere un’assicurazione contro i danni causati da calamità naturali ed eventi catastrofali (alluvioni, inondazioni, esondazioni, terremoti e frane). A stabilirlo è la legge di bilancio 2024 e la novità riguarderà tutte le imprese con sede legale in Italia e quelle con sede legale all’estero, ma presenti nel nostro paese mediante stabilimento. In base alla normativa, dovranno essere assicurati terreni, fabbricati, impianti, macchinari e attrezzature industriali e commerciali, iscritti a bilancio. La svolta non sorprende in un contesto che vede la mano pubblica sempre più in difficoltà nel coprire i danni economici causati da eventi climatici estremi ormai molto frequenti. Il Censis e Confcooperative hanno provato a quantificare quanto sono costati all’Italia i disastri naturali nel corso degli anni: considerando il periodo tra il 1980 e il 2022 il conto è di 210 miliardi di euro. Mentre secondo uno studio dell’Ivass (Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni), il costo totale derivante da questi fenomeni ha raggiunto solo lo scorso anno nel nostro Paese la cifra record di 16 miliardi di euro.
Nei prossimi due anni la raccolta premi globale del settore Vita aumenterà del 3% annuo, il doppio rispetto alla media degli ultimi dieci anni. È la stima elaborata dal colosso delle riassicurazioni Swiss Re nel report Sigma “Growth in the shadow of (geo-)politics”, che offre spunti di ottimismo per gli anni a venire. Al di là dell’andamento dei mercati finanziari, per definizione difficile da stimare, vi è un concorso di fattori che promette di spingere il settore: l’aumento dei salari reali (l’analisi è condotta a livello globale, non solo nell’Eurozona, dove l’andamento degli stipendi fatica a tenere il passo del carovita), tassi di interesse ancora elevati in mercati chiave come gli Stati Uniti, l’invecchiamento della popolazione e la crescita della classe media nei mercati emergenti.
La doppia transizione – digitale e ambientale – viaggia sempre più in maniera integrata nel comparto assicurativo. Sebbene il tema Esg non sia più in copertina nelle comunicazioni aziendali, a differenza di quanto avveniva fino a un paio di anni fa, il percorso delle compagnie non si è mai fermato.
Le prossime rilevazioni diranno se si è trattato di una boccata d’ossigeno dopo la lunga corsa o se invece siamo all’inizio di un cambio di rotta. Fatto sta che nel terzo trimestre gli investimenti nel settore insurtech sono calati a livello globale del 7% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, fermandosi a 3,2 miliardi di dollari. Dopo un avvio 2024 positivo, lo scenario è peggiorato e il bilancio annuale è atteso in linea con quello del 2023. È quanto emerge dalla quarta edizione dello studio “The State of Global Insurtech”, redatto da Dealroom.co, Mundi Ventures e Mapfre.
L’obiettivo è alto e nobile, mai riuscito nella storia ancora breve dell’euro: creare il primo gruppo bancario europeo con sede e base italiana. Il progetto assai ambizioso lo sta portando avanti Andrea Orcel, ceo di Unicredit dal 2021, il quale dopo tre anni e mezzo di tentativi andati a vuoto, negli ultimi due mesi ha sferrato due attacchi che stanno scombussolando il sistema bancario europeo: uno sulla tedesca Commerzbank e uno sull’italiano Banco Bpm. Se entro un anno andassero in porto entrambi Unicredit diventerebbe a pieno titolo la prima banca nell’area euro per capitalizzazione, visto che aggiungerebbe circa 30miliardi di valore di mercato delle due banche acquisite a quello di Unicredit, che al momento staziona in quarta posizione dopo Santander, Intesa Sanpaolo, Bnp Paribas. Con capacità di servire le imprese più votate all’export e le famiglie su scala internazionale. Sempre che nel frattempo alcune di queste non eseguano a loro volta acquisizioni importanti sul mercato, come per esempio sta facendo Bnp con Axa Im, ed escludendo dalla classifica la svizzera Ubs (96,1 miliardi di valore) e l’Hsbc, britannica di base ma con forte peso nel continente asiatico.
Se tra le banche italiane ci sono acque agitate è anche perché sotto la superficie è in atto una tempesta nel mondo dell’asset management, la gestione dei risparmi fatta dalle banche e dalle assicurazioni. Una tempesta che tocca anche Generali. Le ultime novità creditizie vanno dunque lette anche e soprattutto in questa chiave: Unicredit che cerca di riportare in casa il risparmio gestito puntando su Banco Bpm non appena questo fa rotta sul controllo di Anima, Generali, appunto, e le banche popolari francesi che controllano Naxitis che dialogano per creare un grande gruppo nel settore. Ma anche l’ad di Intesa Sanpaolo, Carlo Messina, che sei mesi fa ha concentrato le attività nel wealth management in un unico polo e, sebbene al momento escluda una crescita attraverso acquisizioni, ha «individuato 100 miliardi di attività finanziarie dei clienti che possono dare impulso al risparmio gestito». E in Europa Bnp Paribas tratta in esclusiva con Axa per acquistare a 5,1 miliardi le sue attività nell’asset management, mentre negli Usa il gigante BlackRock dovrebbe comprare per circa 12 miliardi di dollari, Hps Investment Partners (credito privato) per arricchire i suoi asset alternativi.
Non è un Paese per vecchi: lo dimostrano i continui tagli alle pensioni, ma soprattutto l’incapacità di varare e di finanziare adeguatamente una riforma a sostegno della non autosufficienza, essenziale in un Paese che arriverà al 2050 con un terzo della popolazione over 65. Ma l’Italia non è neanche un Paese per giovani: si comincia a trascurarli dalla più tenera età, visto che, nonostante gli sforzi del Pnrr, non si riesce ad assicurare in modo omogeneo su tutto il territorio nazionale quella quota del 33% di asili nido prevista dalla Ue. Non c’è da stupirsi che poi l’Italia brilli per tasso di dispersione scolastica, che abbia un numero di Neet(giovani che non lavorano né studiano) da record nel confronto tra i Paesi Ue (circa un milione e mezzo) e che per la quota di giovani con istruzione terziaria (29%) siamo terzultimi tra i Paesi Ocse. Per non aggiungere che tanti giovani laureati, sfiduciati nelle prospettive del Paese, e da offerte di lavoro inadeguate, fuggono all’estero, in cerca di un futuro migliore.
Intelligenza artificiale generativa, blockchain, machine learning. Sono numerose le tecnologie che stanno trovando impiego nell’industria del risparmio gestito e che ne stanno cambiando l’operatività. Dove porteranno questi cambiamenti è difficile prevederlo, quel che è certo è che le case di gestione ne iconoscono l’importanza, mettendo in campo significativi investimenti.
La novità era attesa da tempo e finalmente dal prossimo 30 dicembre gli italiani potranno cominciare a beneficiare di nuove cure a carico del Servizio sanitario nazionale. Con l’entrata in vigore del decreto Tariffe sarà infatti possibile usufruire in regime pubblico di un ampio ventaglio di prestazioni. Tra le altre, si spazia dalla procreazione medicalmente assistita alle visite ed esami per oltre un centinaio di patologie inserite nell’elenco delle malattie rare, per l’endometriosi e per tenere sotto controllo disturbi alimentari come bulimia e anoressia, dalla diagnosi molecolare a quella per la celiachia, fino alla possibilità diusufruire dell’adroterapia, un nuovo tipo di radioterapia innovativa per la cura di tumori inoperabili o resistenti ai trattamenti tradizionali.

Lo scenario greco è l’incubo francese. Ma forse i nostri cugini stanno un po’ esagerando. Abbiamo assistito, senza alcun compiacimento per carità, all’intervista assai allarmata dell’ex commissario europeo, Thierry Breton, sull’andamento del loro spread che, rispetto al Bund tedesco, è solo di una quarantina di punti inferiore al nostro. E soprattutto sul fatto che il rendimento del titolo decennale d’Oltralpe (Oat) — attualmente intorno al 3% — abbia raggiunto e superato quello dell’equivalente di Atene, da tempo peraltro inferiore al nostro, che è intorno al 3,3%. Le parole di Breton ci sono sembrate un po’ eccessive perché avere uno spread greco oggi — non quello ovviamente del 2012 — non è poi così tragico.
il ceo di Unicredit Andrea Orcel ha dato una scossa forte al mercato italiano del credito annunciando la scorsa settimana un’offerta pubblica di scambio del valore di 10,1 miliardi sul Banco Bpm, terzo istituto del Paese. È pronto ad accontentarsi del limite minimo del 50% più un’azione della banca milanese, ma l’obiettivo vero è almeno la maggioranza qualificata. Soglia importante per Orcel che ha disegnato un’operazione industriale e di mercato. Una mossa inattesa, determinata. E che ha fatto rumore perché giunta in un momento in cui si stava già disegnando un altro schema di riassetto nel mondo bancario, con protagonisti come lo Stato e altri soci privati, proprio attorno alla banca guidata dal ceo Giuseppe Castagna: prima l’opa di Banco Bpm sul risparmio gestito di Anima e poi l’acquisto da parte dello stesso istituto del 5% (e un potenziale 9,9%) del Monte dei Paschi, a fianco di soci privati come Delfin e il gruppo Caltagirone (complessivamente sopra il 7% in Mps). L’operazione Unicredit-Banco Bpm richiederà tempi piuttosto lunghi.
Nel mondo della gestione del risparmio la Francia fa scuola. E i colossi del settore insegnano come si fa. In un settore dominato dai big player americani solo una dimensione continentale è in grado prospetticamente di garantire un futuro. Lo ha capito Bnp Paribas, una delle prime banche del continente che sta definendo l’acquisto dell’investment manager dell’assicuratore Axa, seconda compagnia continentale, su una base di prezzo pari a 5,1 miliardi di euro cash. Non solo. Amundi, il gruppo controllato dal Crédit Agricole, a cui l’Unicredit di Jean Pierre Mustier vendette il risparmio gestito di Pioneer, sta trattando l’acquisizione di Allianz Global Investors, società di proprietà del gigante assicurativo tedesco, che conta 555 miliardi di attivi in gestione e una valutazione che potrebbe aggirarsi attorno ai 4 miliardi di euro. A queste operazioni sta per aggiungersene una terza, che vede il ceo di Generali, Philippe Donnet, trattare con una sua vecchia conoscenza, Natixis, braccio finanziario di Bpce, secondo gruppo bancario francese, che conta un organico di 100 mila dipendenti e 35 milioni di clienti.
Come è noto, la questione non è solo l’incredibile aumento del numero di anziani per l’invecchiamento delle generazioni del baby boom; ma anche il forte innalzamento della speranza di vita. I dati del Working Group on Aging della Commissione europea e della Rgs evidenziano il forte aumento degli anziani, che vivranno per un numero maggiore di anni: ne deriverà un aumento ragguardevole delle spese di welfare, per pensioni, sanità, long-term care e patologie legate all’invecchiamento. A questa evoluzione della vita media si associa purtroppo una drammatica caduta dei tassi di fertilità; il numero di figli per donna è ormai circa 1,2, mentre servirebbe un tasso vicino al 2% per mantenere costante la popolazione; uno scenario davvero complicato che ridurrà la popolazione di molti milioni di persone.
Il disegno di Andrea Orcel sull’asse Milano-Francoforte ha il potenziale per stravolgere la geografia del credito. In Italia e in Europa. Banche, assicurazioni, asset management, sono pezzi del risiko in arrivo, perché oltre alla geografia, il consolidamento cambierà anche i modelli di business. Non è il tema scelto per l’incontro, ma è probabile che avendo invitato a parlare alcuni dei diretti interessati, martedì all’EY wavespace di Milano, dove EY ed Swg presenteranno l’indagine sulla bancassurance, il dibattito sfiorerà anche il risiko. Attorno al tavolo ci saranno Andrea Battista , ceo di Net Insurance, Virginia Borla , amministratore delegato di Intesa Sanpaolo Vita, Marco Concordati , partner Insurance di EY, Marco Di Guida , amministratore delegato di Crédit Agricole Vita e Crédit Agricole Assicurazioni, Nicola Panarelli , Financial Services Consulting leader di EY e Alessandro Santoliquido , responsabile business assicurativo paneuropeo di UniCredit.
Se il 2023 aveva sopito i timori di una crisi del settore auto, il 2024 rischia di riacutizzarli. Un anno fa le vendite si apprestavano a chiudere il consuntivo con una crescita del 19%, ancora lontano dai volumi pre-crisi, ma sufficienti ad alimentare la speranza di una sostanziale tenuta. In realtà erano mascherate difficoltà che sono puntualmente emerse nei mesi successivi. Le previsioni per l’anno in corso (dati Promotor) si orientano verso un bilancio piuttosto magro, intorno a un milione 600 mila immatricolazioni; nel 2019, anno pre-Covid e spartiacque, avevano raggiunto quota un milione 917 mila. Lo scorso mese di ottobre (dati Unrae) ha chiuso con un segno fortemente negativo (- 9,1%); il cumulato resta in leggero attivo (+0,9%), ma grazie all’andamento della prima parte dell’anno (e con la spinta degli incentivi). Il dato di novembre potrebbe cambiare ancora le prospettive.
L’Italia si conferma un Paese di formiche. Anche tra le nuove generazioni, che mettono da parte i loro soldi soprattutto per fronteggiare eventuali eventi avversi. Ma c’è anche chi risparmia con l’obiettivo di investire, sempre però guidato nelle scelte dalla cautela e spesso dall’emotività, a testimonianza di una cultura finanziaria ancora inadeguata tra i giovani.  È quanto emerge dall’aggiornamento del V Rapporto Assogestioni-Censis, secondo cui, a fronte dell’89,5% delle persone di età compresa tra i 18 e i 35 anni che risparmia, il 56,9% di chi investe controlla continuamente i propri investimenti, con l’azzardo di compiere cambiamenti improvvisi, mentre al 60,4% è capitato di modificare decisioni a causa di grandi eventi globali. «L’industria del risparmio gestito ha una responsabilità importante nel contribuire a migliorare il livello di conoscenza e di consapevolezza delle scelte finanziarie di tutta la popolazione — commenta Saverio Perissinotto, presidente del Comitato di Educazione Finanziaria di Assogestioni —. Il nostro primo ruolo è portare molta disciplina, molta razionalità e molta logica per mitigare l’influenza degli avvenimenti contingenti. Assogestioni ha investito in un progetto di comunicazione e formazione tramite i canali Instagram e TikTok diretto ai giovani, per contribuire a un cambiamento che sicuramente richiederà tempo e impegno, ma che ha già iniziato a portare incoraggianti risultati».

I geometri vorrebbero più coperture assicurative, soprattutto per affrontare malattie e infortuni, ma non le cercano per non dover affrontare costi aggiuntivi. Sono queste le principali risultanze dell’indagine conoscitiva condotta da Gruppopiù per l’associazione dei geometri fiscalisti Agefis su un campione di mille professionisti, uomini in prevalenza e residenti soprattutto nel Centro Nord. Le preoccupazioni principali emerse riflettono un’attenzione marcata verso aspetti personali e familiari: il 67% dei professionisti individua la salute come la maggiore fonte di apprensione, seguita dall’impossibilità di lavorare (50%) e dal benessere dei familiari (32 per cento).
Chiamata nuovamente a pronunciarsi, nel giro di poco più di un anno, sulla legittimità costituzionale dell’articolo 83 del Codice di procedura penale, nella parte in cui non consente al medico-imputato di coinvolgere nel giudizio penale la propria compagnia assicuratrice, la Corte costituzionale – con l’ordinanza 177 del 7 novembre 2024 – dichiara, anche questa volta, la questione inammissibile confermando perciò la preclusione normativa. Secondo il giudice remittente, il Tribunale di Palermo, la Corte costituzionale avrebbe dovuto confermare, anche per l’assicurazione obbligatoria dei medici, il principio espresso (sentenze 112/1998 e 159/2022) per l’assicurazione della Rc auto e dell’attività venatoria, in relazione alle quali la questione di legittimità era stata ritenuta fondata.
Maxi-risarcimento del danno parentale a due nipoti per la morte della zia in un incidente stradale. Lo ha riconosciuto il Tribunale di Lecce che, con sentenza resa il 23 ottobre scorso (giudice Cesi), ha liquidato una somma di quasi 60mila euro a ciascun nipote, calcolata usando le Tabelle “a punti” elaborate dal Tribunale di Milano. Per i due nipoti, infatti, rimasti orfani da giovani, la sorella del padre era l’unico riferimento affettivo e l’unico collegamento con la famiglia di origine.