RISK MANAGEMENT PERSONE

Autori: Maria Elisa Scipioni, Silvin Pashaj
ASSINEWS 368 – Novembre 2024

Il caso del commerciante

In questo appuntamento analizzeremo il caso del titolare di un negozio di abbigliamento, 50 enne. Osserveremo quale divario può presentarsi tra le prestazioni previdenziali spettanti e il tenore di vita pre-evento con particolare focus su quelle erogate in caso di invalidità parziale dall’INPS e come gli strumenti a disposizione degli addetti ai lavori possono essere da ausilio nell’individuare le necessità di tutela1.

La famiglia di Umberto è composta dalla moglie Laura, 40 anni, e da Maria e Antonio, i due figli rispettivamente di 5 e 10 anni. La moglie Laura, che molto saltuariamente aiuta il marito in negozio, prima di avere dei figli lavorava da circa sei anni come commessa di un negozio di alimentari. Quindi ha versato dei contributi previdenziali al Fondo Pensione Lavoratori Dipendenti in INPS. Hanno due figli e vivono in un grande e accogliente appartamento in un piccolo comune del bresciano che vanta un ottimo livello di qualità della vita. Tutta la famiglia ama la natura e spesso, tutti insieme, fanno passeggiate in montagna.

Umberto però è anche appassionato di mountain bike. Da anni, periodicamente, organizza con amici escursioni Bike & Hike, in particolare sulle Alpi orientali. Questa è per lui una vera passione, che tuttavia genera in famiglia alcune preoccupazioni per via del suo spirito avventuroso. Sono infatti consapevoli che Umberto è l’unico portatore di reddito in famiglia e quindi anche dell’importanza di essere preparati a eventuali imprevisti, anche se Laura, ora che i figli sono più grandi, intende riprendere a lavorare.

Per queste ragioni il primo passo è quantificare quali potrebbero essere le coperture garantite dallo Stato nel caso in cui Umberto rimanesse invalido in modo tale da poter garantire alla moglie e ai figli le tutele adeguate.

 

Risultati / Bisogni di oggi

Come già detto nei precedenti appuntamenti, per la valutazione del rischio e quindi risolvere le necessità assicurative dei singoli soggetti è fondamentale conoscere le tutele garantite dal Sistema Pubblico di Protezione Sociale (pensioni e assicurazioni obbligatorie) per i rischi di invalidità sul lavoro ed extra in modo tale da possedere gli strumenti operativi e fornire le adeguate risposte quantitative.

In questo appuntamento, essendo il soggetto dell’analisi un negoziante e quindi un commerciante, le prestazioni a cui ha potenzialmente diritto sono a carico dell’INPS, nello specifico della Gestione Speciale Commercianti. Umberto, in quanto commerciante, non è tenuto all’obbligo di assicurazione INAIL.

L’INPS è la previdenza pubblica obbligatoria per autonomi e dipendenti, è la forma più importante di garanzia prevista dal welfare state. Interviene nei casi di premorienza e di elevati livelli di invalidità permanente, tipicamente oltre i 2/3. È estesa ormai a tutte le categorie professionali, anche se alcune hanno redditività peggiori delle altre a parità di anzianità contributiva.

I gradi di invalidità riconosciuti dall’INPS per la percezione di una pensione sono:

  • il 66,6% (pari a 2/3) – che rappresenta il livello minimo necessario per la concessione delle pensioni; la capacità lavorativa è ridotta a meno di un terzo;
  • il 100% – che rappresenta la perdita totale di qualsiasi capacità lavorativa, ovvero il soggetto non è più in grado di svolgere alcuna attività retribuita.

Sulla base del suddetto livello d’invalidità, nel gergo della previdenza pubblica si parla conseguentemente di:

  • Invalidità in presenza di capacità lavorative residue (pertanto si tratta di situazioni compatibili con redditi da lavoro) con percentuali d’invalidità inferiori al 100%;
  • Inabilità in assenza di capacità lavorative residue (pertanto si tratta di situazioni incompatibili con qualsiasi reddito da lavoro) con percentuali d’invalidità pari al 100%.

Il danno biologico che procura l’invalidità, occorre rammentarlo, deve avere natura permanente.

In linea generale le prestazioni per invalidità erogate dall’INPS sono calcolate sulla base dei contributi effettivamente versati, con le stesse modalità delle più note pensioni di vecchiaia e anzianità. Pertanto, il sistema di calcolo è misto qualora vi sia contribuzione antecedente il 1996, secondo quanto prevedono le regole generali: retributivo fino al 2011, nel caso in cui vi erano almeno 18 anni di contributi al 31.12.1995 e contributivo per le quote successive; contributivo dal 01.01.1996, se vi erano meno di 18 anni di contributi al 31.12.1995. Per gli iscritti successivi al 1996 il calcolo è tutto contributivo. Per le quote di pensione calcolate con il sistema contributivo, qualora il lavoratore rimasto invalido abbia un’età inferiore ai 57 anni, si dovrà prendere a base il coefficiente di trasformazione corrispondente all’età appena indicata.

 

Prestazioni riconosciute in caso di invalidità parziale

In favore di coloro la cui capacità lavorativa è ridotta a meno di un terzo a causa di infermità fisica o mentale viene erogato, a domanda, l’assegno ordinario di invalidità.

Affinché siano erogate le pensioni d’invalidità devono essere soddisfatti determinati requisiti minimi a seconda della categoria professionale di appartenenza. In linea generale, per i lavoratori autonomi, come Umberto e per i dipendenti, il requisito contributivo necessario per il conseguimento al diritto della pensione di inabilità è perfezionato al raggiungimento di almeno 5 anni di contribuzione, di cui almeno 3 nel quinquennio precedente alla data della domanda di assegno. Se fosse stata Laura a rimanere invalida non avrebbe avuto diritto ad alcuna prestazione, in quanto nonostante in passato, come detto, abbia versato dei contributi previdenziali in qualità di dipendente non avrebbe soddisfatto il requisito per cui erano necessari 3 anni di contribuzione nell’ultimo quinquennio.

È perciò evidente che tale prestazione, essendo calcolata sui contributi maturati fino a quel momento, se si è in possesso di pochi anni e di un’età giovane, possa risultare di importo piuttosto modesto.

Tuttavia, i lavoratori che percepiscono un assegno ordinario di invalidità al di sotto dei 598,61 euro al mese possono ottenere l’integrazione al minimo sino a tale cifra.

Considerando quindi la fascia di invalidità parziale sopra i 2/3 la prestazione INPS al netto delle imposte sarà pari a 15.210 €, pertanto si rileva un bisogno di integrazione annua pari 31.193 € che sommato per tutti gli anni di vita residua determina un capitale totale di 1.134.042 €.

L’obiettivo è quello di mantenere il tenore di vita (il reddito netto da lavoro) per tutti gli anni di vita residua del soggetto dal verificarsi dell’evento avverso.

La disponibilità netta complessiva (DN) ottenuta rappresenta la differenza tra la somma dei redditi da lavoro e da pensione e le tasse e contributi. Viene infine rilevato il Gap rispetto al lavoro (=TV-DN) che sarà la base di calcolo su cui determinare il capitale di tutela equivalente. Il capitale di tutela è la somma, ponderata per la probabilità di esistenza in vita, delle integrazioni di anno in anno date dalla differenza tra tenore di vita obiettivo e le risorse nette in pensione.

Va ricordato che l’assegno di invalidità è compatibile con lo svolgimento di un’attività lavorativa, dipendente o autonoma. Essendo la soglia di invalidità per il riconoscimento dell’assegno pari a 2/3 della capacità lavorativa, il beneficiario può continuare a lavorare e a percepire reddito contemporaneamente alla prestazione previdenziale. Tuttavia, qualora i redditi da lavoro superino delle determinate soglie, la prestazione viene ridotta secondo le proporzioni riportate in tabella.

Inoltre, qualora il rateo dell’assegno rimanga, dopo tali riduzioni, superiore al trattamento minimo Inps, subisce un’ulteriore riduzione.

Infine, una volta raggiunti i requisiti per il conseguimento della pensione di vecchiaia, l’assegno ordinario di invalidità viene trasformato d’ufficio in pensione di vecchiaia purché sia cessata l’attività di lavoro dipendente. Quindi, un lavoratore che raggiunge i 67 anni e che possa far valere almeno 20 anni di contribuzione vedrà trasformare d’ufficio il suo assegno in trattamento per vecchiaia. L’assegno di invalidità è reversibile soltanto qualora il decesso del titolare avvenga dopo la trasformazione dell’assegno in pensione di vecchiaia, in questo caso il riferimento della pensione ai superstiti non è l’assegno di invalidità, ma la pensione di vecchiaia.

 

Prestazioni riconosciute in caso di invalidità totale

Occupiamoci ora della prestazione che spetterebbe a Umberto in caso di invalidità assoluta. Si tratta di una prestazione previdenziale economica reversibile erogata dall’INPS nel caso in cui la capacità lavorativa sia compromessa totalmente.

Anche in questo caso per ottenere la prestazione è necessario che raggiungimento di almeno 5 anni di contribuzione, di cui almeno 3 nell’ultimo quinquennio, ma a differenza della prestazione per invalidità per il perfezionamento del requisito contributivo è possibile anche usufruire della totalizzazione nazionale (D. lgs. 42/2006) o del cumulo dei periodi assicurativi (L. 228/2012), cioè sommare gratuitamente i contributi versati in diversi fondi di previdenza di natura obbligatoria. In caso di passaggio dall’assegno di invalidità alla pensione di inabilità, il requisito contributivo nel quinquennio è automaticamente perfezionato.

Per definizione, la pensione di inabilità viene erogata in seguito alla cessazione di ogni attività lavorativa subordinata o autonoma ed è incompatibile con qualsiasi reddito da lavoro. Pertanto, i lavoratori dipendenti dovranno rinunciare anche a ogni trattamento sostitutivo o integrativo della retribuzione, come l’indennità di disoccupazione e ad esempio i lavoratori agricoli dovranno essere cancellati dai propri elenchi anagrafici. I lavoratori autonomi (commercianti, artigiani e agricoltori) dovranno provvedere alla cancellazione dagli elenchi e i professionisti dai rispettivi albi. Qualora una delle cause di incompatibilità sopravvenga durante la percezione della pensione, l’inabile dovrà darne esplicita comunicazione all’Ente previdenziale, che revocherà la pensione e accerterà la sussistenza dei requisiti sanitari per l’assegno di invalidità.

In caso di inabilità totale la prestazione, pur essendo maggiore, determina comunque un consistente bisogno di integrazione. In questo caso la prestazione INPS al netto delle imposte sarà pari a 21.220 €, pertanto si rileva un bisogno di integrazione annua pari 25.183 € che sommato per tutti gli anni di vita residua determina un capitale totale di 915.540 €.

Sia l’assegno ordinario di invalidità sia la pensione di inabilità, essendo delle prestazioni di natura previdenziale, sono soggette a tassazione ordinaria IRPEF. Se l’importo annuo dell’assegno ordinario d’invalidità non supera la “no tax area” dei pensionati, pari a 8.500 euro l’anno, e l’invalido non ha altri redditi, sulla somma che percepisce a titolo di assegno ordinario non verserà l’Irpef.

In conclusione, nell’esempio di un commerciante con un reddito abbastanza alto, è subito evidente che le prestazioni previdenziali per invalidità non risultano proporzionate al tenore di vita raggiunto. Risulta quindi indispensabile per queste figure stipulare una adeguata polizza infortuni e malattia con capitali congrui a tutelare l’intero nucleo familiare.


1 Per l’elaborazione dei calcoli si è utilizzato il software RMP realizzato da Epheso I.A. srl e distribuito in collaborazione con Assinform al sito: https://formazioneivass.it/prodotto/risk-management- persone-new/

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