Con l’ordinanza n. 15225 del 2024 la terza sezione civile della Corte di Cassazione conferma che anche in assenza di una conclusione formale del contratto assicurativo perché privo del relativo pagamento, la compagnia di assicurazione è chiamata a risarcire i clienti se è l’agente che non ha versato alla compagnia i premi effettivamente corrisposti dai clienti

Mario Riccardo Oliviero

Il caso

All’interno dei locali di una agenzia assicurativa, un cliente stipulava una polizza vita con una importante Compagnia di assicurazioni, conferendo direttamente col titolare dell’agenzia. I pagamenti ricorrenti avvenivano mediante assegni bancari, all’ordine dell’agente assicurativo, e consegnati personalmente a costui. Insieme a molti altri, il cliente si è accorto col tempo che i premi pagati all’agente, in realtà, non erano mai stati versati alla compagnia di assicurazione, la quale non ha mai ritenuto conclusi i contratti. E solo dopo innumerevoli segnalazioni la Compagnia ha provveduto a revocare il mandato all’agente. Per ottenere il risarcimento dei danni subiti sia a titolo di responsabilità extracontrattuale per fatto altrui ex Art. 2049 del Codice Civile, che a titolo di responsabilità contrattuale per fatto degli ausiliari ex Art. 1228 del Codice Civile, il cliente, insieme agli altri, ha citato in giudizio la Compagnia di Assicurazioni.

Il Ricorso

Avverso le sentenze di primo e di secondo grado che avevano rigettato la domanda, il cliente ricorreva in Cassazione con una serie di motivi. Col terzo sosteneva che la Corte d’appello ha travisato il significato dell’articolo 2049 del Codice Civile, rubricato Responsabilità dei padroni e dei committenti, secondo cui: «I padroni e i committenti sono responsabili per i danni arrecati dal fatto illecito dei loro domestici e commessi nell’esercizio delle incombenze a cui sono adibiti», negando il nesso di occasionalità necessaria, ossia ritenendo che l’agente avesse agito fuori da un qualsiasi rapporto con la compagnia di assicurazione e che tale difetto di occasionalità sarebbe dimostrato dal fatto che i clienti erano consapevoli della estraneità dell’agente al rapporto assicurativo perché i pagamenti che essi effettuavano erano in un certo senso irregolari. Il ricorrente censura questa ratio eccependo che invece il rapporto di occasionalità sussiste perché l’agente ha operato nell’ambito dell’attività di agenzia nei locali e spendendo il nome della società, e che tale rapporto di occasionalità è interrotto solo da una condotta gravemente colposa del cliente che incautamente la agevola.

L’Ordinanza

La Corte dichiara ammissibile e fondato il ricorso. Cassa la decisione impugnata e rinvia alla Corte di Appello, in diversa composizione, anche per le spese.

Le motivazioni

La responsabilità ex art. 2049 del Codice Civile, della compagnia assicuratrice per l’attività illecita del proprio agente è esclusa solo se «il comportamento del danneggiato la agevoli, con profili di anomalia, se non di vera collusione, quantomeno di consapevole acquiescenza alla violazione delle regole gravanti sull’agente». (Cass. 1786/ 2022; Cass, 31453/ 2022; Cass. 31894/ 2023). Il nesso di occasionalità, pertanto, è interrotto solo ed esclusivamente se «la condotta del cliente o abbia agevolato l’attività fraudolenta dell’agente, oppure costituisca una consapevole acquiescenza di quest’ultima». Nel caso di specie, invece, i giudici di merito non considerano questo principio di diritto, limitandosi a ravvisare una condotta agevolatrice nella mera irregolarità formale di alcuni pagamenti: come il fatto che gli assegni fossero incassati a lunga distanza di tempo dalla loro emissione o che fossero privi di data o che non corrispondessero i numeri di assegni con quelli delle polizze , sostenendo che tali anomalie portano a ritenere «l’attività di assicurazione estranea ai rapporti intercorsi nel tempo tra gli appellanti e l’agente assicurativo». Secondo i giudici di merito emerge che «l’agente non ha agito assolutamente nell’ambito dell’incarico affidatogli essendosi concretizzata una sua condotta del tutto estranea al suo rapporto di lavoro con la società assicuratrice».  Alle errate conclusioni di entrambi i giudici di merito gli ermellini hanno invece opposto una differente interpretazione giuridica. Possono ritenersi, infatti, rilevanti, non le mere irregolarità di pagamento, ma solo quelle che possono agevolare il comportamento infedele dell’agente assicurativo favorendo l’appropriazione delle somme. E, infatti, «se è vero che l’irregolarità del pagamento può costituire condotta agevolatrice del danno subito, o comunque dell’attività illecita dell’agente, integrando un concorso di colpa del danneggiato (Cass. 21643/ 2021), è altresì vero che si deve trattare di irregolarità, che caratterizzano il rapporto con l’agente, tali da dimostrare che il cliente era consapevole, o avrebbe dovuto esserlo, dell’attività illecita dell’agente stesso, come nel caso in cui il cliente consegni denaro contante a pagamento dei premi assicurativi o di un investimento finanziario. Deve, cioè, trattarsi di una irregolarità nel pagamento che sia tale da favorire l’appropriazione delle somme da parte dell’agente assicurativo, attraverso la strumentalizzazione delle sue funzioni e quindi un comportamento fraudolento, non essendo sufficienti mere irregolarità formali come l’assegno privo di data o come la mancata corrispondenza del numero di serie dell’assegno con il numero della polizza».

© Riproduzione riservata