Avv. Anna Giacobbi
L’ordinanza della seconda sezione della Cassazione Civile n. 3335 del 6 febbraio 2024 non ha avuto nei siti specializzati lo “spazio” consueto per i giudizi che hanno un interesse molto generalizzato.
La fattispecie, infatti, riguarda tutti i conducenti di autovetture. Nel 2016 ad un conducente il Comune dove circolava contestava la violazione dell’art. 142 del C.d.S. per aver superato di 5Km/h il limite di velocità di 50km/h.
Il conducente impugnava il verbale di accertamento innanzi al Giudice di Pace, il quale accoglieva il motivo di opposizione relativo alla mancata contestazione immediata e annullava il verbale impugnato.
Il Comune presentava ricorso in appello avanti il tribunale competente che, pur accogliendo il motivo d’appello riferito alla dedotta illegittimità della mancata contestazione immediata (evidenziando che nel caso di specie non era stata possibile), rigettava il gravame ritenendo non assolto l’onere della prova gravante sullo stesso Comune in ordine al corretto funzionamento dell’autovelox, non avendo depositato il certificato di taratura o di omologazione. Precisava il Tribunale che dal verbale neppure si evinceva se per l’apparecchiatura utilizzata fosse prescritta la verifica periodica di funzionalità e taratura e, in caso affermativo, se la società costruttrice fosse abilitata alla certificazione di qualità aziendale secondo le norme ISO 9001/2000.
Il Comune ha presentato ricorso in Cassazione sulla corretta applicazione della normativa che disciplina gli autovelox: art. 45, comma 6, CdS, art. 345 Reg. esec. e att. C.d.S.
Il Comune, infatti, sosteneva che l’apparecchio attraverso il quale era stata accertata l’infrazione era un dispositivo mobile, per il quale la normativa applicabile (art. 45 C.d.S.) non prescrive, come per gli apparecchi a postazione fissa con controllo da remoto o automatico, l’approvazione e l’omologazione del Ministero dei Trasporti e infrastrutture.
Il ricorso del Comune è stato respinto per le seguenti ragioni.
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