L’EVOLUZIONE LEGISLATIVA SULLA NECESSITÀ DI AGGIORNARE GLI ASSETTI ORGANIZZATIVI E CONTABILI
di Stefano Loconte e Giulia Maria Mentasti
Responsabilità 231 per reati tributari: niente più scuse per rimandare l’aggiornamento dei Modelli organizzativi. Le imprese che ancora non lo hanno fatto sono chiamate a valutare al più presto il rischio di commissione dei reati tributari e il sussistere delle condizioni che fanno scattare la responsabilità 231 e ad aggiornare i propri Modelli. Ciò dopo un percorso durato tre anni e alla luce delle modifiche da ultimo apportate dal dlgs 156/2022, che ha corretto e integrato il recepimento della direttiva Pif (Ue 2017/1371) attuato con il dlgs 75/2020, rendendo la normativa italiana più aderente al dettato europeo.
La prima estensione all’ambito penal tributario del dlgs 231/2001. L’estensione all’ambito penal-tributario del perimetro di operatività del dlgs 231/2001, ovvero di quel decreto che ha introdotto nell’ordinamento italiano la responsabilità amministrativa delle persone giuridiche in relazione a numerosi reati indicati espressamente nel decreto stesso, commessi dai vertici aziendali o dai dipendenti, è stata in prima battuta realizzata dalla legge 157/2019, di conversione del dl 124/2019, che, in vigore dal 25 dicembre 2019, ha inserito nel dlgs 231/2001 l’art. 25-quinquiesdecies. Mentre il decreto legge aveva limitato l’intervento alla Dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti (art. 2 dlgs 75/2000), in sede di conversione, con una stretta ulteriore, sono stati ricompresi nel catalogo dei delitti presupposto anche gli altri reati tributari, lasciando fuori solo quelli, meno gravi, caratterizzati dall’assenza di inganni e dal “mero” inadempimento dell’obbligazione tributaria.
Precisamente, all’esito dell’esame in sede referente, anche in caso di Dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici (art. 3 dlgs 74/2000), Emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti (art. 8); Occultamento o distruzione di documenti contabili (art. 10), e Sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte (art. 11), sono state previste per le società gravosissime sanzioni pecuniarie, che possono arrivare fino a 774.500 euro, nonché interdittive, comprensive del divieto di contrattare con la pubblica amministrazione, salvo che per ottenere le prestazioni di un pubblico servizio; dell’esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi e dell’eventuale revoca di quelli già concessi; del divieto di pubblicizzare beni o servizi.
La direttiva europea Pif e il suo recepimento. Tra le ragioni che hanno condotto al suddetto intervento legislativo, come riconosciuto anche nella relazione illustrativa al dl, spicca “l’esigenza di rispondere a una precisa indicazione del legislatore eurocomunitario”. Il riferimento è alla direttiva europea 2017/1371, meglio nota come Pif, che nell’ambito de “la lotta contro la frode e le altre attività illegali che ledono gli interessi finanziari dell’Unione mediante il diritto penale” ha prescritto agli Stati membri non solo la punizione delle persone fisiche, ma anche la responsabilità delle persone giuridiche, per le frodi Iva “gravi”, requisito che il legislatore europeo ritiene integrato quando le azioni o le omissioni, oltre a essere intenzionali, siano connesse al territorio di due o più Stati membri dell’Unione e comportino un danno complessivo pari ad almeno 10 milioni di euro. Dunque, nel corso del 2020, sulla scia della riforma avviata dal dl 124/2019, con il dlgs 75/2020 si è provveduto al recepimento della direttiva Pif e all’ampliamento del dettato di cui all’art. 25-quinquiesdecies dlgs 231/2001: mediante l’introduzione di un nuovo comma 1-bis sono stati inseriti tra i reati presupposto le fattispecie di Dichiarazione infedele (art. 4 dlgs. 74/2000); Omessa dichiarazione (art. 5); e Indebita compensazione (art. 10-quater), precisandone la rilevanza ai fini 231 nel caso in cui gli illeciti fossero stati commessi “nell’ambito di sistemi fraudolenti transfrontalieri e al fine di evadere l’imposta sul valore aggiunto per un importo complessivo non inferiore a dieci milioni di euro”.
Le correzioni apportate dal dlgs 156/2022. Il dlgs 4 ottobre 2022, n. 156, pubblicato in G.U. n. 248 del 22 ottobre scorso e in vigore dal 6 novembre, ha applicato correzioni e integrazioni alle modifiche apportate dal dlgs 75/2020. Lo scopo perseguito è il medesimo del precedente decreto attuativo, ovvero quello di allineare per tutti gli Stati membri dell’Unione la materia penalistica concernente la repressione di tali tipologie di condotte fraudolente, in particolare delle condotte ritenute più gravi, così da conseguire la tutela degli interessi unionali, anche ai sensi del diritto civile e del diritto amministrativo, evitando eventuali incongruenze nei vari settori del diritto.
Sebbene, infatti, l’adeguamento operato con il dlgs 75/2020 avesse tenuto conto del quadro normativo nazionale in gran parte già allineato a quanto richiesto dalla direttiva, tuttavia si è reso necessario emanare disposizioni integrative e correttive del medesimo in relazione alle deleghe legislative conferite con la legge di delegazione europea 117/2019, intervenendo con precisazioni in seno a fattispecie e casistiche in gran parte già esistenti nel panorama normativo nazionale.
Con particolare riferimento al dlgs 231/2001, il comma 1-bis dell’art. 25-quinquiesdecies in materia di reati tributari è stata modificato prevedendo la responsabilità 231 delle società per i reati di Infedele od Omessa dichiarazione, nonché di Infedele compensazione “quando sono commessi al fine di evadere l’imposta sul valore aggiunto nell’ambito di sistemi fraudolenti transfrontalieri connessi al territorio di almeno un altro Stato membro dell’Unione europea, da cui consegua o possa conseguire un danno complessivo pari o superiore a dieci milioni di euro”. Il recente intervento di cui al dlgs 156/2022 ha risposto in definitiva alla esigenza di rendere il testo normativo più chiaro e lineare e, soprattutto, maggiormente aderente alla direttiva con specifico riferimento alla corretta individuazione del profilo di transnazionalità unionale rilevante ai fini in questione.
L’aggiornamento dei Modelli organizzativi. Per questo l’aggiornamento dei Modelli organizzativi nell’anno nuovo non è più procrastinabile, attraverso l’adozione di adeguati sistemi amministrativo-contabili e gestionali; il costante e strutturato monitoraggio delle operazioni rilevanti ai fini fiscali, la formalizzazione di ruoli e procedure al fine di rilevare e gestire il rischio fiscale. In particolare, considerato che la maggior parte delle fattispecie tributarie si consumano con la presentazione della dichiarazione fiscale, le attività di compilazione e controllo, fino alla trasmissione della stessa, dovranno essere adeguatamente proceduralizzate e verificate. Tuttavia, la dichiarazione rappresenta soltanto l’ultimo anello di una lunga catena di processi aziendali che interessano funzioni diverse, dalla redazione del bilancio d’esercizio, alla registrazione amministrativa e contabile delle fatture o degli altri documenti sulla base dei quali avverrà il calcolo dei tributi; e prima ancora, all’esecuzione delle relative prestazioni, che a propria volta presuppongono l’instaurazione dei rapporti contrattuali con i fornitori: pertanto, ripercorrere a ritroso questo iter diviene fondamentale per una mappatura dei rischi completa, per un’efficace individuazione dei presidi da adottare, e dunque per l’adozione di un Modello idoneo a prevenire la realizzazione di illeciti fiscali e di riflesso la possibilità di una contestazione alla impresa della responsabilità “231”.
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