L’ANNUNCIO DEL MINISTRO DEL LAVORO CALDERONE. IL 12 GENNAIO IL TAVOLO CON LE PARTI SOCIALI
di Daniele Cirioli
Risarcimenti «senza se e senza ma» degli infortuni mortali. Ad annunciarlo, ieri, il ministro del lavoro, Marina Calderone, intervenendo sulla tragica morte, a settembre, di Giuliano De Seta in una fabbrica a Noventa di Piave. Con la piena consapevolezza che «quando muore un giovane in azienda è una sconfitta per il sistema a protezione dei lavoratori e che nessun risarcimento economico potrà mai lenire il dolore dei familiari», il ministro intende cancellare la condizione che oggi impone di riconoscere una rendita ai superstiti, soltanto quando a subire l’infortunio mortale è il principale percettore del reddito familiare. Si tratta di «regola datata», aggiunge il ministro, e perciò sarà cambiata immediatamente con il prossimo decreto in lavorazione. A tal fine, è convocato per il 12 gennaio un tavolo tecnico sulla sicurezza lavoro e sui correttivi più urgenti alla normativa cui parteciperanno tutte le parti sociali e datoriali, i ministri dell’Università e quello dell’Istruzione, l’Inail e l’Ispettorato nazionale del lavoro.

L’infortunio a settembre. La vicenda è quella della morte di Giuliano De Seta, giovane di 18 anni, ucciso in una fabbrica a Noventa di Piave da una barra di metallo in caduta. Era il 16 settembre e il giovane si trovava nell’azienda per fare esperienza in base al proprio piano di studi di quinta dell’istituto tecnico di Portogruaro, che prevedeva, tra l’altro, questo progetto di alternanza scuola-lavoro.

Nessuna rendita. Poche settimane prima di Natale, i genitori hanno ricevuto una lettera dall’Inail del Veneto che li informava che non avrebbero ricevuto una rendita per la morte del figlio. La notizia ha fatto scalpore suscitando polemiche sul fatto che il giovane non fosse dipendente dell’azienda, ma un più semplice studente impegnato nel percorso formativo scolastico. I genitori del giovane hanno ricevuto dall’Inail tutte le prestazioni che ordinariamente vengono riconosciute a tutti i lavoratori dipendenti, stagisti o studenti compresi. Non hanno avuto diritto anche alla rendita in qualità di superstiti, perché il reddito familiare supera la soglia minima di legge calcolata in base alla composizione del nucleo familiare.

Il requisito di «vivenza a carico». È questo il requisito che ha negato ai genitori il diritto a una rendita. Operativo dal 1° gennaio 2019 (introdotto dalla legge 145/2018, la legge di Bilancio 2019), il requisito è richiesto ai fini del riconoscimento della rendita ai superstiti (coniuge/unito civilmente e figli e, in mancanza di coniuge/unito e figli, genitori o fratelli e sorelle) di deceduti per infortunio o per malattia professionale. La vivenza a carico è provata da un parametro reddituale: il reddito medio pro-capite di una famiglia italiana (con alcuni correttivi). Si confronta con il reddito medio del nucleo superstite e, se è inferiore, il requisito è provato e, dunque, spetta la rendita. Il criterio ha sostituito i criteri dell’insussistenza di mezzi autonomi e sufficienti da parte del superstite e del concorso del lavoratore deceduto al mantenimento del superstite (criteri operativi per gli eventi accaduti fino al 31 dicembre 2018).

In arrivo una riforma. Per il ministro del lavoro «quando muore un giovane durante un periodo di alternanza scuola-lavoro in azienda è una grave sconfitta per il sistema a protezione della vita dei lavoratori». E a ciò si aggiunge un «senso di profonda ingiustizia che deriva dal vulnus normativo esistente che consente il risarcimento economico ai familiari, solo quando a subire l’infortunio mortale è il principale percettore del reddito». Per il ministro, si legge nel comunicato diffuso ieri, «questa regola è vigente da troppo tempo per sopravvivere ancora e ha riguardato tante altre famiglie in questi anni». È arrivato il momento di cambiarla e, conclude il ministro, «lo faremo con il prossimo decreto a cui stiamo lavorando in questi giorni, primo veicolo normativo.
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