IL GRUPPO HA COSTRETTO ILLEGALMENTE GLI UTENTI AD ACCETTARE ANNUNCI PERSONALIZZATI
di Marco Capponi
La sentenza potrebbe essere storica e cambiare il modo in cui le big tech trattano i dati degli utenti europei per vendere spazi pubblicitari. Ieri la Commissione per la protezione dei dati irlandese ha annunciato la conclusione di due inchieste contro Meta, in relazione alla fornitura di servizi Facebook e Instagram. Con la sentenza l’Authority ha multato la divisione europea del colosso guidato da Mark Zuckerberg per 390 milioni di euro, 210 a Facebook e 180 a Instagram, per violazioni del regolamento europeo sul trattamento dei dati (Gdpr).
La decisione della commissione irlandese, che agisce per conto dell’Unione Europea, parte da un presupposto: Meta non può utilizzare i contratti stipulati con gli utenti di Facebook e Instagram per giustificare l’invio di annunci pubblicitari basati sulla loro attività online. I reclami, presentati da un utente austriaco e da uno belga, sono arrivati all’Authority irlandese (dove ha sede la divisione europea di Meta) il 25 maggio 2018, data di entrata in vigore del Gdpr, e fanno riferimento al periodo precedente a quella data, quando Meta aveva modificato i termini di servizio dei due social network, segnalando il fatto che stava cambiando la base giuridica su cui si basava per legittimare il trattamento dei dati personali degli utenti.
Se desideravano continuare ad avere accesso ai servizi Facebook e Instagram dopo l’entrata in vigore del regolamento europeo, in sostanza, gli utenti (esistenti e nuovi) dovevano cliccare sul tasto «Accetto» per dare il via libera ai termini di servizio aggiornati, non potendo accedere ai servizi se si fossero rifiutati. È proprio qui il nodo centrale della questione: Meta avrebbe infatti, subordinando l’accessibilità dei servizi all’accettazione dei termini di servizio aggiornati, costretto gli utenti ad acconsentire al trattamento dei loro dati per la pubblicità comportamentale e altri servizi personalizzati, anche contro la loro volontà.
A seguito delle sue indagini la Commissione ha rilevato come Meta non sia stata sufficientemente chiara con gli utenti su quali operazioni fossero in corso relativamente ai loro dati personali, violando i principi di trasparenza e trattamento lecito ed equo dei dati. Inoltre, secondo l’Authority, l’azienda ha violato le leggi sulla privacy Ue, affermando che tali annunci fossero necessari per eseguire i contratti con gli utenti.
Meta, dal canto suo, ha dichiarato di non essere d’accordo con la sentenza e di voler ricorrere in appello. Il contenzioso potrebbe durare anni, ma se le decisioni fossero confermate Meta dovrà consentire agli utenti di rinunciare agli annunci pubblicitari personalizzati, una delle principali fonti di introiti della società tech. La notizia peraltro è arrivata il giorno dopo che la società di ricerca Insider Intelligence ha rilevato che, per la prima volta dal 2014, Google e Meta hanno raccolto nell’anno appena terminato meno della metà di tutta la pubblicità digitale statunitense (di solito erano sopra questa soglia) per effetto della concorrenza di Amazon e della cinese TikTok. Nonostante la notizia di giornata, ieri Meta al Nasdaq stava guadagnando il 2,5%. (riproduzione riservata)
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