GIURISPRUDENZA
Autore: Bianca Pascotto
ASSINEWS 348 – gennaio 2023
Si decade dall’utilizzo della testimonianza se si omette di indicare il suo nominativo nella CAI
Capitava sovente nelle aule giudiziarie che nel corso di un giudizio civile per il risarcimento dei danni da incidente stradale, improvvisamente spuntasse “dal cilindro” un testimone chiamato a supportare le ragioni di una delle parti (normalmente a favore dell’attore danneggiato), del tutto ignoto a tutti fino a quel momento.
Il noto fenomeno delle frodi e dei sinistri fasulli è da sempre nel mirino delle compagnie ed il legislatore ha cercato di arginarlo nel 2017, modificando l’art. 135 del codice delle assicurazioni ed introducendo i commi 3 bis, ter e quater.
La norma prevede che – nei sinistri con soli danni a cose – il danneggiato debba, fin da subito, indicare la presenza di testimoni nella CAI o nella prima comunicazione formale di richiesta di indennizzo rivolta alla compagnia, pena l’inammissibilità della testimonianza, salvo i dimostrati casi impossibilità oggettiva e le risultanze dei verbali di pubblica autorità.
Ad un tanto la norma aggiunge poi che, in caso di mancata comunicazione da parte dell’assicurato, l’impresa assicurativa debba invitare l’assicurato – mediante raccomandata – a comunicare l’esistenza di eventuali testimoni entro il termine di 60 giorni dalla denuncia di sinistro, ammonendolo delle conseguenze processuali in caso di mancata risposta. Ad una prima lettura la norma parrebbe chiara, ma forse tanto chiara non è, e di qui, il busillis della sentenza che ci occupa.
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