A NOVEMBRE I PREZZI NELL’EUROZONA RALLENTANO (10%) PIÙ DELLE PREVISIONI
di Rossella Savojardo
I dati sull’inflazione della zona euro hanno lasciato molte domande senza risposta, accrescendo la sensazione d’incertezza che da tempo permea i mercati. Secondo la rilevazione flash dell’Eurostat i prezzi nell’Eurozona sono saliti solo del 10% a novembre, un livello inferiore rispetto a quanto atteso dagli analisti (+10,4%) e all’incremento del 10,6% del mese scorso. Il dato in termini congiunturali ha registrato per altro una flessione dello 0,1%, invece che il rialzo dello 0,2% stimato e dell’1,5% di ottobre.
Il nodo viene al pettine se si guarda però il dato scorporato dai prezzi dell’energia, del cibo e dell’alcool -la cosiddetta inflazione core- che ha registrato un incremento annuale del 5% e che secondo gli analisti continua a evidenziare una tendenza troppo elevata. Nonostante il raffreddamento di novembre quindi non si può ancora parlare di un vero e proprio sollievo, «poiché i prezzi dei prodotti alimentari hanno continuato a salire, facendo apparire l’inflazione percepita ancora più alta», hanno messo in guardia gli analisti di Dws. «L’inflazione globale», prevedono, «dovrebbe raggiungere il picco verso fine anno, ma per la Bce l’attenzione si sposterà probabilmente dal tasso principale a quello core». Guardando alle principali componenti dei prezzi della zona euro, inoltre, si nota che l’energia ha ancora il tasso annuo più elevato nel mese di novembre (34,9%), seguita da prodotti alimentari, alcol e tabacco (13,6%), beni industriali (6,1%) e servizi (4,2%).
La rilevazione sull’inflazione di fondo risulta ancora meno confortante se si prende in analisi il dato italiano, cresciuto su base annuale al 5,7% dal 5,3% precedente. A livello nazionale, i valori tendenziali sono rimasti all’11,8% a novembre come nel mese precedente (+0,5% a livello mensile). Una lettura in netta controtendenza rispetto agli altri stati europei, i quali hanno invece riportato prevalentemente un calo del dato, e che gli analisti di eToro ritengono ponga «l’Italia in una situazione ancora di preoccupazione, soprattutto a causa del dato core». Nel Paese, inoltre, mentre i prezzi dei beni energetici non regolamentati hanno mostrato un leggero rallentamento (+69,9%), al contrario quelli dei beni energetici regolamentati (+56,1%) e degli alimentari lavorati (+14,4%) hanno continuato ad accelerare.
Le rilevazioni sui prezzi dell’Eurozona alimentano il dibattito sull’entità delle prossime mosse della Banca Centrale Europa. Il tema è divisivo all’interno del board quanto tra gli analisti. Da Commerzbank e Ing sostengono che un’inflazione al di sotto delle attese renderà più probabile una stretta limitata di 50 punti base. In vista della riunione del prossimo 15 dicembre, la maggior parte degli esperti concorda nel frenare gli entusiasmi. Andrew Kenningham, capo economista di Capital Economics per l’Europa ritiene, infatti, che nonostante i prezzi complessivi potrebbero anche aver superato il picco «la misura core rimasta invariata è destinata a rimanere ben al di sopra dell’obiettivo del 2% l’anno prossimo». Sarà proprio tenendo conto di quest’ultimo dato che a Francoforte, secondo l’esperto, «c’è ancora una ragionevole possibilità di un altro aumento di 75 punti base». (riproduzione riservata)
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