Risparmio In Italia la consulenza automatizzata costa circa la metà della gestione classica. Si rivolge a un pubblico avvezzo all’online ma che non s’azzarda a fare da solo. Vantaggi e rischi per chi si affida all’algoritmo
Negli Stati Uniti Betterment, il primo robo advisor nato negli Usa, offre sette portafogli automatizzati al costo annuo dello 0,25%. Il gruppo ha lanciato al pubblico il suo servizio didigital wealth management nel 2008 e la società ha oggi circa 33 miliardi di dollari di masse e 730 mila clienti. Nei suoi portafogli Betterment utilizza soltanto Etf, ovvero fondi passivi, per tenere bassi i costi. Un robo advisor è un servizio di consulenza automatizzata reso attraverso piattaforme digitali che semplifica gli investimenti perché attribuisce al risparmiatore, sulla base del suo profilo, portafogli modello standardizzati rispetto alla discrezionalità del professionista. «Quest’ultima infatti si associa alla sensazione che il consulente fisico non agisca sempre nel miglior interesse del cliente per errore, scarsa competenza o scarsa professionalità», rileva la Consob nel suo ultimo studio fintech dal titolo «Valore della consulenza finanziari e robo-advice nella percezione degli investitori».
Caratteristiche che, insieme alle commissioni basse, sono tra le ragioni per cui queste piattaforme, che hanno iniziato ad apparire per la prima volta 15 anni fa negli Usa, sono diventate sempre più popolari. In Italia, dove il robo advisory sta cominciando a muovere i primi passi, gli operatori si contano sulle dita di una mano, ma anche qui, sulla scia dell’esempio anglosassone, potrebbe arrivare a coprire quella fascia ampia di risparmiatori che per vari motivi non si affida a un consulente. «Si stima che solo il 20% degli investitori si avvalga di un supporto professionale attraverso i consigli di un consulente finanziario dedicato, mentre circa il 40% si rivolge principalmente ad amici, parenti e colleghi», rileva il report Consob. E proprio «la consulenza automatizzata potrebbe concorrere a colmare l’advice gap, essendo caratterizzata da soglie patrimoniali di accesso più basse, costi più contenuti, tempi e modi di utilizzo meno vincolanti rispetto alla consulenza tradizionale», sottolinea ancora l’analisi della Consob.
Vantaggi e svantaggi. Accessibili 24 ore su 24, sette giorni su sette, oltre a presentare costi più bassi rispetto alle commissioni dei consulenti in carne e ossa: tra lo lo 0,02% e l’1% secondo uno studio di Deloitte condotto a livello internazionale contro l’1,5% medio di una gestione tradizionale. Inoltre accettano portafogli anche di pochi euro (secondo le indagini di Statista in Italia il portafoglio medio è di circa 12 mila euro) e riducono al minimo gli errori legati all’emotività delle decisioni umane che può emergere nei momenti di alta volatilità dei mercati. «I prodotti proposti dai robo advisor italiani tipicamente sono portafogli modello ossia costruiti per classi di prodotti di investimento con diversi livelli di rischio riferibili a diversi profili di investitore costituiti prevalentemente da quote di Exchange Traded Funds (Etf) e di fondi comuni di investimento che, nella maggior parte dei casi, non includono prodotti dell’eventuale gruppo bancario di appartenenza», evidenzia lo studio della Consob. Che, per quanto riguarda i costi dei robo advisor segnala una forchetta delle commissioni applicate al patrimonio tra lo 0,3% e lo 0,7% annuo (oltre alle altre componenti di costo, quali performance fee e commissioni di sottoscrizione e di gestione dei singoli fondi o Etf), «rendendo il robo advice potenzialmente molto competitivo soprattutto a fronte della bassa disponibilità a pagare degli investitori italiani», spiega il quaderno Consob. D’altra parte, come rovescio della medaglia, i robo advisor non sono adatti a chi vuole un pieno controllo dei propri investimenti appunto perché il ribilanciamento degli investimenti è automatico, anche se alcuni offrono a pagamento il supporto di un consulente, il cosiddetto modello ibrido che in Italia è il più diffuso. Inoltre i portafogli non sono personalizzati perché sono preconfezionati a partire dalla tolleranza al rischio, dal reddito o da determinati obiettivi di risparmio dichiarati all’atto dell’investimento.
C’è stata un’evoluzione nel tempo e oggi i portafogli sono creati e aggiornati sulla base di algoritmi impostati su strategie predefinite, con l’apporto dei gestori che intervengono sulla supervisione finale. Si calcola che oltre i tre quarti dei robo advisor di Europa e Usa hanno raggiunto questo modello in attesa del nuovo capitolo di sviluppo ancora in atto che prevede l’uso di algoritmi che in tempo reale e grazie all’intelligenza artificiale modificano l’asset allocation imparando dall’esperienza. I robo advisor sono quindi rivolti soprattutto alla fascia di clienti del cosiddetto mass market, ovvero dotate di disponibilità limitate e quindi con rapporti meno stretti con i consulenti finanziari rispetto agli investitori con maggiori disponibilità. Anche se il supporto di un consulente in Italia resta importante. Ma, indipendentemente da chi sono adatti, i robo advisor continueranno a definire il futuro degli investimenti. Secondo i dati di Statista le loro masse a livello globale arriveranno a 1.600 miliardi di dollari nel 2022 dai 300 miliardi del 2017, e in questo lasso di tempo la pandemia ha sicuramente giocato un ruolo rilevante nella crescita del fenomeno per via dei lockdown che hanno dato un forte impulso all’uso del digitale. Uno slancio che continuerà nei prossimi anni e le stime indicano al 2027 asset per oltre 3.200 miliardi di dollari. In Italia Statista calcola che gli asset nel segmento dei robo-advisor raggiungano i i 33 miliardi nel 2027. E questo anche grazie alla crescita delle nuove generazioni digitali. Secondo uno studio di Bain nel 2025, i giovani con patrimoni da 1 milione di dollari in Europa saranno 7 milioni. «Molti player del wealth management dovranno scegliere di collaborare con wealth-tech che possono aiutarle ad accelerare l’offerta di una consulenza ibrida», afferma Daniele Funaro, partner di Bain & Company.
Le piattaforme italiane. I principali digital wealth advisor italiani sono Moneyfarm, Euclidea Sim, Tinaba e Online Sim. Moneyfarm è stata fondata nel 2011 da Giovanni Daprà e Paolo Galvani, dopo un’esperienza nel settore bancario segnato dalla crisi del 2008. Negli anni si è sviluppata, nel 2016 ha debuttato in Gran Bretagna. Tre anni dopo le Poste hanno iniziato a offrire i suoi portafogli automatizzati (intervista in pagina). Le stesse Poste hanno comprato una quota del capitale di Moneyfarm, insieme ad Allianz e a M&G, oltre ad alcuni fondi di venture capital. Propone sette linee di gestioni patrimoniali in Etf con costi annui dell’1% per capitali investiti da 5 mila a 19,99 mila euro, dello 0,75% da 20 mila a 199,99 mila euro, dello 0,5% da 200 mila a 499,99 mila euro e dello 0,4% oltre. A questi vanno aggiunti i costi medi degli Etf pari allo 0,2%.
Non prevede commissioni di ingresso, uscita o performance e non ci sono penali per i disinvestimenti. L’apertura del rapporto avviene tutta online con la scelta della linea in base al profilo di rischio e agli obiettivi. Moneyfarm provvede a gestire le linee con ribilanciamenti tra asset class in base all’andamento dei mercati. C’è comunque sempre la possibilità di interagire (tramite telefono, mail e chat) con un consulente all’apertura del conto e durante il percorso. Euclidea Sim, nata cinque anni fa su iniziativa di un gruppo di money manager di lungo corso tra cui il ceo Stefano Rossi (ex ceo di Edmond de Rothschild Sgr), ha una piattaforma proprietaria che segue in tempo reale più di 140 mila tra Etf e fondi. Propone 10 linee di gestioni in fondi ed Etf con due diverse formule di abbonamento: Smart al costo dello 0,6% annuo e Wealth con commissioni dell’1,2% decrescenti all’aumentare delle masse e con possibilità di avere un consulente a disposizione. Poi per tenere basse le commissioni di gestione dei singoli Etf o fondi che entrano nei portafogli, Euclidea lavora solo su quelli in classe istituzionale con un risparmio attorno al 50% rispetto alle classi retail tradizionali (in media in Euclidea sono dello 0,45%). Tra i fondi passivi, dove possibile, la sim utilizza gli index fund invece degli etf perché la caratteristica di essere acquistati direttamente dall’asset manager e pertanto non si incorre in commissioni e nella differenza fra prezzo di acquisto e prezzo di vendita (il cosiddetto spread denaro-lettera) che si subiscono comprando gli etf in Borsa. L’apertura del rapporto è attivabile on line e non sono previsti costi di banca depositaria, di performance, di entrata, di uscita e nemmeno di trading, con nessun vincolo dei prelievi parziali o totali.
Il robo advisor di Tinaba ( Banca Profilo) offre otto portafogli in Etf con soglia minima di investimento a partire da 2 mila eurocon costi annui tra lo 0,4% (oltre 1 milione di euro) e l’1% (fino a 19,99 mila euro) e anche in questo caso senza spese di apertura, negoziazione, performance e chiusura del servizio. Le commissioni medie degli Etf utilizzati sono dello 0,25%.
Online sim, storico supermercato di fondi sul web, propone RoboBox, una piattaforma di consulenti finanziari online. Al momento la sim offre il robo advisor di Alfa Scf, società di Torino che propone cinque portafogli in fondi e sicav. I costi annui vanno dallo 0,7% tra 50 mila e 150 mila euro, dello 0,6% da 150 mila a 500 mila e 0,5% oltre. Non è applicata alcuna commissione di apertura o di chiusura ed è previsto un meccanismo che sconta il costo dell’ultimo trimestre se la performance è negativa nell’anno. E proprio su questo fronte analizzare rendimenti e portafogli dei robo advisor (box in pagina) può dare un’idea di cosa propongono in questa fase difficile dei mercati. (riproduzione riservata)
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