di Massimiliano Piunti
Gli scenari di guerra, l’inflazione, l’aumento delle materie prime e del prezzo dei trasporti stanno mettendo in seria difficoltà il tessuto economico italiano ed europeo. A farne le spese, sono innanzitutto le piccole e medie imprese, il cuore pulsante dell’economia italiana. Queste ultime, infatti, sono diventate vittime del rincaro delle materie prime, soprattutto a causa dello scarso potere contrattuale nella supply chain e alla difficoltà di reperimento di capitali necessari a fronteggiare la contingente situazione di mercato. Si deve inoltre pensare che da circa un decennio è in atto una progressiva riduzione del credito bancario alle Pmi. Infatti, un recente report realizzato da PwC e Banca CF+ dimostra che nel periodo che ha preceduto la pandemia, il credito bancario erogato alle Pmi italiane è passato dai 210 miliardi del 2010 ai 171 miliardi del 2019, registrando così una riduzione del 20%.
Nel 2020 il trend negativo si è temporaneamente arrestato, grazie sostanzialmente alle misure di sostegno pubblico adottate per contrastare l’effetto del Covid. In questa situazione già di per sé complicata, si deve aggiungere la stretta regolamentare imposta dalla Vigilanza Unica negli ultimi anni che ha comportato la creazione di sistemi di rating sempre più sofisticati. Per le banche, finanziare imprese con rating bassi, è diventato molto oneroso e per questo motivo hanno preferito erogare credito alle realtà più sicure e dimensionalmente strutturate, trascurando prevalentemente le Pmi. Dobbiamo però considerare che nel primo anno della pandemia, anche al netto delle misure di sostegno messe in campo dal governo, si è registrato un deciso deterioramento dei rating e un forte aumento delle classi più basse.
Da questo scenario emerge che le Pmi mai come oggi chiedono al mercato finanziario aiuto per risolvere le complessità quotidiane, attraverso l’utilizzo di soluzioni fintech come per esempio l’invoice trading, che permettano loro di avere risposte rapide e che sopperiscano alle carenze del sistema bancario. In questo scenario la digitalizzazione, ancor più per quanto riguarda i servizi finanziari, rappresenta per Cfe Finance un settore dove poter portare la propria ventennale esperienza nel settore del trade finance attraverso lo sviluppo di una nuova soluzione di invoice trading per lo smobilizzo di fatture import/export. Secondo i dati forniti dall’Osservatorio del Politecnico di Milano, nel 2021 il mercato potenziale del supply chain finance ha visto crescere il valore dei crediti commerciali fino a circa 495 miliardi di euro. In parallelo, è cresciuto (+5%) il mercato servito con soluzioni di supply chain finance che consentono alle imprese di finanziare il capitale circolante facendo leva sul ruolo e le relazioni della filiera, che raggiunge il valore di circa 121 miliardi di euro nel 2021. In particolar modo nel 2021 aumentano i volumi del factoring, (+5% sul 2020, per un valore di 57,4 miliardi di euro), del reverse factoring (7,2 miliardi di euro +14%) e dell’invoice trading (3 milioni di euro, +7%), che registrano il picco più alto di sempre. Crescono inoltre il purchase order finance (1 miliardi di euro, +21%) e la carta di credito (2,3 miliardi di euro, +23%). Ma soprattutto le soluzioni innovative, come il dynamic discounting (0,3 miliardi di euro, +200%) e il confirming (1,2 miliardi di euro, +58%). (riproduzione riservata)
*head of Trade Finance & Alternative Credit, coo di Cfe Finance
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