COMPLIANCE

Autore: Filippo Goio
ASSINEWS 339 – marzo 2022

Il decreto fiscale collegato all’ultima legge di bilancio, approvato nel mese di dicembre, impone alcune riflessioni sui rapporti con i cosiddetti segnalatori.

È noto che la pratica della segnalazione, a compagnie e intermediari, di potenziali clienti da parte di soggetti che non rivestono la qualifica di distributori assicurativi – e purtuttavia dispongono con regolarità di nominativi di soggetti interessati a stipulare contratti di assicurazione – oltre ad assurgere negli anni a vera e propria fonte collaterale di raccolta di affari, ha ricevuto nel 2006 un primo riconoscimento fattuale dall’ISVAP, che nella serie inaugurale delle “FAQ Intermediari” precisava che l’attività di segnalazione di nominativi all’intermediario, allora già diffusa, “non è riconducibile alla nozione di attività di intermediazione, salvo che essa non si sostanzi anche in un’attività di assistenza o consulenza finalizzate alla presentazione o proposta di contratti ai clienti segnalati e comporti la percezione di un compenso”, escludendo così la necessità di iscrizione del segnalatore nel Registro Unico.

L’indicazione dell’Istituto è oggi trasfusa alla lettera nelle FAQ emanate dall’IVASS all’indomani della pubblicazione del regolamento n. 40/2018 e, nel contempo, la figura del segnalatore ha acquisito dignità normativa grazie al novellato art.107 del codice delle assicurazioni, che esclude espressamente dal novero delle attività di distribuzione quella di “mera fornitura di dati e informazioni su potenziati assicurati a intermediari assicurativi o riassicurativi, o a imprese di assicurazione o di riassicurazione, se il fornitore non intraprende iniziative di assistenza nella conclusione di un contratto di assicurazione o riassicurazione”.

Meno note e talvolta oggetto di fraintendimenti sono invece le implicazioni pratiche che la legislazione del lavoro comporta nei rapporti con le figure in questione, quasi sempre disciplinati per mezzo di accordi che si preoccupano, come è naturale che sia, di regolare puntualmente aspetti quali il compenso riconosciuto al segnalatore e i suoi obblighi a non sconfinare in attività che possano integrare forme di assistenza o consulenza volte alla conclusione del contratto assicurativo, ma che spesso non tengono conto, sia pure implicitamente, della natura del rapporto contrattuale e degli adempimenti gestionali ad essa sottesi.

Sotto questo profilo, appare fondamentale muovere dal corretto inquadramento dell’attività del segnalatore che, nella larga maggioranza dei casi, si concreta in una prestazione occasionale di lavoro autonomo: la figura del segnalatore, coerentemente con quanto disposto dall’art. 2222 cod. civ., è quella del soggetto che si obbliga a compiere, con lavoro proprio e senza vincolo di subordinazione nei confronti del committente, un servizio – di carattere occasionale, ossia svolto senza abitualità e al di fuori dell’occupazione principale – dietro pagamento di un corrispettivo.

Proprio il corrispettivo è stato a lungo fonte di travisamenti e infondati timori da parte di chi sosteneva – e, in misura minore, ancora oggi sostiene – che il compenso riconosciuto a fronte del buon esito della segnalazione dovesse essere necessariamente determinato a forfait o in misura fissa per singolo affare a prescindere dal tipo di contratto concluso, nella convinzione che la pattuizione di una percentuale sul premio incassato, sostanziandosi nel pagamento di una provvigione, potesse comportare la riqualificazione dell’attività in termini di intermediazione abusiva, con conseguenti sanzioni anche di natura penale.

Convinzione, ad avviso di chi scrive, frutto di un ingiustificato eccesso di prudenza, considerato che la configurabilità dell’attività di distribuzione assicurativa o riassicurativa risulta ancorata esclusivamente a criteri di tipo oggettivo-contenutistico, con la conseguenza che il riconoscimento di una provvigione al segnalatore, fintanto che viene scrupolosamente rispettato il suo ristretto perimetro di intervento, non rileva ai fini dell’eventuale riqualificazione.

Ulteriore aspetto sovente travisato è quello del limite dei cinquemila euro annui di compensi, al superamento del quale viene spesso correlato l’obbligo di apertura della partita IVA. Obbligo che, in realtà, prescinde da criteri di tipo economico e dipende esclusivamente dal carattere abituale della prestazione: cosicché, se da un lato un segnalatore che incassi compensi superiori a cinquemila euro lordi su base annua non è necessariamente tenuto all’apertura della partita IVA, dall’altro potrebbe esserlo un segnalatore che svolga tale attività professionalmente e continuativamente, sia pure a fronte di incassi inferiori.

La soglia di cinquemila euro annui rileva, semmai, ai fini contributivi, dato che il suo superamento impone l’iscrizione del segnalatore alla gestione separata dell’INPS.

Tale limite riguarda i compensi derivanti da prestazioni rese in favore di più intermediari, mentre in caso di mono committenza la soglia si riduce a soli duemilacinquecento euro, che rappresentano l’ammontare massimo di compensi percepibili nell’anno solare per prestazioni rese in favore del medesimo soggetto.

Ma gli aspetti sui quali è intervenuto il decreto fiscale interessano i committenti – principalmente, quindi, gli intermediari – e, pur riguardando la gestione meramente formale del rapporto, è bene tenere a mente che sono previste sanzioni di non poco conto in caso di violazione delle nuove disposizioni.

Con un emendamento inserito in sede di conversione in legge, il legislatore ha introdotto l’obbligo, a carico dei committenti, di comunicare preventivamente all’Ispettorato Territoriale del Lavoro, per il momento con procedura gestita tramite e-mail o SMS, l’avvio di prestazioni occasionali di lavoro autonomo rese in loro favore.

L’obbligo riguarda sia le prestazioni ‘attivate’ dopo l’entrata in vigore delle nuove norme sia quelle rese in forza di contratti precedenti ma ancora in essere al gennaio 2022 e la sua inosservanza può comportare una sanzione compresa tra cinquecento e duemilacinquecento euro per ciascun prestatore di lavoro autonomo.

Come spesso accade, l’intento – apprezzabile – di disincentivare l’utilizzo a fini elusivi di forme di collaborazione autonoma rischia di trasformarsi in un boomerang per i potenziali committenti e, a conti fatti, di disincentivare tout court il genuino ricorso a prestazioni occasionali che pure hanno il pregio, nell’ipotesi che ci interessa, di coniugare l’incremento di affari da parte di intermediari e imprese con la possibilità, per i soggetti segnalanti, di beneficiare di occasioni di maggior reddito.

Non è tuttavia semplice stabilire con certezza se tale obbligo operi con riguardo ai segnalatori di affari assicurativi. Infatti, con una prima nota congiunta (n. 29 dell’11 gennaio) il Ministero del Lavoro e l’Ispettorato Nazionale del Lavoro hanno dettato il perimetro applicativo delle nuove disposizioni, circoscrivendolo espressamente ai lavoratori autonomi occasionali sottoposti al regime fiscale di cui all’art. 67, comma 1 lett. l), del Testo unico per le imposte sui Redditi (D.P.R. n. 917/1986), che si riferisce ai redditi “derivanti da attività di lavoro autonomo non esercitate abitualmente”.

A breve distanza, con una seconda nota congiunta (n. 109 del 27 gennaio), Ministero e Ispettorato hanno fornito ulteriori chiarimenti sotto forma di FAQ, escludendo espressamente l’obbligo di comunicazione con riguardo alle prestazioni rese dal procacciatore occasionale di affari.

Considerato che segnalatori e procacciatori occasionali appaiono, se non due declinazioni della medesima figura, quanto meno parzialmente sovrapponibili – anche secondo l’opinione dell’IVASS, che nelle FAQ ricordate in premessa li considera congiuntamente nel quesito pervenendo ad una soluzione comune – parrebbe logico pensare che l’esonero operi anche con riguardo ai segnalatori di affari assicurativi.

La soluzione, purtroppo, non è così scontata: secondo la nota congiunta n.109, la ragione dell’esclusione del procacciatore di affari occasionale dai nuovi obblighi riposa esclusivamente nel fatto che i redditi prodotti da tale figura professionale “rientrano nell’ambito di applicazione dell’art. 67, comma 1, lett. i), del D.P.R. n. 917/1986”, ossia costituiscono redditi “derivanti da attività commerciali non esercitate abitualmente”.

Dato che l’ordinamento considera attività commerciali quelle finalizzate alla vendita di merci, mentre l’attività del segnalatore di affari assicurativi è accessoria alla collocazione di servizi, i redditi di quest’ultimo parrebbero più correttamente riconducibili a quelli “derivanti da attività di lavoro autonomo non esercitate abitualmente” e rientranti nel campo di applicazione delle nuove disposizioni.

Non pare avventato, in altre parole, ritenere che l’esclusione operi, secondo l’attuale opinione di Ministero e Ispettorato, solo in favore del procacciatore di affari di commercio.

Di conseguenza, fino a nuove precisazioni – che si auspica possano giungere a breve, magari su sollecitazione di qualche associazione di categoria – la prudenza suggerisce a intermediari e imprese di effettuare la comunicazione ogni qualvolta venga ingaggiato un segnalatore e prima dell’inizio della sua prestazione.
Vanno, però, aggiunte due osservazioni conclusive.

La prima è che i soggetti obbligati ad effettuare la comunicazione preventiva, secondo le citate note congiunte, sono solo quelli qualificabili come imprenditori, quindi senza dubbio le imprese di assicurazione e gli intermediari che operano in forma societaria, mentre parrebbero non obbligati gli intermediari che operano in forma individuale – quali, ad esempio, i cosiddetti agenti parasubordinati – purché la loro attività non sia organizzata, anche solo di fatto, secondo criteri di tipo imprenditoriale.

La seconda è che il nuovo obbligo di comunicazione presuppone l’effettiva e completa autonomia del segnalatore, poiché in presenza anche solo di mero coordinamento con la struttura organizzativa del committente la prestazione occasionale di lavoro autonomo cederebbe il passo ad una delle collaborazioni previste dal d. lgs. n. 81/2015, per le quali è già previsto un preciso obbligo di comunicazione con modello UNILAV.


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