di Angelo De Mattia
La questione della commercializzazione di diamanti da parte di istituti di credito è tornata in evidenza con l’audizione, presso la Commissione parlamentare di inchiesta sulle banche presieduta dall’on. Carla Ruocco, del Direttore generale della Banca d’Italia, Luigi Federico Signorini. Il punto centrale dell’esposizione riguarda la non sottoposizione della commercializzazione in questione alla normativa e ai controlli di Vigilanza, in quanto si tratta non di un’operazione bancaria ma di un’attività che, sulla base del Testo unico regolatore, è solo «connessa». Essa ricade, invece, nella competenza dell’Antitrust, l’autorità che è intervenuta irrogando sanzioni. Nel Rapporto, Signorini afferma che, però, commerciare in diamanti può porre problemi per i profili dei rischi legali e reputazionali, come per quelli della stabilità aziendale, nonché della governance. Resta ferma, in ogni caso, la competenza diretta della Vigilanza per gli aspetti «antiriciclaggio». Allora, c’è da chiedersi come ci si attrezza da parte della Vigilanza per controllare questi aspetti, non solo in via generale, ma anche con specifico riferimento alla predetta commercializzazione.
Il fatto è che nell’opinione pubblica e nella clientela bancaria questa attività, svolta da un istituto di credito, è stata ed è comunque intesa come sostanzialmente bancaria. L’affidamento riposto negli istituti di credito va tutelato. Non si può immaginare che sia esclusivamente il cittadino ad autoproteggersi. Non può valere assolutamente il caveat emptor (stia in guardia il compratore). Non si può rispondere a proposito del ruolo delle banche – come si è fatto purtroppo qualche tempo fa – che, quanto asseriva Guido Carli – il quale è stato il governatore che ha reso l’Istituto una moderna Banca centrale – è ormai datato. Perché, innanzitutto, non si archiviano di certo concetti di carattere generale. Proprio per l’esistenza dei profili di interesse citati, non sarebbero illegittime istruzioni della Vigilanza al riguardo (e non lo sarebbero state) intervenendo, appunto, per gli aspetti di competenza della stessa funzione. Si potrebbe, tra l’altro, imporre che queste attività (come altre connesse) siano anche visivamente e fisicamente separate da quelle proprie di una banca, che sia chiaramente specificata la loro natura e il cliente sia formalmente avvertito che ad esse non si applicano norme e riscontri di Vigilanza. Queste e altre misure non avrebbero bisogno di modifiche legislative, ma potrebbero bene essere oggetto di istruzioni di Vigilanza. Tralascio qui l’ulteriore problema che nasce, soprattutto quando sono coinvolte banche significant, per l’intreccio delle competenze tra la Supervisione nazionale e quella della Bce, riproponendosi, anche in questo caso, l’esigenza di riesaminare la relativa architettura in nome del prioritario carattere di prossimità e di sussidiarietà verticale proprio della Vigilanza. D’altro canto, le iniziative giudiziarie promosse per alcuni casi di acquisto e vendita di diamanti da parte di banche che comprendono, come ha ricordato lo stesso Signorini, oltre alla violazione di norme antiriciclaggio, anche l’ostacolo all’attività di Vigilanza dicono pure qualcosa. Non si potrebbe «ostacolare» se non esistesse un potere, sia pure generale, di intervento in materia. E, dunque? Tutto ciò, ovviamente, ferma restando la competenza, per i profili propri, dell’Autorità Antitrust. Se si arrivasse, invece, ad escludere qualsiasi possibilità di intervento della Vigilanza nella materia in questione – cosa che, tuttavia, qui non si condivide affatto – allora una via legislativa andrebbe imboccata rapidamente cogliendo il primo veicolo veloce quale, ad esempio, potrebbe essere quello progettato in queste ore in tema di cessione multipla, con alcune limitazioni, del bonus del 110 per cento. In ogni caso, questa ora sinteticamente descritta fa parte di quelle non poche materie nelle quali il confronto dialettico non solo è naturale, ma è anche necessario. E’ stata apprezzabile l’indizione di audizioni da parte della Commissione banche confidando che, in breve tempo, si arrivi poi a una precisa posizione al riguardo. (riproduzione riservata)
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