SECONDO LA CASSAZIONE NEL VALUTARE I PRESUPPOSTI NON CONTANO LE DIMENSIONI DELL’IMPRESA
di Stefano Loconte e; Giulia Maria Mentasti
Anche le società unipersonali sanzionate ai sensi del dlgs n. 231/2001: è quanto espressamente riconosciuto dalla Corte di cassazione con la sentenza n. 45100 del 6 dicembre 2021. La Suprema corte ha così annullato la sentenza del Tribunale, riguardo alla misura cautelare interdittiva di contrattare con la p.a., disposta nei confronti di tre srl unipersonali, ritenute dal Gip gravemente indiziate dell’illecito amministrativo di cui all’art. 25 dlgs n. 231, in relazione al reato presupposto di corruzione propria attribuito al soggetto che aveva rivestito la posizione apicale di tali società. Infatti, se per il Tribunale la 231 non si applica alle società unipersonali, la Cassazione ha ribaltato questo indirizzo, fornendo i criteri in base ai quali anche tali società possono essere destinatarie della disciplina della responsabilità ammnistrativa da reato degli enti e delle relative gravi sanzioni.
Il principio di diritto. La Suprema corte, accogliendo il ricorso del pubblico ministero, ha ritenuto che la società unipersonale, soggetto distinto, in quanto giuridicamente autonomo, dalla persona fisica dell’unico socio e dotato di diversa personalità giuridica rispetto a questi, non può essere assimilata alla società individuale, che non costituisce un ente dotato di autonoma personalità giuridica rispetto alla persona fisica dell’imprenditore. Nel caso di società unipersonale di piccole dimensioni, in cui la struttura dell’ente rende difficilmente percettibile la dualità soggettiva tra persona fisica e persona giuridica, l’accertamento della sussistenza dei presupposti per affermare la responsabilità dell’ente implica una valutazione non solo delle dimensioni dell’impresa, ma anche dell’aspetto funzionale, consistente nella possibilità di distinguere o meno un interesse dell’ente diverso da quello della persona fisica che lo governa e, quindi, di configurare o meno una colpevolezza normativa dell’ente distinta da quella dell’unico socio.
Una questione dibattuta. Il tema della responsabilità amministrativa da reato delle società unipersonali è da sempre oggetto di un ampio dibattito. Da un lato, si assiste a una dottrina che nel tempo ha contemplato l’esclusione dell’assoggettabilità dei suddetti enti al decreto 231, quantomeno nei casi in cui siano partecipati unicamente dal socio persona fisica, sulla base della osservazione per cui sarebbero di fatto assimilabili alle imprese individuali. Del resto, si sono interrogati gli interpreti, anche a voler abbracciare una tesi differente e a voler prospettare alle imprese unipersonali l’applicabilità nei loro confronti del sistema 231, sul piano pratico diventerebbe arduo identificare i destinatari delle prescrizioni del modello di organizzazione e di gestione adottato da una srl unipersonale che non abbia dipendenti, in cui l’organo decisorio coincide con l’amministratore-socio unico, nonché priva di un collegio sindacale.
Ciò detto, la giurisprudenza di legittimità è parsa tuttavia propendere per l’indirizzo opposto, sostenendo che la società unipersonale, in quanto autonomo centro di rapporti giuridici dotato di soggettività giuridica distinta rispetto a quella di chi ne detiene le quote, debba necessariamente ricomprendersi tra gli enti soggetti alle disposizioni di cui al dlgs n. 231/2001.
Il caso. Nella vicenda in esame, il Tribunale di Pescara aveva annullato l’ordinanza con cui era stata disposta la misura cautelare interdittiva del divieto di contrattare con la Pubblica amministrazione nei confronti di alcune srl. Le persone giuridiche in questione erano state ritenute dal giudice per le indagini preliminari gravemente indiziate dell’illecito di cui all’art. 25 dlgs n. 231, in relazione al reato presupposto di corruzione propria attribuito al soggetto che aveva rivestito la posizione apicale di tali società, e che in ipotesi accusatoria aveva corrotto un assessore comunale.
Il Tribunale aveva evidenziato come le società in questione avessero carattere unipersonale, in quanto composte e gestite dall’unico socio incolpato del reato presupposto, nonché prive di consiglio di amministrazione e di soggetti titolari di specifiche funzioni aziendali.
Sulla base di tali elementi, il Tribunale aveva ritenuto di essere in presenza di imprese di fatto individuali e, dunque, non soggette alle disposizioni di cui al dlgs n. 231 del 2001, evidenziando la necessità di distinguere i casi di società unipersonali in cui l’ente abbia una propria struttura che consenta di ritenerla un soggetto autonomo e un centro di imputazione giuridico distinto dalla persona fisica, da quelli in cui la società si identifichi con la persona fisica e, sostanzialmente, costituisca un’impresa individuale, non assoggettabile alla normativa sulla responsabilità amministrativa delle persone giuridiche.
Le coordinate della Cassazione. Dunque, il caso ha rappresentato per la Cassazione l’occasione per dettare qualche coordinata utile a dirimere la querelle. Innanzitutto, nella sentenza si è chiarito come il problema dell’inclusione della società unipersonale nel raggio d’azione del dlgs 231 sia ben distinto, anche nella considerazione del legislatore, da quello dell’applicazione del decreto all’impresa individuale. Con la conseguenza che, pur nella consapevolezza che la estrema semplificazione della struttura, l’origine e la consistenza patrimoniale dell’ente, la gestione della società unipersonale inducano a ritenere, sul piano percettivo, inesistenti le differenze con l’impresa individuale e a considerare di fatto coincidenti i due soggetti, tuttavia, i due istituti restano profondamente diversi.
Infatti, la società unipersonale è un soggetto giuridico autonomo e distinto dalla persona fisica dell’unico socio: un soggetto metaindividuale a cui la legge riconosce, in presenza di determinati presupposti, una personalità diversa rispetto a quella della persona fisica. Si tratta, cioè, di un soggetto che ha un proprio patrimonio autonomo, che costituisce un autonomo centro di imputazione di interessi, che ha una sua soggettività, che la legge fa discendere automaticamente in presenza di determinati presupposti.
I criteri di valutazione. Gli Ermellini hanno messo in primo piano l’esigenza di scongiurare che la persona fisica, da una parte, si sottragga alla responsabilità patrimoniale illimitata, costituendo una società unipersonale a responsabilità limitata, e, al tempo stesso, eviti l’applicazione del dlgs n. 231, sostenendo di essere una impresa individuale. Il fenomeno è quello della creazione di persone giuridiche di ridottissime dimensioni allo scopo di frammentare e polverizzare i rischi economici e normativi.
Ne deriva la necessità di accertare in concreto se, in presenza di una società unipersonale a responsabilità limitata, vi siano i presupposti per affermare la responsabilità dell’ente; un accertamento che non è indissolubilmente legato a criteri quantitativi, cioè di dimensioni della impresa e di tipologia della struttura organizzativa della società, quanto, piuttosto, a criteri funzionali, fondati sulla impossibilità di distinguere un interesse dell’ente differente da quello della persona fisica che lo governa, e, dunque, sulla impossibilità di configurare una colpevolezza normativa dell’ente disgiunta da quella dell’unico socio.
La decisione. Nel caso di specie, ha concluso la Cassazione, il Tribunale non aveva fatto corretta applicazione dei suddetti principi, essendosi limitato ad affermare come le società ricorrenti non costituissero un autonomo centro di interessi distinti dalla persona fisica, unico socio e autore del reato presupposto, e dunque non fossero assoggettate al dlgs n. 231, trattandosi di imprese sostanzialmente individuali. Un ragionamento viziato, in cui nessuna indicazione è stata fornita su come nel tempo dette società avessero operato, sulle dimensioni delle imprese, sulla loro struttura, su quali fossero stati i rapporti tra esse e l’unico socio, quale fosse stata l’attività in concreto posta in essere, se fosse distinguibile un interesse della società da quello del socio unico.
Da qui l’annullamento dell’ordinanza impugnata e il rinvio per nuovo esame al Tribunale.
Fonte: