NELLA NUOVA STRATEGIA TRIENNALE UNICREDIT POTREBBE RIDURRE IL NUMERO DI ALLEANZE
di Luca Gualtieri
Se per i banchieri europei un rialzo dei tassi rimane nel novero degli auspici più che delle previsioni, nei piani industriali in arrivo sarà difficile vedere target aggressivi sul fronte del margine di interesse. Semmai molti istituti potrebbero lavorare su un’ulteriore razionalizzazione delle strutture interne e su una crescita dei ricavi commissionali attraverso i canali del risparmio gestito e della bancassurance. In queste direzioni dovrebbe muoversi anche Unicredit che sarà probabilmente il primo gruppo italiano ad alzare il velo sulle strategie post-Covid. L’approvazione del nuovo piano triennale è infatti attesa nel mese di novembre, poco dopo la presentazione dei conti trimestrali e soprattutto la decisione sul dossier Montepaschi. Proprio il futuro dei business ad alto contenuto commissionale sarà uno dei temi al centro della strategia. A differenza di Intesa Sanpaolo che ha in casa le fabbriche prodotto (dalle assicurazioni al risparmio gestito), Unicredit deve oggi appoggiarsi su una intricata rete di accordi commerciali che si è stratificata nel tempo. L’obiettivo del ceo Andrea Orcel oggi sarebbe quello di razionalizzare ed efficientare questo approccio procedendo in due direzioni: da un lato, soprattutto sul fronte della bancassurance (presidiato con cinque joint venture e tre alleati diversi, Allianz, Cnp e Unipol, solo per il mercato italiano) riducendo il numero di alleati e dall’altro integrando maggiormente i fornitori esterni per offrire alla clientela un servizio più immediato e semplice. Al contempo Unicredit cercherà di colmare il gap di produttività che nelle precedenti gestioni si è creato nelle reti di distribuzione, spingendo sulla capacità di raccolta. Va da sé che questi impegnativi cambi di rotta potrebbero passare attraverso una rivisitazione degli attuali accordi commerciali, da quelli con i partner assicurativi a quello con Amundi nel wealth management senza considerare il possibile coinvolgimento degli attuali fornitori del Mps (da Axa ad Anima). Se insomma cambiamenti importanti sono all’orizzonte, l’internalizzazione di questi business sembra per il momento esclusa, così come il riacquisto di ex fabbriche come Pioneer, ceduta nel 2016 ai francesi. Semmai la banca potrebbe prendere in esame acquisizioni mirate che le consentano di irrobustire la propria presenza nelle assicurazioni o nel wealth management. Nei mesi scorsi si è speculato a lungo su un deal con Generali, anche se i rumor di un effettivo interesse di Orcel per Trieste non ha mai trovato interesse. Di certo il gruppo potrebbe scegliere di percorrere molte strade, fino al deal con una banca storicamente attiva nelle gestioni patrimoniali come Credit Suisse. Fantasie? Si vedrà. Per ora le priorità restano il piano e il dossier Mps. (riproduzione riservata)
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