Selezione di notizie assicurative da quotidiani nazionali ed internazionali
Il silenzio assenso legato alla destinazione del tfr ai fondi pensione rappresenta un meccanismo di spinta gentile cui si guarda con particolare interesse per rivitalizzare le adesioni alla previdenza complementare. Con riferimento ai lavoratori dipendenti del settore privato è stato applicato in maniera estensiva nel primo semestre del 2007 favorendo un sensibile incremento degli iscritti ed è ancora in vigore per i nuovi assunti. Si ragiona ora, nell’ambito della nuova riforma delle pensioni da costruire, sulla possibilità di prevedere una nuova finestra ampia accompagnata da una campagna di educazione istituzionale sulla previdenza complementare per riproporne i vantaggi.
Con le riaperture e le campagne di vaccinazione si assiste a una ripresa del credito al consumo rispetto al 2020. D’altra parte la priorità del governo Draghi è la difesa della capacità di spesa e di investimento delle famiglie nella fase di uscita dalla crisi pandemica, anche se, va detto, i valori dei primi sette mesi del 2021 non hanno ancora recuperato i livelli pre-Covid, come emerge dai dati Assofin. ll credito al consumo infatti si divide in quattro grandi categorie: i prestiti personali, chiamati anche non finalizzati e richiesti non soltanto per generiche esigenze di liquidità ma anche a fronte di spese che il cliente dichiara all’atto della richiesta (ristrutturazioni, acquisto di arredamenti, di autovetture, ma anche matrimoni, vacanze, informatica, cure mediche, hobby), i finanziamenti finalizzati (perché vengono erogati direttamente nell’esercizio commerciale dove si effettua l’acquisto), le carte rateali e i prestiti con cessione del quinto dello stipendio o della pensione.
Il capitalismo famigliare non è certo scomparso. Al contrario, sembra ancora godere di buona salute non solo nelle aziende manifatturiere ma anche in alcune banche e assicurazioni. Per affrontare le sfide del futuro però le quotate italiane avranno bisogno di assetti proprietari più fluidi che vadano nella direzione della public company e si avvalgono delle risorse messe a disposizione dagli investitori istituzionali. Ne è convinto Piergaetano Marchetti, non solo uno dei maggiori esperti in materia di corporate governance ma anche protagonista di alcune delle partite più rilevanti nella storia della finanza italiana. Ultima vicenda in ordine di tempo che sta vedendo coinvolto il suo studio è la caldissima partita Generali.
Chi controlla le Generali? La compagine azionaria della compagnia nasconde, come un cavallo di Troia, un socio in grado di condizionarne strategia e governance? La domanda forse più vecchia della finanza italiana è tornata a circolare dopo l’ultima zampata di Mediobanca. Giovedì 23 Piazzetta Cuccia ha annunciato un’operazione di prestito titoli sul 4,42% del Leone proprio a pochi giorni dalla decisiva riunione del cda sulla lista. L’effetto sorpresa della salita al 17,22% almeno fino all’assemblea è stato dirompente non solo per il mercato ma anche per gli altri azionisti della compagnia che l’anno prossimo affronterà il cambio di vertice.
Si è conclusa con una notifica di contestazione all’ex presidente Paolo Bedoni e ad alcuni consiglieri di amministrazione l’indagine avviata da Consob e dall’Ivass nei confronti degli ex esponenti di Cattolica Assicurazioni. Nessuno di loro è più nella compagnia, presieduta oggi da Davide Croff, e in questi giorni in attesa del lancio dell’opa da parte di Generali, nel frattempo già divenuta azionista con il 24,4%.
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Nonostante il Covid abbia causato «la più grande recessione d’Italia in tempi di pace, la risposta vitale della produzione, dei consumi e degli investimenti, fa ben sperare per la ripresa in corso», ha dichiarato il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, nell’intervista a Rai Istituzioni. La pandemia ha causato una crisi globale senza precedenti, dimostrando però la resilienza della coesione nazionale, comunitaria e internazionale. I prezzi dei beni al consumo sono aumentati ma nulla dimostra che l’inflazione continuerà a crescere. La transizione digitale implica rischi e perdita di posti di lavoro eppure, allo stesso tempo, nuove professioni e opportunità. Gli italiani hanno risparmiato di più ma sono nuovamente orientati a consumare, determinando la ripartenza degli investimenti.
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Il comitato nomine di Generali Assicurazioni ha approvato, ieri, una proposta sulla procedura da adottare per la creazione di una eventuale lista del cda, in vista del rinnovo del board in programma la prossima primavera. La proposta, approvata a maggioranza, con tre consiglieri contrari (Caltagirone, Bardin e Pucci), verrà portata all’attenzione del cda di Generali Ass. che si terrà lunedì 27 e che dovrà esprimersi in merito all’eventualità di presentare la lista o meno.
- Generali procede verso la lista del cda Consiglieri spaccati
Il Comitato nomine di Generali, pur replicando la divisione di 10 giorni fa, ultima i lavori preparatori della “lista del cda” uscente, per il rinnovo 2022 dei vertici aziendali. Anche se a stretta maggioranza, di quattro consiglieri contro tre, il comitato ieri ha approntato un pacchetto di misure che lunedì presenterà al cda per il voto deliberativo di questa procedura, diffusa nei Paesi anglosassoni ma usata in Italia solo da Mediobanca, Unicredit, Tim e Prysmian. La riunione è stata piuttosto agitata, e ha visto schierarsi i due fronti dei soci del Leone. Da una parte Mediobanca e De Agostini, di supporto al capo di Generali Philippe Donnet e che cercano di sdoganare la lista (già votata da assemblea e cda Generali unanimi l’anno scorso). Dall’altra, i tre esponenti del “patto di consultazione” tra Caltagirone, Delfin e Fondazione Crt: lo stesso Francesco Caltagirone, Romolo Bardin e Sabrina Pucci, che ieri hanno votato no alla lista, ritenuta inopportuna per le carenze di consensi tra consiglieri e soci di rilievo. Fonti vicine al patto a tre ritengono che «non sia corretto presentare una lista del cda votata a stretta maggioranza, perché in tal caso non sarebbe la lista del cda, ma la lista di un socio di Generali, che da 20 anni decide la governance del gruppo».
- Generali, avanti sulla lista del board A favore la maggioranza del comitato
Si spacca di nuovo il board di Generali circa il rinnovo del consiglio e la riconferma del ceo Philippe Donnet. Ieri al comitato nomine che deve preparare i lavori della seduta del consiglio di lunedì 27, la proposta sulla procedura da adottare in caso di presentazione della «lista del cda» è passata a maggioranza. Si sono opposti alla proposta Francesco Gaetano Caltagirone, Romolo Bardin (ceo di Delfin, la holding di Leonardo Del Vecchio) e Sabrina Pucci. A favore hanno votato Diva Moriani, Alberta Figari, Lorenzo Pellicioli, Clemente Rebecchini. Si è replicata la contrapposizione dei due fronti di soci Generali, rappresentati da un lato dal patto tra Caltagirone, Del Vecchio e Crt che ha il 12,5% circa della compagnia, e dall’altro da Mediobanca, forte del suo 12,9% di proprietà e di un altro 4,4% preso in prestito giovedì con il quale la banca d’affari supera il 17% dei diritti di voto. L’affitto, il cui costo si aggirerebbe sui 10 milioni di euro (ma non ci sono conferme ufficiali), dura 8 mesi, fino all’assemblea della primavera 2022.
- Generali, sulla lista del consiglio arriva il primo sì a maggioranza
Comitato nomine spaccato: su sette membri quattro sì e tre no. Pareri legali discordi. Lunedì la questione al board: la frattura tra Mediobanca e i pattisti sempre più ampia
- Polizze finanziarie Più efficienza con gli Etf ma in pochi li usano
Prodotti da cui fuggire per i costi ma anche scatole che consentono, se usate con intelligenza e prodotti smart, di diminuire gli oneri fiscali e di beneficiare appieno delle peculiarità dei prodotti assicurativi. Questa è la doppia faccia delle polizze multiramo. Se la scorsa settimana l’inchiesta di copertina di Plus24 ha messo in luce gli impatti sui rendimenti che hanno i costi a listino della maggior parte delle polizze ibride vendute in Italia da banche e consulenti e agenti, in questa sede si fa il punto sui prodotti più light e su come sono strutturati (statisticamente più rari, come rilevato anche dall’Ivass nella sua analisi sugli oneri dei prodotti in collocamento). Non è un caso che alla base di questi ci siano spesso fondi passivi o Etf che consentono un notevole risparmio sulle commissioni da pagare sui sottostanti utilizzati nella componente unit.
- Intermediari. Il Mise mette il turbo sull’Oria ma scatena il mal di pancia
Un organismo inutile. Una duplicazione poco comprensibile in tempi di austerity. È una bocciatura senza mezzi termini quella dell’Oria, l’Organismo a cui dovrebbe essere demandata la gestione del registro unico degli intermediari (Rui). Nonostante l’infelice tempistica (da anni si attendeva una definizione dell’organismo e la bozza di decreto è arrivata il 24 agosto con 10 giorni di tempo per inviare le proprie osservazioni), nelle scorse settimane, gli agenti e i broker, insieme all’Ania, hanno presentato le proprie considerazioni sul testo del Ministero dello Sviluppo Economico che istituisce l’organismo di registrazione. L’Ania, l’associazione delle compagnie, ha segnalato nelle sue considerazioni «che la normativa appare opaca su più aspetti. Si tratta inoltre di una duplicazione in quanto, a differenza di quanto avviene per l’Ocf (che è stato utilizzato come modello), la funzione di vigilanza resta in capo a Ivass – come spiega a Plus24 Ania –. I costi dell’Oria, ancora difficilmente identificabili non sono banali e potrebbero rappresentare un ulteriore aggravio per le associate».
- Semplificazioni Anche Abi, Assofin, Ania e consumatori al tavolo Ivass
Continua a ritmo serrato il dialogo tra Ivass e le categorie degli intermediari assicurativi. Sul tavolo molti temi inerenti in particolare le nuove regole fissate nel recepimento della direttiva sulla distribuzione assicurativa (Idd) come la Pog e le collaborazioni. E più in generale la semplificazione richiesta a gran voce, e anche invocata nero su bianco, in particolare dalla principale associazione di broker (Aiba) che è stata anche la prima a essere ricevuta dai vertici dell’Authority assicurativa lo scorso luglio.
- Truffe on line. Con la pandemia aumentano i casi segnalati dai clienti
Tradizionalmente i briganti e i truffatori si piazzano sulle strade di maggior passaggio. Con la pandemia il canale digitale si è sicuramente affollato molto di più che in passato e di conseguenza sono aumentate le truffe on line. Sempre più occorre fare i conti con termini come phishing, smishing, vishing e spoofing. Alcuni già noti, altri più nuovi seguendo l’inesauribile fantasia dei malfattori. Il fenomeno è preoccupante, se secondo gli ultimi dati pubblicati dall’Arbitro bancario finanziario di Bankitalia quasi un terzo dei ricorsi arrivati nel primo semestre 2021 riguardano alternativamente: carte di credito, bancomat, bonifici, conti correnti (questi ultimi non solo ovviamente per questioni on line, ma anche per quelle). Il 31% contro il 16 dello stesso periodo dell’anno precedente. In via incidentale si segnala che un altro tema molto seguito da Plus da sempre, ovvero la cessione del quinto dello stipendio o della pensione, è passato dal 61 al 37 per cento.
- Nelle gestioni separate meno BTp e più fondi Rendimento a +1,6%