Paola Valentini
Sei mesi positivi per i rendimenti dei fondi pensione. Dai dati raccolti da MF-Milano Finanza emerge che in media i comparti negoziali hanno messo a segno nel primo semestre di quest’anno un risultato medio del 2,67%, battendo la rivalutazione del trattamento di fine rapporto (tfr) che resta in azienda e che nel periodo si è attestata all’1,41% nonostante la recente accelerazione dell’inflazione. Il tfr infatti si apprezza sulla base dell’indice Istat dei prezzi al consumo più un tasso fisso dell’1,5% annuo. Senza dimenticare che i rendimenti dei fondi pensione sono zavorrati da un maggior carico fiscale rispetto alla rivalutazione della liquidazione; i primi infatti scontano un prelievo del 20%, la seconda del 17%.
Anche i fondi pensione aperti superano tfr: il rendimento medio degli oltre 320 comparti di mercato (dati Fida) si attesta al 2,84% nei sei mesi. Si tratta inoltre di dati in miglioramento rispetto a quelli rilevati nei primi tre mesi, rispettivamente all’1% e all’1,9% per i fondi negoziali e i fondi aperti rispetto al +0,9% della rivalutazione del tfr. Analizzando le singole linee si scopre che c’è anche chi ha superato il 10% nei sei mesi. Tra i negoziali il migliore è il comparto Azionario di Mediafond (il fondo dedicato ai lavoratori di imprese radio-tv e dello spettacolo) con un risultato del 12,42%, seguono la linea Espansione del Fondosanità (riservato alle professioni mediche) con il 7,86% e la Dinamica di Laborfonds (per i dipendenti da datori di lavoro che operano in Trentino-Alto Adige) con il 7,43%. Sopra il 7% c’è anche il Dinamico di Alifond (7,32%), fondo pensione per i lavoratori dell’industria alimentare.
Tra i fondi pensione aperti, che grazie a una maggiore presenza di linee azionarie presentano diversi comparti con un rendimento superiore al 10%, spiccano Eurorisparmio Azionario Internazionale di Sella Sgr (+11,81%), Creditras Unicredit Linea Dinamica (+11,57%) e Generali Global Azionario Globale (+11,4%). Intanto gli aderenti ai fondi pensione stanno ricevendo in queste settimane l’estratto conto personale della posizione al 31 dicembre del 2020 che arriverà entro luglio anziché a marzo, come gli scorsi anni, per permettere ai fondi di adeguarsi all’operazione trasparenza voluta dalla Covip che da quest’anno ha predisposto una comunicazione rinnovata nei contenuti e nel nome per consentire a ogni iscritto di individuare in modo più agevole lo sviluppo della propria posizione previdenziale e di conseguenza di valutare le possibili scelte da operare. Dal 2022 il termine ordinario per l’invio della comunicazione periodica tornerà a essere il 31 marzo.
«Tra vaccini e varianti, la normalizzazione post-Covid avanza con fatica. Eppure nei mercati azionari prevale la fiducia nonostante il ritorno dell’inflazione. Anche dalle aziende della nostra area», racconta Paolo Stefan, direttore del fondo Solidarietà Veneto (dedicato ai lavoratori attivi nel territorio della regione), «gli associati manifestano segnali positivi: gli ordinativi crescono e i ritmi di produzione sono elevati. La difficoltà è casomai la mancanza di materie prime e di semilavorati, con i prezzi in crescita e qualche rischio per la tenuta delle filiere».
Un sentiment positivo che, dalla realtà di tutti i giorni, va ad alimentare anche la finanza. «Ed è qui che vorremmo porre qualche interrogativo, perché si sta concretizzando un crescente e forse non del tutto giustificato appetito per il rischio finanziario», aggiunge Stefan. Nonostante i numeri positivi del primo semestre 2021, i gestori e più in generale gli investitori istituzionali sono stati obbligati ad affrontare diverse criticità, tra cui una vecchia conoscenza che sta tornando alla ribalta: l’inflazione. «Uno spauracchio che negli Usa ha sortito i suoi effetti. Il conseguente rialzo dei rendimenti dei titoli di Stato americani ha compresso le performance dei comparti dedicati al breve termine, ossia quelli a prevalenza obbligazionaria», dice Stefan.
I mercati azionari invece per ora non si sono lasciati intimorire dal ritorno dell’inflazione. «I piani di sostegno, inevitabili per uscire dalla pandemia, meritano insomma il giudizio positivo delle borse, che nonostante la volatilità crescente ritoccano massimi storici quasi a voler testare ripetutamente quanto solida sia la volontà espansiva delle politiche economiche in corso», aggiunge il direttore di Solidarietà Veneto, che durante questi mesi ha portato a termine un cambiamento nell’ambito della gestione finanziaria: dal 1° luglio Hsbc Global Am è subentrata a Generali Am nella gestione del comparto Reddito. Ad Hsbc Am è stato affidato un terzo delle risorse del comparto centrale di Solidarietà Veneto. Inoltre a giugno, dopo la sospensione del 2020, è ripreso il programma del fondo nel private market. Il piano punta a finalizzare un investimento di 100 milioni di euro entro fine 2021 nelle pmi italiane e nelle infrastrutture. Una responsabilità rilevante, che va oltre l’ambito finanziario. Come spiega Stefan: «Con il volano del Next Generation Eu Solidarietà Veneto potrà partecipare al rinnovo delle infrastrutture, alla riqualificazione immobiliare e alla transizione energetica. Investimenti strategici per il Paese ma anche per il territorio. Per gli iscritti significa invece ambire a rendimenti più elevati e a una riduzione della complessiva volatilità dell’investimento grazie alla maggior diversificazione». Dal fondo GommaPlastica (fondo dedicato al settore gomma e cavi elettrici) evidenziano che il comparto Dinamico, caratterizzato una maggiore componente azionaria, ha premiato il rischio con un risultato del primo semestre degno di nota (+6,28%). Ma non mancano timori. «Un fattore di rischio per i mercati finanziari, quindi per i comparti del fondo, per il terzo e quarto trimestre è il possibile impatto delle varianti del virus. Quindi ribadiamo che in un periodo connotato da importanti fattori di incertezza come quello attuale la scelta di una linea coerente con il proprio orizzonte temporale di permanenza nel fondo rimane fondamentale per la costruzione del risparmio previdenziale», avvertono da GommaPlastica.
In questo contesto i tassi ai minimi delle obbligazioni rendono ancora più urgente per i fondi pensione la ricerca di alternative di investimento che possano contribuire a rimpolpare la pensione pubblica. D’altra parte, come emerge dal nuovo rapporto annuale dell’Inps, c’è lo strumento del riscatto di laurea che fa sempre più concorrenza ai fondi pensione grazie alla formula a costo agevolato introdotta nel 2019. L’analisi dell’Inps si basa sui dati delle pratiche per le richieste di riscatto inoltrate dai dipendenti del settore privato nel periodo 2016-2020 che sono stati incrociati con dati di fonte Uniemens e del Casellario Centrale delle pensioni. Energe che il riscatto di laurea è uno strumento sempre più utilizzato: le richieste sono triplicate tra il 2018 e il 2019. «Ciò è in parte merito del riscatto agevolato, che ha avuto un ottimo take-up. Ma dall’analisi emerge anche che, a partire dal 2019, un numero elevato di soggetti, maggiore che in passato, richiede il riscatto in forma ordinaria, presumibilmente per aumentare non solo l’anzianità contributiva ma anche il montante contributivo», spiega l’Inps. (riproduzione riservata)
Le riflessioni dell’Inps tra sostenibilità e adeguatezzad
i Carlo Giuro
Il XX rapporto annuale dell’Inps, pubblicato nei giorni scorsi, presenta una serie di indicazioni di particolare interesse in vista della prossima riforma delle pensioni. Partendo dai profili di sostenibilità finanziaria l’analisi sottolinea che la dinamica della spesa pensionistica in Italia si caratterizza per un rallentamento della crescita a partire dal 2014. Tuttavia il rapporto tra numero di pensionati e occupati si mantiene su un livello che è tra i più elevati nel quadro europeo. Inoltre il rapporto tra l’importo complessivo delle pensioni in termini nominali e il numero di occupati è cresciuto del 70% tra il 2001 e il 2020. Quali sono le considerazioni?
L’istituto presieduto da Pasquale Tridico nota in primo luogo che nel capitolo spesa pensionistica è ricompresa anche una componente di spesa assistenziale, tema oggetto di attenzione sia parte del governo che da parte dei sindacati in vista del nuovo intervento di riordino in materia previdenziale.
In questa prospettiva il rapporto ricorda come in attuazione della disposizione contenuta nella legge di bilancio per il 2020 è stata istituita un’apposita commissione tecnica presieduta dal ministro del lavoro, composta anche da esponenti dell’Inps, che ha il compito di analizzare la classificazione delle voci della spesa pubblica italiana per finalità previdenziali e assistenziali in un’ottica di comparazione internazionale.
In termini di flessibilità in uscita il report analizza le ipotesi di intervento per il post quota 100 su cui si ragiona nel dibattito in corso. L’Inps evidenzia allora come la scelta che farà il legislatore rispetto ad un possibile intervento deve tener conto del crescente livello di spesa pensionistica rispetto al pil a normativa vigente e delle tensioni che ci saranno nei prossimi anni sul denominatore anche a seguito della crisi pandemica oltre a quelle già note che agiscono sul numeratore e dovute a fenomeni demografici difficilmente controllabili.
Inoltre, dovrebbe tenere debito conto dell’equità intergenerazionale cercando di creare condizioni di flessibilità nella direzione di quelle già esistenti nel sistema contributivo in modo da non generare ulteriori discriminazioni tra generazioni di lavoratori spostando ancora una volta i costi di un intervento a carico delle giovani generazioni. L’istituto pone poi in evidenza un profilo di adeguatezza delle future pensioni dopo la pandemia da Covid-19. Nel sistema contributivo al coefficiente di trasformazione è affidato il compito di spalmare il montante contributivo (somma dei contributi versati rivalutati sulla base della crescita del pil) sulla durata attesa della pensione.
Nei sistemi contributivi nord europei i coefficienti sono differenziati solo in ragione dell’età al pensionamento e dell’anno di nascita. In pratica, a ogni coorte sono assegnati coefficienti propri, diversi per età, nell’anno solare che precede quello in cui varca la soglia della fascia pensionabile, cioè la coorte raggiunge l’età minima alla quale è consentito andare in pensione. Nel sistema italiano i coefficienti (diversi per età) sono invece aggiornati ogni due anni. Nel biennio di validità, sono applicati a prescindere dalla coorte di appartenenza.
Ad esempio, quello dei 65 anni in vigore nel biennio 2021-22 è applicato quest’anno ai nati nel 1956 e l’anno prossimo ai nati nel 1957. Pur non esistendo risposte semplici a questi problemi, sottolinea l’Inps, col procedere della conoscenza dei comportamenti degli assicurati si possono immaginare correttivi dei coefficienti di trasformazione che accrescano l’equità globale del sistema pensionistico italiano. (riproduzione riservata)
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