di Dario Ferrara
Spetta al datore risarcire l’infortunio occorso in servizio al lavoratore che non risulta formato in modo adeguato. E ciò perché non riesce a dimostrare di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno: la mancata predisposizione dei dispositivi di sicurezza viola l’articolo 32 della Costituzione, che garantisce il diritto alla salute «come primario e originario dell’individuo». Pesa la Carta fondamentale laddove sancisce «l’utilità sociale» dell’attività produttiva, mentre l’articolo 2087 Cc è norma di chiusura del sistema antinfortunistico che si può estendere a tutte le ipotesi non considerate dalla legge. È quanto emerge dalla sentenza 17576/21, pubblicata il 18 giugno dalla sezione lavoro della Corte di cassazione.

Nessun concorso. Bocciato il ricorso dell’assicurazione: diventa definitiva la condanna a manlevare la società committente, condannata in solido con la cooperativa appaltatrice a pagare quasi 291 mila euro all’infortunato, un cittadino indiano rimasto invalido. Dopo un solo giorno di formazione il lavoratore è addetto a una macchina automatica che provoca un infortunio. E senza prova di un’adeguata preparazione alla lavorazione non si può ipotizzare alcun concorso di colpa del danneggiato.

Centro di gravità. L’articolo 2087 Cc impone al datore di adottare tutte le misure necessarie a tutelare l’integrità psico-fisica del lavoratore. È vero, non risulta oggettiva la responsabilità dell’azienda. Ma neppure risulta circoscritta alla violazione di regole di esperienza o di natura tecnica preesistenti e collaudate: la norma di chiusura copre tutte le ipotesi non valutate dal legislatore al momento della formulazione. E contano la realtà aziendale, il tipo di lavorazione e il rischio connesso. Nella materia giuslavoristica rileva soprattutto la Costituzione quando ripudia «l’ideale produttivistico» come «unico criterio cui improntare l’agire privato»: se la libera iniziativa economica è tutelata dall’articolo 41 della Carta, l’attività produttiva risulta subordinata a un’utilità sociale che va intesa soprattutto come «realizzazione di un pieno sviluppo della persona umana»

E «dignità, sicurezza e salute», ricordano gli Ermellini, vanno assicurati anche nel luogo in cui si svolge l’attività lavorativa in quanto «costituiscono il centro di gravità del sistema». Insomma: affondano le radici in valori profondi il dlgs 626/94 che recepisce i principi Ue e il dlgs 81/2008. Senza dimenticare che l’articolo 2087 Cc prescrive al datore anche di preservare l’integrità dell’ambiente di lavoro. E che la violazione del dovere del neminem laedere può consistere anche in un comportamento omissivo: l’obbligo giuridico di impedire un evento può scaturire anche da una situazione specifica che esige una determinata attività a tutela del diritto altrui, come nel caso del datore in favore del dipendente.
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