Simona D’Alessio
Impennata, nell’anno della diffusione del Coronavirus, delle risorse globalmente raccolte dalle forme di previdenza complementari, nel nostro Paese: il flusso di denaro, infatti, è stato pari a «197,9 miliardi di euro, il 6,7% in più» al confronto col 2019, così come s’è registrata l’«escalation» degli iscritti, giunti a quota 8,4 milioni (in aumento del 2,2% in dodici mesi), numeri che testimoniano «un tasso di copertura del 33% sul totale delle forze di lavoro». E, scrutando l’«identikit» di chi aderisce ai piani (mentre progredisce il fenomeno di chi non sta versando i contributi) emerge come si tratti, in oltre 6 casi su 10, di uomini (che sono, però, addirittura pari al 73% nei fondi negoziali), in una platea (generalmente) non giovane, bensì avviata verso l’età della quiescenza, e al 57% residente nel Nord Italia. È quanto si legge nella Relazione sull’attività del 2020 svolta dalla Covip (Commissione di vigilanza sui fondi pensione), il «termometro» che stabilisce annualmente lo stato di salute degli organismi di previdenza integrativa e delle Casse professionali private, le cui risorse hanno complessivamente superato i 290 miliardi, riguardando oltre dieci milioni di soggetti tra iscritti e pensionati; ad oggi si contano 372 fondi: 33 negoziali, 42 aperti, 71 Piani individuali pensionistici (Pip) e 226 preesistenti, numeri in progressivo decremento, giacché «nel 1999, erano 739, quasi il doppio» dell’offerta attuale.
La presenza minore delle donne nel mercato occupazionale, recita il testo illustrato dal presidente della Commissione Mario Padula, si riflette sulla (altrettanto) bassa adesione «rosa» ai modelli complementari: è di sesso maschile, infatti, il 61% di coloro che stanno integrando la loro prestazione pensionistica, e la maggioranza dell’intero bacino (il 51,6%) «ha un’età compresa tra 35 e 54 anni», il 31% è almeno cinquantacinquenne, mentre gli under35 (giovani che, presumibilmente, in un mondo del lavoro in affanno, avrebbero più bisogno dei colleghi «adulti» di accantonare risparmi per il loro sostentamento) è pari al 22,7%. Tra i sottoscrittori dei fondi, tuttavia, una «fetta» ha smesso di alimentare la propria posizione: nel 2020 non hanno effettuato versamenti contributivi 2,3 milioni di soggetti (il 27,4% del totale), cifra in crescita di 136.000 unità, rispetto all’anno precedente. E, in ombra, informa la Covip, c’è pure «un milione di individui» che non introduce più denaro nel suo secondo «salvadanaio» previdenziale da almeno cinque anni. È, infine, oramai «sostanzialmente conclusa» la procedura volta al superamento di FondInps, la forma residuale istituita presso l’Istituto pubblico e destinata ad accogliere il Tfr degli iscritti «silenti»: è stato completato entro il 2020 il trasferimento delle posizioni al fondo Cometa, individuato come forma di riferimento per le categorie di lavoratori interessate. E, dunque, risultano completate anche le attività di carattere amministrativo del Commissario liquidatore, propedeutiche alla cancellazione di FondInps dall’Albo dei fondi pensione.
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