Pagina a cura di Antonio Longo
Le aree geografiche caratterizzate da un sistema produttivo più sviluppato garantiscono livelli di welfare più elevati e una migliore tutela dell’ambiente e del territorio. A conferma che c’è stretta correlazione tra dimensione economica, sociale e ambientale. Ma dimostrando anche un paese dai mille volti per quanto riguarda la sostenibilità. È, infatti, un’Italia spaccata a metà, con un netto divario tra Nord e Sud, quella delineata dal Rapporto Italia sostenibile con cui Cerved Group, in collaborazione con Innovation Team e Cerved Rating Agency, propone un approccio ai temi della sostenibilità basato sui dati, promuovendo la misurazione dei fenomeni e una valutazione integrata degli impatti economici, sociali e ambientali delle policy pubbliche o degli interventi dei privati. Le zone con un più robusto sistema produttivo, ricadenti in gran parte nelle regioni settentrionali, non solo riescono a garantire ai cittadini occupazione e redditi, ma anche prestazioni di welfare migliori e maggiori investimenti a favore dell’ambiente. L’analisi restituisce, comunque, un’immagine fortemente eterogenea, con province simili per livelli di reddito pro-capite che possono differenziarsi, però, in modo significativo in termini di cura agli anziani o di capacità di smaltimento dei rifiuti.
In alcune province, quelle con un’economia più dipendente da settori in forte crisi come il turismo, le conseguenze della pandemia si stima possano essere particolarmente pesanti. Secondo gli analisti di Cerved, gli impatti rischiano di essere difficilmente sostenibili in alcune di tali aree, in cui la mappa indica un numero maggiore di giovani che non studiano né lavorano, quote più alte di anziani per cui l’assistenza pubblica è ridotta, maggiore rischio di povertà. In base alle stime, a essere penalizzato è soprattutto il Mezzogiorno, ampliando ulteriormente i divari relativi alla digitalizzazione, alla tutela del territorio, all’inquinamento. Secondo gli esperti, è necessario, per finanziare il piano di rilancio, mettere il sistema produttivo italiano al centro dei crescenti flussi finanziari globali alla ricerca di investimenti sostenibili dal punto di vista Esg – Environmental, social, governance.
L’analisi si basa su 280 indicatori che si aggregano in 20 criteri riguardanti capacità produttiva, capitale umano e formazione, inquinamento e consumo di risorse, investimenti e innovazione, assistenza alle famiglie, tutela del territorio e delle acque, innovazione digitale, ricchezza delle famiglie, sostenibilità idrogeologica e sismica, competitività, fragilità sociale, consumo e riconversione energetica, solidità delle imprese, condizione degli anziani, gestione di scorie e rifiuti, reti di trasporto, salute e sistema sanitario, infrastrutture, sicurezza e giustizia, occupazione e dinamiche del lavoro. Tali criteri compongono gli indici di sostenibilità economica, sociale e ambientale, la cui sintesi è l’indice di sostenibilità generale. Per tutte le dimensioni analizzate, gli indici evidenziano una forte eterogeneità nel territorio, con 17 province eccellenti, caratterizzate da un livello di sostenibilità elevato ed equilibrato (cluster della solidità); 22 province che evidenziano forti debolezze nelle tre dimensioni (cluster della fragilità); 28 province che hanno una priorità di sostenibilità economica; 12 con criticità sugli aspetti sociali e 26 province che hanno problemi soprattutto sul profilo ambientale. A livello generale, tra le province ad alta sostenibilità, Bolzano occupa il gradino più alto del podio, seguita da Milano e Bologna. Considerando gli effetti della pandemia, cioè sia i lavoratori e il capitale nelle imprese che potrebbero uscire dal mercato, sia la riduzione della forza lavoro e degli investimenti delle imprese a causa del ridimensionamento del giro d’affari, a soffrire sono, soprattutto, province del Mezzogiorno come Messina, Trapani, Vibo Valentia, Catanzaro, Sud Sardegna e Agrigento, già caratterizzate da indici di sostenibilità sociale molto bassi e con impatti sull’occupazione maggiori della media. L’analisi indica effetti rilevanti anche in alcune province del Centro-Nord che hanno una criticità proprio sulla sostenibilità sociale e in cui gli effetti del Covid sono particolarmente pesanti, come Aosta (per cui si prevede una perdita del 15% del numero di occupati), Livorno (14%), Imperia (12,5%) e Savona (13%). Gli effetti della pandemia sulla disoccupazione potranno essere particolarmente gravi per la condizione giovanile nelle aree in cui si osserva già un elevato numero di ragazzi che non studiano e non lavorano (Neet), come Messina, Trapani, Sassari, ma anche in zone turistiche del Nord come Rimini, dove si stimano le peggiori perdite a livello nazionale (quasi del 16%). Se si combina il livello di digitalizzazione delle province con la riduzione degli investimenti delle imprese, è possibile individuare i territori in cui è necessario il maggiore supporto per avviare la transizione digitale: risultano critiche molte aree del Mezzogiorno come Messina, Agrigento, Caltanissetta, Trapani e Barletta. Dal punto di vista della sostenibilità ambientale, le situazioni più critiche si stimano a Messina, L’Aquila, Trapani, Taranto e Crotone sul fronte della gestione delle scorie e dei rifiuti. A Vibo Valentia, Reggio Calabria, Catanzaro e Isernia mancano le risorse per investimenti per rendere il territorio più sostenibile dal punto di vista idrogeologico e sismico. Infine, i divari nella riconversione energetica sono destinati a ampliarsi a Sassari, Agrigento, Trapani, Nuoro, Isernia e Campobasso.
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