CONTESTI

Autore: Anna Fasoli
ASSINEWS 330 – maggio 2021

In questi giorni di frenetica messa in pari di ogni agenzia con protocolli e procedure per rispondere alle direttive dell’Ivass, emanati la scorsa estate su distribuzione, governo e controllo del prodotto, il “famoso” POG, mi sono interrogata con più attenzione sull’errore.

L’errore è lo spettro di ogni professionista. L’errore è la trappola e l’ombra. Ma al tempo stesso l’errore è una specie di realtà inevitabile con cui conviviamo e che, in un certo senso, proprio per la forza di attenzione che esercita su di noi, diventa una direttiva estremamente cruciale nell’esercizio delle cautele e delle attenzioni. L’ambito assicurativo ha costruito il proprio impianto e la stessa ragione di esistere su questo. Certo, rischio e pericolo sono solo corollari, spesso eventuali epiloghi, non raramente prologhi di un verificarsi nella realtà di aspetti che con facilità bolliamo con questo termine.

Ma, esattamente, l’errore che cos’è? Non sto peccando di ingenuità. In realtà, a scavare nelle fondamenta emerge come il tema dell’errore sia legato a quello del potere dell’uomo, alla sua stessa facoltà di esercitare attenzione e diligenza. Insomma, soprattutto in pieno Ottocento, la grande centralità dell’individuo come fonte, causa e epicentro dell’azione, o dell’omissione, ha posto il tema dell’errore come legato a una responsabilità, ovvero al fatto che il soggetto stesso avesse abbassato le soglie di quell’attenzione necessaria. Molta della giurisprudenza e della letteratura giudiziale anche in materia assicurativa si è mossa in questo spazio delimitato.

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