Nei primi tre mesi del 2021 è proseguito il rimbalzo delle azioni. Le borse europee spiccano con un +10%, mentre le obbligazioni hanno sofferto per i timori di inflazione. I comparti migliori? Energia e pmi americane hanno reso oltre il 30%
di Paola Valentini
Nei primi tre mesi del 2021 l’indice Ftse Mib di Piazza Affari ha guadagnato quasi l’11% tornando a ridosso del livello massimo pre-Covid toccato il 20 febbraio 2020 (25.080), il giornoprecedente la scoperta del primo caso italiano di Coronavirus. Il Dj Euro Stoxx 50 delle borse europee ha fatto +10%, il Cac 40 di Parigi oltre l’8,3% e il Dax 30 di Francoforte ha superato il 9%. A Wall Street il Dow Jones è avanzato dell’8,8%, lo S&P 500 del 6,8% e il Nasdaq del 3,1%. In Asia l’indice Nikkei di Tokyo ha registrato un progresso del 6,3%, Shanghai dell’1,7% e l’Hang Seng di Hong Kong del 4,5%. Praticamente tutti i maggiori listini azionari del mondo hanno chiuso il trimestre in positivo. Merito della spinta al rialzo prodotta dall’avvio delle campagne vaccinali, motivo per cui gli investitori hanno fiutato in anticipo la fine della crisi del Covid. Al contrario è stato un avvio d’anno negativo per le obbligazioni: la corsa ai bond dell’ultimo anno ha frenato per via delle prospettive di incremento dell’inflazione e quindi dei tassi, legate alla svolta economica nel post-Covid. Attese che hanno fatto salire oltre l’1,7% i rendimenti dei titoli di Stato Usa a 10 anni, un termometro globale per tutto il settore. Tale movimento è stato ben assorbito dall’azionario ma ha causato perdite nel mercato dei bond. In base agli indici Merrill Lynch i titoli governativi a 1-5 anni lasciano sul terreno da inizio anno lo 0,2%, le scadenze 5-10 anni fanno -1% e quelle oltre i 10 anni -5%.
Prevalgono i segni meno anche nel mondo corporate, in particolare sui titoli ad alto rating: l’indice dei bond AAA euro corporate cede il 2%, mentre guadagna l’1,9% quello dei B, emissioni a più basso merito creditizio. Nel frattempo l’euro si è deprezzato contro il dollaro favorendo gli investitori europei che detengono asset in valuta Usa. Nel periodo ha preso il volo il petrolio, che ha guadagnato il 24% per le attese di ripresa economica, mentre l’oro ha ingranato la retromarcia e ha chiuso il trimestre con quotazioni in ribasso del 12%.
In questo scenario i migliori fondi a portata degli investitori italiani hanno reso oltre il 30%. Emerge dall’analisi di MF-Milano Finanza (sui dati Fida), che ha preso in considerazione i migliori e i peggiori cinque comparti per performance del trimestre in dieci delle categorie più rappresentative delle varie asset class. A parte è stata poi stilata la classifica assoluta dei migliori fondi tra tutte le specializzazioni, che vede al primo posto i prodotti focalizzati sull’energia (in scia al rimbalzo del prezzo del petrolio) e sulle azioni di Wall Street. Se l’equity Usa anche nel 2020 aveva dato soddisfazione agli investitori, questo inizio di 2021 ha visto invece la rivincita del settore energetico tradizionale dopo che lo scorso anno il primato era andato alle fonti rinnovabili. Il migliore del trimestre è stato il comparto Sisf Global Energy di Schroders con un rendimento del 33,9%: si tratta di un azionario globale gestito da Mark Lacey che tra le prime posizioni (a fine febbraio) deteneva in portafoglio Repsol, Schlumberger, Bp, Devon Energy e Cimarex Energy. «Via via che ci avviciniamo a un mondo post-Covid, i governi in tutto il mondo stanno adottando una combinazione di politiche fiscali e monetarie molto positive per le commodity», spiegano da Schroders. Nella top ten anche l’Invesco Energy con un risultato del +31,4%. Il gestore Kevin Holt è esposto in particolare su Devon Energy, Apache, Cimarex Energy e Cenovus Energy. Sul fronte delle singole categorie sotto esame, tra gli azionari globali il primo è il Fidelity Fast Global con il +24,8%, mentre il peggiore è il Morgan Stanley Im Global Advantage (-8,1%). Il gestore di Fidelity, Dmitry Solomakhin, ricerca società per le quali l’orientamento degli investitori a breve termine o le loro reazioni eccessive abbiano provocato un’errata valutazione dei titoli sul mercato.
Le tre posizioni principali sono su Ericsson, Bunge Limited e General Electric. L’azionario Cina vede primeggiare un altro comparto di Fidelity International, il China Focus con il +10,8%, ma in questo caso, a differenza degli azionari internazionali, la distanza dal peggiore è inferiore perché in fondo alla classifica c’è il Jpm Cina A-Shares Opportunities che ha perso il 3,6%. Sull’equity del Giappone spicca il fondo M&G Japan Smaller Company con un rendimento del 32,8%: almeno l’80% del suo portafoglio è investito in azioni di società a bassa capitalizzazione domiciliate in Giappone o che svolgono la maggior parte della loro attività economica in questo Paese. Di norma il fondo detiene azioni di meno di 50 aziende. Il gestore, Carl Vine, si concentra sui titoli il cui prezzo non riflette appieno la sostenibilità degli utili dell’azienda.
Intanto ha cavalcato con successo il rally di Wall Street il Legg Mason Royce Us Small Cap Opportunity, focalizzato sulle pmi statunitensi, con un rendimento a tre mesi del 28,5%. Il money manager è Bill Hence della società di gestione Royce, pioniera negli investimenti in small cap, che lo segue per Legg Mason. Il suo portafoglio è molto diversificato (282 posizioni a fine febbraio) e vede al primo posto pmi Usa come B. Riley Financial, seguita da Alpha & Omega Semiconductor, Herc Holdings, Olin e Air Lease. Nell’azionario Europa si mette in evidenza lo European Equity Yield di Schroders con il +15,3%, mentre i peggiori hanno perso attorno al -1%. Come prima esposizione il comparto detiene Eni. Nel macro Schroders prevede un temporaneo aumento dell’inflazione per l’incremento delle quotazioni delle materie prime come il petrolio: l’indice dei prezzi al consumo Usa dovrebbe salire al 3,5% nel secondo trimestre prima di tornare a scendere. «L’economia dispone di capacità produttiva inutilizzata per cui non ci aspettiamo un aumento generale di salari», affermano da Schroders. Nel frattempo la società di gestione britannica ha ridotto le stime di crescita del pil della zona euro a causa di lockdown e ritardi nella distribuzione dei vaccini. Per Eurolandia il tasso di sviluppo dell’economia è stato abbassato per il 2021 dal +5 al +3,6%, per l’Italia dal +5,3 al +4,1%.
A Piazza Affari campione del trimestre con il +16,4% è il fondo Target Italy di Albemarle Asset Management (basata a Londra, ha come soci Massimo Massimilla e Umberto Borghesi). Inoltre il comparto è quinto a cinque anni tra gli azionari Italia con un risultato annualizzato del 9,36% e secondo a dieci anni con l’8,43%. Tra i principali titoli figurano, in base degli ultimi documenti, Esprinet, Pirelli, Fila, Mondadori e Piovan. Albemarle è anche azionista di Carraro con una quota superiore all’1% del capitale. Qualche giorno fa la famiglia Carraro ha lanciato un’opa al prezzo di 2,4 euro sul capitale in circolazione del gruppo con obiettivo il delisting. Subito dopo l’annuncio la sgr si è schierata contro questa operazione, giudicando non adeguato il prezzo dell’opa. «L’operazione non riconosce agli azionisti di minoranza di fatto alcun premio rispetto al prezzo di borsa del 26 marzo, ossia l’ultimo giorno di negoziazione prima dell’annuncio dell’offerta, pari a 2,37, in totale contrasto sia con la best practice che con quanto avvenuto di recente sul mercato italiano in operazioni simili», afferma. Poi Albemarle ricorda che «il prezzo offerto è inferiore rispetto ai target price degli analisti che seguono il titolo, pari a 3 euro sia con riferimento a Intesa Sanpaolo che a Banca Akros, le due istituzioni che hanno target price aggiornati». Inoltre, secondo Albemarle «l’operazione appare a esclusivo vantaggio degli azionisti di maggioranza, in quanto procedendo al delisting nella fase iniziale di ripartenza del ciclo per i settori di riferimento di Carraro, questi vogliono appropriarsi dei benefici che la forte ripresa genererà per Carraro escludendo i piccoli azionisti».
Sul fronte delle obbligazioni, infine, i migliori non presentano rendimenti a doppia cifra come negli azionari. Ma c’è comunque chi si è difeso grazie all’esposizione ai bond high yield che offrono ancora margini di performance a patto però di accettare un rischio maggiore. Ad esempio tra gli obbligazionari Usa corporate, il fondo Amundi-Pioneer Us High Yield Bond ha fatto +5,5%. Un’asset class, quella delle obbligazioni, ad alto rendimento, considerata importante da molti investitori anche sul fronte degli emittenti dei Paesi emergenti: «Continuiamo a preferire i titoli di Stato ad alto rendimento in dollari Usa che, con spread a 615 punti base, appaiono interessanti», concludono gli analisti di Jp Morgan Asset Management. (riproduzione riservata)
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