di Anna Messia
I fondi pensione sono pronti a raddoppiare l’impegno per sostenere la ripresa economica italiana e chiedono al governo di potenziare gli incentivi fiscali per gli investimenti in strumenti di private equity e private debt passando dal 5% ad almeno il 10% del patrimonio e di aggiungere una spinta sulle infrastrutture. La proposta arriva dal presidente di Assofondipensione Giovanni Maggi. «In questi mesi di pandemia il sentiment del Paese è cambiato e ora più che mai gli investitori istituzionali sono pronti a dare il loro contributo al sistema investendo in imprese italiane», dice a MF-Milano Finanza. In corso ci sono già iniziative con Cdp che sta raccogliendo diverse adesioni «che saranno presto estese».
Domanda. Presidente Maggi, quanto può fare il sistema dei fondi pensione negoziali per la ripresa economica?
Risposta. Nel 2020 il settore ha retto alla crisi. Grazie anche agli interventi del governo per il blocco dei licenziamenti e la cassa interazione in deroga c’è stato un aumento degli iscritti del 3,2% e un incremento del patrimonio del 7,5%. Siamo arrivati a un totale di oltre 60 miliardi di euro e, se si aggiungono i 60 miliardi dei fondi preesistenti, si arriva a risorse complessive per 120 miliardi. Convogliare il 10%, ovvero circa 13 miliardi, per sostenere le imprese italiane e a cascata gli stessi lavoratori sarebbe particolarmente utile in questa fase economica.
D. Che cosa ha fatto finora il settore?
R. Molti fondi si sono mossi in autonomia verso gli investimenti in economia reale ed è decollata l’iniziativa messa in campo con Cdp per il lancio di due fondi, uno di private equity e l’altro di private debt. Tra adesioni e impegni di sottoscrizione i due strumenti hanno raccolto circa 100 milioni coinvolgendo una decina di fondi. Asset che potenzialmente potranno arrivare a 500 milioni. Cdp, tramite il Fondo Italiano d’Investimento, è poi disponibile a lanciare un fondo di fondi per investire in infrastrutture appena raccoglierà 4 o 5 adesioni da parte dei fondi. Erano anni che si discuteva di queste iniziative e ora sono partire, ma per accelerarle serve una spinta del governo.
D. Che cosa chiede a Draghi?
R. Nessuno dei governi degli ultimi anni ha dato il dovuto peso ai fondi pensione negoziali, che pure hanno un ruolo sociale. In ballo ci sono le risorse di lavoratori e imprese. Il sistema non è ancora a pieno regime, con le adesioni ferme al 30%. Più volte abbiamo chiesto una nuova campagna di silenzio-assenso per aumentare gli iscritti. È poi incomprensibile che le performance delle pensioni integrative vengano tassate al 20% e addirittura del 26% per gli iscritti alle casse previdenziali, ma ora servirebbe soprattutto incentivare gli investimenti in economia reale.
D. Il 5% del patrimonio esentato fiscalmente non è sufficiente?
R. Si può fare molto di più, come ha riconosciuto la Covip, l’autorità di vigilanza del settore, che ha aperto agli investimenti alternativi fino al 20% del patrimonio. Bisognerebbe arrivare al 10%, se non addirittura al 15%, e inserire l’asset delle infrastrutture. I fondi sono pronti a fare la loro parte. (riproduzione riservata)
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