Selezione di notizie assicurative da quotidiani nazionali ed internazionali
Il mondo delle assicurazioni è sempre più digitale. Un trend, questo, che sta accelerando con l’emergenza sanitaria come conseguenza delle restrizioni alla mobilità e della necessità di evitare il più possibile contatti. Infatti, molte compagnie offrono servizi online, grazie a piattaforme e app che consentono di stipulare le polizze, di consultare tutti i documenti, di localizzare le strutture convenzionate, di entrare in contatto con il proprio agente, di avere consulti, di ottenere assistenza e così via.
I clienti usano i canali online. Da una ricerca condotta dalla società di consulenza EY, nel periodo tra settembre e dicembre 2020, tra grandi gruppi di assicurazioni, agenzie, broker e intermediari emerge che il lockdown ha influenzato il rapporto tra le compagnie e i propri clienti: il 79% dei clienti ha comunicato con l’assicurazione attraverso i canali digitali (come contact center, chatbot e strumenti di videochat), mentre il restante 21% si è affidato preferibilmente al contatto telefonico. Il maggior uso dei canali digitali non sembra ancora riguardare in modo incisivo le sottoscrizioni: il 29% degli intervistati ritiene invariata l’entità delle sottoscrizioni online, mentre il 43% ha osservato una crescita limitata (sotto il 10%).
Rischia grosso il comune che autorizza i nuovi insediamenti abitativi del circondario a immettere acque luride nell’alveo dell’acqua piovana, trasformando il canale di scolo in una fogna a cielo aperto. E ciò perché il governo locale non ha realizzato le minime opere di urbanizzazione necessarie al comprensorio residenziale. Il pericolo per l’ente civico è essere condannato a risarcire il danno ambientale: sbaglia la Corte d’appello a escluderne la responsabilità laddove dalla motivazione non emerga come all’esito della consulenza tecnica d’ufficio sia arrivata alla conclusione che in capo all’amministrazione non sussista la qualità di custode dell’opera. È quanto emerge dall’ordinanza n. 1108/21, pubblicata il 21 gennaio dalla sesta sezione civile della Cassazione.
Le sanzioni per violazioni della privacy arrivano fino a 20 milioni di euro. Partendo da zero. Una forbice così larga da atterrire qualunque piccola e media impresa, professionista e anche ente pubblico. È quanto discende dalla possibilità di contestare la violazione di un articolo del regolamento europeo sulla protezione dei dati n. 2016/679 (Gdpr): si tratta dell’articolo 5, dedicato ai principi generali. È una questione sottile e sa anche un po’ di trabocchetto. Il Gdpr è un elenco di obiettivi da raggiungere, di obblighi e divieti. I quali, se non raggiunti, sono puniti con sanzioni amministrative: sanzioni che sono di importo stellare. Apparentemente ci sono due fasce, ma in realtà la fascia è una sola. La prima fascia va da zero a 10 milioni euro o, se superiore, al 2% del fatturato mondiale annuo delle imprese. La seconda fascia va da zero a 20 milioni euro o, se superiore, al 4% del fatturato mondiale annuo delle imprese.
Il riconoscimento dell’origine professionale del contagio da Covid è totalmente avulso da ogni valutazione in ordine all’imputabilità di eventuali comportamenti omissivi del datore di lavoro che possano essere stati causa del contagio. Anche questo principio è stato (ri)affermato da Inail e ministero del lavoro quando, l’anno scorso, venne fuori la problematica relativa alla presunta responsabilità penale dei datori di lavoro. Inail e ministero del lavoro rassicuravano: non possono confondersi i presupposti per l’erogazione di un indennizzo Inail (basti pensare a un infortunio in «occasione di lavoro» che è indennizzato anche se avvenuto per caso fortuito o per colpa esclusiva del lavoratore), con i presupposti per la responsabilità penale e civile che vanno rigorosamente accertati con criteri diversi da quelli previsti per il riconoscimento del diritto alle prestazioni Inail.In altre parole, il riconoscimento del diritto alle prestazioni Inail non assume rilievo nell’accusa del datore di lavoro in sede penale.
L’Inail non può negare la tutela assicurativa a chi si è contagiato al Covid sul lavoro. Sia o meno obbligatorio vaccinarsi, i lavoratori sono sempre tutelati, perché il rapporto «assicurativo» (dal quale scaturiscono sia l’obbligo per il datore di lavoro di versare all’Inail i premi e sia il diritto per i lavoratori a fruire delle tutele di risarcimento e di cura dell’Inail) si costituisce automaticamente al verificarsi del presupposto di legge, cioè in presenza dell’unica condizione: esercizio attività lavorativa per la quale sussiste l’obbligo assicurativo. Il principio, che l’Inail ha denominato «principio della costituzione automatica del rapporto assicurativo infortunistico», di naturale accoppiata a quello di «automaticità delle prestazioni», trae origine dall’art. 67 del dpr n. 1124/1965 (Tu Inail) e, in virtù di esso, gli assicurati (cioè i lavoratori) hanno diritto alle prestazioni anche nel caso in cui il datore di lavoro non abbia adempiuto a tutti gli obblighi previsti (apertura posizione assicurativa, denuncia lavoratori e retribuzione, pagamento premi). Per contraddire il principio, pertanto, serve una riforma normativa della disciplina, non essendo sufficiente un diverso orientamento dell’istituto assicuratore
Tra le varie novità che la riforma del sistema sportivo introdurrà, l’istituzione della figura del «lavoratore sportivo» è certamente una delle più importanti e significative. Per la prima volta in assoluto viene riconosciuto nell’ordinamento italiano «senza alcuna distinzione di genere e indipendentemente dal settore professionistico o dilettantistico» il lavoratore sportivo, ovvero colui che esercita l’attività sportiva «verso un corrispettivo al di fuori delle prestazioni amatoriali». Il decreto legislativo adottato in attuazione dell’art. 5 della legge delega n. 86/2019 recante il riordino e la riforma delle disposizioni in materia di enti sportivi professionistici e dilettantistici nonché di lavoro sportivo, sul punto prima ancora di addentrarsi nella materia attraverso gli articoli 25 e s.s., fornisce una prima e chiara definizione di lavoratore sportivo all’interno del titolo I rubricato «Disposizioni e principi generali». Con l’intento di distinguere le caratteristiche delle prestazioni amatoriali, la riforma prevede la loro incompatibilità con qualsiasi forma di rapporto di lavoro subordinato o autonomo e, in ogni caso, con ogni altro rapporto di lavoro retribuito. Previsto in capo all’ente dilettantistico l’obbligo di assicurazione contro gli infortuni e le malattie connessi allo svolgimento dell’attività amatoriale, nonché per la responsabilità civile verso i terzi.
Casco fino a diciotto anni, obbligo di assicurazione Rc per accedere gli impianti e dotazione di defibrillatori sulle piste: queste le principali novità introdotte dalla riforma dello sport per il settore delle discipline invernali. Lo schema di decreto legislativo in attuazione dell’art. 9 della legge n. 86/2019, infatti, ha introdotto alcuni significativi cambiamenti per gli utenti delle aree sciabili nonché per i gestori dei relativi impianti. La riforma prevede quindi novità per gli sciatori, volte a garantire una maggiore sicurezza sulle piste e a prevenire il verificarsi di incidenti. Tra queste, si segnala l’estensione dell’obbligatorietà del casco protettivo fino ai diciotto anni (art. 17), che dovrà però essere conforme a specifiche caratteristiche tecniche che verranno emanate con successivo decreto, che ne stabilirà anche i criteri di fabbricazione e omologazione. Inoltre, per tutte le attività escursionistiche che si svolgeranno in ambienti innevati sarà obbligatoria la dotazione dei dispositivi elettronici di segnalazione e ricerca (art. 26) nonché di pala e sonda per le valanghe in particolari condizioni meteo. L’elemento più significativo per chi praticherà lo sci alpino, però, sarà sicuramente rappresentato dall’obbligatorietà dell’assicurazione (art. 30) che copra la propria responsabilità civile per danni o infortuni causati a terzi che, gli stessi, dovranno necessariamente avere durante lo svolgimento delle loro attività. Peraltro, i gestori della aree sciabili (tranne quelle riservate al fondo) saranno tenuti a mettere a disposizione all’atto di acquisto dello skipass la relativa polizza.
- Protezione estesa all’infortunio in itinere
Per quanto riguarda la disciplina dell’infortunio in itinere, l’assicurazione opera nell’ipotesi di infortunio occorso a lavoratore assicurato durante il normale percorso di andata e ritorno dal luogo di abitazione a quello di lavoro. Sempre Inail e ministero del lavoro hanno precisato che, poiché in tale fattispecie di infortunio non sono catalogati soltanto gli incidenti da circolazione stradale ma anche altri eventi, allora il contagio da Covid accaduto durante tale percorso è configurabile come infortunio in itinere. Per di più, riguardo all’utilizzo del mezzo di trasporto, Inail e ministero del lavoro hanno precisato che, poiché il rischio di contagio è molto più probabile in aree o a bordo di mezzi pubblici affollati, al fine di ridurne la portata, per tutti i lavoratori addetti allo svolgimento di prestazioni da rendere in presenza sul luogo di lavoro è considerato «necessitato» l’uso del mezzo privato per raggiungere dalla propria abitazione il luogo di lavoro e viceversa. Tale deroga vale per tutta la durata del periodo di emergenza epidemiologica, secondo le disposizioni e i tempi dettati in materia dalle autorità competenti.
- Performance e rischi contenuti ecco i leader del risparmio gestito
Gli analisti dell’Istituto tedesco di qualità e finanza hanno analizzato fondi comuni e Sicav distribuiti in Italia prendendo in considerazione i risultati degli ultimi cinque anni e la percentuale di perdita.
L’aumento dei depositi in banca (1.744 mld di euro a gennaio secondo l’ABI) non è andato, a detrimento dell’industria del risparmio gestito, che non pare aver risentito del clima di sfiducia dovuto alla crisi pandemica, né dei limiti agli spostamenti. Gli operatori della consulenza finanziaria sono stati molto reattivi nel far traslocare la relazione sui sistemi tecnologici, puntando sulle videocall per tranquillizzare gli investitori
- Troppi rischi tra i campi nasce la polizza
Zuirch Italia lancia una soluzione assicurativa strutturata sul settore. Da una parte la crescente frequenza degli eventi atmosferici estremi. Dall’altra l’evoluzione dell’attività gestita sempre più in chiave imprenditoriale con attenzione ai rischi. Questo spiega la grande attenzione dell’agricoltura alle coperture assicurative. La polizza prevede una indennità aggiuntiva in caso di danneggiamento di prodotti certificati come biologici e le aziende attive in pratiche di agricoltura sociale hanno una garanzia Rc ad hoc che copre i danni accaduti durante lo svolgimento di attività sociali
- Un anno di pandemia: il conteggio dei danni
Dopo un anno esatto di pandemia, l’azienda Italia tira le somme. Il Prodotto interno lordo nel 2020 è diminuito dell’8,9%, dice l’Istat. Sono circa 160 miliardi in meno rispetto al 2019. Vuol dire che ognuno di noi ha “perso” 2.600 euro di Pil. Se tutto va bene nel 2021 la ricchezza nazionale risalirà del 3-4%. La più ottimista è Standard & Poor’s: +5,3%. In ogni caso non basta per tornare dove eravamo prima. Ci saremo forse nel 2023. Nel 2020 per le famiglie mancano all’appello 29 miliardi di reddito e 108 miliardi di consumi. Chi invece non ha perso reddito ha risparmiato, visto che molte spese, sono “vietate” dal distanziamento fisico. Così la propensione a “metter via” è passata dal 9% al 16%: sui conti correnti delle famiglie sono finiti 84 miliardi in più rispetto al 2019 (un record storico) e ora il totale viaggia a 1.200 miliardi (Direzione Studi e Ricerche di Intesa Sanpaolo). Dentro questi dati medi, si nascondono disagi e disuguaglianze in aumento. Un terzo delle famiglie dichiara di aver subito una diminuzione di reddito, il 15% denuncia decurtazioni delle entrate pari al 25%. E crescono le situazioni di grave indigenza: secondo l’indagine Caritas, il peso dei nuovi poveri è passato dal 31 al 45% nell’ultimo anno. Le imprese italiane, tra servizi e manifattura, fatturano circa 3.100 miliardi euro. Ne hanno persi circa 400, di cui 200 a carico delle imprese chiuse per decreto (Cgia di Mestre). Nella classifica c’è un segno meno anche sui settori più resilienti, dove ai primi posti troviamo alimentare (-3,4%) e farmaceutico (-1,2%). Nella distribuzione c’è un vincitore assoluto: il commercio di beni online: +34% (Prometeia). Chi in assoluto invece ha perso di più è il settore della musica dal vivo (concerti): -97% (Assomusica). I ristoranti hanno lasciato sul piatto il 34% del fatturato, mentre cinema, teatri, agenzie di viaggio, palestre, ben il 70%. Qualche segnale positivo arriva dalla manifattura, dopo aver perso il 9% nell’intero 2020, l’export è in crescita del 3,3% soprattutto nei metalli, autoveicoli e alimentari. A gennaio di quest’anno l’indice Pmi, che misura le intenzioni dei manager addetti agli acquisti per il manifatturiero, mostra un’attività in espansione. Nel terziario, invece, la notte resta buia. Ora le aziende, anche le meno colpite, sono più indebitate. Hanno chiesto un 8,5% di prestiti in più rispetto a dicembre 2019, non per fare investimenti ma per arginare l’emergenza. E così hanno gonfiato, come le famiglie, conti e depositi: 88 miliardi in più rispetto a un anno fa. Tra il 2018 e il 2019 l’incremento era stato di 20 miliardi.
- Covid, vaccini e luoghi di lavoro stop al lockdown delle regole
Non è finita. Anzi è destinata a proseguire ancora a lungo la polemica, nata attorno al presunto obbligo per i lavoratori di farsi somministrare il vaccino. Ora è il turno dell’Inail, che sarà chiamato ad esprimersi sulla risarcibilità del lavoratore affetto da Covid sul luogo di lavoro. L’Inail, infatti, ha assimilato il contagio avvenuto in azienda all’infortunio sul lavoro. Ma cosa succede in caso di rifiuto, da parte del lavoratore, di vaccinarsi? Sul tema si sono mobilitati tutti i professionisti del settore: dai consulenti del lavoro agli avvocati. Se l’Inail nega il rimborso al lavoratore contagiato che aveva rifiutato il vaccino (a cui viene comunque riconosciuta la malattia) si possono ipotizzare scenari diversi anche per il datore di lavoro? «Si va avanti per interpretazioni e in modo non univoco — commenta Rosario De Luca, presidente della Fondazione studi consulenti del lavoro —. Sono fenomeni scaturiti dalla pandemia, che non trovano riscontro in una norma di legge. Risulta per questo complesso assumere una decisione coerente, proprio perché manca il riferimento». La previsione dell’Inail di assimilare all’infortunio sul lavoro qualsiasi contagio avvenuto sul luogo di lavoro, espone le aziende alle potenziali conseguenze tipiche della responsabilità da infortunio, capaci di sfociare anche in campo penale ove dal contagio possano scaturire conseguenze sanitarie importanti producenti danni molto gravi. Con il grande dubbio sulla sua effettiva esclusione se invece abbia assolto a ogni onere a suo carico nell’ambito della prevenzione anticontagio. «Dubbio rimasto tale — conferma De Luca — proprio per l’obbligatorietà dell’azione penale. Alla domanda se il datore di lavoro adempiente potrà essere condannato, la risposta è no. Ma solo dopo essere rimasto coinvolto in un procedimento penale a suo carico, con annessi e connessi, comprese le conseguenze sulla propria attività».
- “Una polizza per garantirsi il futuro”
Parla Fioravanti (Intesa Sanpaolo Vita). “La protezione è un settore strategico. Proteggere i propri beni, la propria salute, deve essere una priorità. Se consideriamo il totale dei ricavi, il mondo della protezione è passato dal 7-8% del 2014 al 30% del 2020”.
- Il rispetto dei protocolli anti Covid è uno scudo efficace per le aziende
I protocolli sanitari anti Covid sono strumenti ancora validi per gestire le misure contro la pandemia? Con l’approvazione dei primi vaccini e l’avvio della campagna per la loro somministrazione di massa, questi protocolli devono essere aggiornati? E se non sono aggiornati, restano comunque validi e vincolanti per le imprese oppure diventano inefficaci?Queste le domande che circolano con frequenza sempre maggiore tra le aziende e gli operatori che si occupano di sicurezza sul lavoro, dopo che la scoperta dei vaccini contro il Covid ha cambiato e ampliato in modo importante il pacchetto di strumenti che possono essere messi in campo per combattere la diffusione del virus. Non si può dare una risposta completa a queste domande senza ricordare che cosa sono i protocolli sanitari, degli accordi nati spontaneamente durante il lockdown e ben presto “avallati” dal Governo e dal legislatore come strumenti essenziali per consentire alle imprese di superare la fase di chiusura totale garantendo il rientro dei lavoratori in azienda con criteri e modalità sicure.
- È il medico a valutare se il no al vaccino causa inidoneità
Anche se i protocolli anti Covid non dicono nulla sull’obbligo vaccinale, le imprese si stanno interrogando sull’eventuale adozione di misure per imporre l’adesione dei dipendenti alla campagna vaccinale. Misure che difficilmente potranno arrivare fino al licenziamento del dipendente, quanto meno fino a quando non sarà prevista una norma di legge che preveda l’obbligo di assumere il vaccino, anche se in alcuni casi specifici si potrebbe allontanare il dipendente non vaccinato dal luogo di lavoro, se tale situazione fosse di ostacolo alla sua idoneità alla mansione. Un percorso, questo, che non si annuncia facile, come ha recentemente ricordato anche il Garante Privacy, perché il datore di lavoro non può trattare dati sanitari del dipendente, nemmeno in caso di vaccinazione, e anche nel contesto di emergenza creatosi con la pandemia. In particolare, il Garante ha ricordato che il datore di lavoro non può chiedere ai propri dipendenti di fornire informazioni sul proprio stato vaccinale o copia di documenti che provino l’avvenuta vaccinazione anti Covid-19.
- Omicidio stradale, più spazio alla revoca della patente di guida