di Alessandra Ricciardi
Il modello Genova per gli appalti così com’è non è replicabile, va normalizzato». Mario Comba, ordinario di diritto pubblico dell’Università di Torino, uno dei maggiori esperti di settore- presidente della Scr Piemonte spa (la centrale di acquisti della regione) e dell’EHPPA (European Health Public Procurement Alliance), la prima associazione che riunisce le centrali pubbliche di acquisto in Europa per il settore sanitario-, spiega che per accelerare sulle opere pubbliche il codice appalti va abbandonato e va «adottato un sistema che preveda l’applicazione delle sole direttive europee, con l’aggiunta delle norme antimafia e basta. Altrimenti il Paese muore di burocrazia». Proprio in queste ore la Scr Piemonte ha pubblicato un avviso di indagine di mercato sui vaccini anti Covid, «ci rivolgiamo a tutti», dice Comba. Ma per passare alla fase dell’acquisto ci sono ancora due scogli.

D. La riforma degli appalti sarà tra le priorità del nuovo governo. Perché il dl Semplificazioni del governo Conte non basta?

R. Se semplificazione vuol dire riduzione degli oneri procedimentali, dei centri decisionali e, più in generale, della normativa di settore, il decreto Semplificazioni va nel senso opposto: aumentano le complicazioni procedimentali, addirittura prevedendo un certo numero di disposizioni «a tempo», mentre altre non hanno limiti temporali. Vengono poi introdotti nuovi istituti, come il collegio consultivo tecnico, e viene potenziata la figura dei commissari straordinari, creando così un altro regime di eccezione.

D. Quali sono i momenti in cui una gara di appalto si inceppa?

R. Il procedimento per la realizzazione di un’opera pubblica si distingue in due grandi fasi: nella prima si individua il progettista e poi l’impresa che realizza i lavori, è l’aggiudicazione dell’appalto; e nella seconda l’impresa vincitrice realizza l’opera, è la fase dell’esecuzione. Di solito l’attenzione mediatica si concentra sulla prima fase, ma in realtà è nella seconda che si verificano le principali difficoltà ed i maggiori ritardi, magari perché l’impresa aggiudicataria fallisce in corso d’opera, oppure la stazione appaltante cambia idea e chiede modifiche al progetto, oppure semplicemente perché mancano i fondi e non si può proseguire con i lavori.

D. Il modello che potrebbe essere adottato è quello del Ponte di Genova?

R. Bisogna intendersi su cosa si intende per modello Genova. A Genova la procedura di aggiudicazione dell’appalto è stata sostituita da un affidamento diretto effettuato con decreto legge, che la Corte costituzionale ha «salvato» ricorrendo al motivo dell’eccezionalità e dunque non è replicabile a regime. La fase dell’esecuzione ha invece seguito il modello dei commissari, poi istituzionalizzato con il decreto legge n. 32/19 che consente al Presidente del Consiglio di nominare commissari straordinari per la realizzazione di infrastrutture pubbliche strategiche, con facoltà di operare nel solo rispetto del diritto europeo e della legislazione antimafia. 


D. È un modello utilizzabile a regime?


R. Per la fase dell’aggiudicazione, come detto, il modello Genova non è ripetibile. Se vogliamo una semplificazione vera della normativa occorre smantellare il codice appalti e adottare un sistema che preveda l’applicazione delle direttive europee, con l’aggiunta delle sole norme antimafia e basta. Altrimenti il Paese muore di burocrazia.

D. Applicare solo le norme Ue non è quanto già prevede il dl Semplificazioni?

R. Il decreto dice che si possono applicare i principi inderogabili del diritto europeo. Ma non dice quali sono. E così, nell’incertezza, si continua ad applicare il vecchio codice appalti.

D. E per la fase dell’esecuzione?

R. Per la fase dell’esecuzione occorre uscire dall’eccezionalità portando a regime il sistema dei commissari del modello Genova.

D. Come?

R. Attribuendo alle stazioni appaltanti i relativi poteri. Ma al tempo stesso riducendo e professionalizzando il numero delle stazioni che oggi sono circa 20 mila.

D. Una eccessiva semplificazione non può esporre le gare di appalto a fenomeni corruttivi?

R. Anzi, è semmai vero il contrario. Tenga presente poi che il momento più pericoloso per la corruzione è quello successivo alla firma del contratto, cioè la fase dell’esecuzione, quando si comincia a parlare di varianti.

D. Nella sua esperienza cosa l’ha colpita del funzionamento degli altri paesi europei?

R. Personalmente ho avuto l’occasione di seguire alcune procedure di aggiudicazione effettuate da stazioni appaltanti francesi per l’acquisto di dispositivi medici e quello che mi ha colpito è la grande discrezionalità lasciata ai funzionari pubblici, che non sono oberati – come in Italia – da una miriade di adempimenti procedurali il cui presupposto è una sfiducia di fondo del legislatore nei loro confronti.

D. Semplificare i procedimenti non espone i dirigenti a eccessive responsabilità?

R. Nell’esperienza francese di cui dicevo prima, i funzionari hanno ampia discrezionalità nell’organizzare la procedura e la trattativa e, di conseguenza, grande responsabilità, ma prima ancora sono consapevoli delle loro competenze, della fiducia che il legislatore ha nei loro confronti e del prestigio che rivestono e questo aspetto, che qualificherei meta-giuridico, mi pare assai importante. In tal modo si riesce a far sì che la principale preoccupazione non sia quella di schivare ogni responsabilità ma di ottenere il migliore risultato possibile per la pubblica amministrazione.

D. Da noi esiste il reato di abuso di ufficio.

R. Andrebbe rivisto e andrebbe anche limitata la responsabilità contabile, che produce il fenomeno della «fuga dalla firma» e molto spesso costringe i funzionari pubblici a preoccuparsi più della correttezza formale del loro operato che della sua efficacia.

D. Il premier Draghi ha annunciato di volere più strutture che facciano vaccini, anche private, e dosi adeguati per essere veloci. Il ricorso ad acquisti diretti è però stato escluso dalla presidente della commissione Ue, Ursula von der Leyne. Come regione Piemonte come vi state muovendo?

R. La centrale di acquisti regionale, SCR Piemonte, su indicazione della Regione, ha pubblicato in queste ore un avviso di indagine di mercato invitando qualunque operatore economico in grado di fornire un vaccino anti Covid a manifestare il suo interesse, indicando le caratteristiche tecniche del vaccino proposto, secondo una scheda allegata. Trattandosi di una semplice indagine di mercato, che non comporta alcun vincolo giuridico, l’invito è diretto anche ai produttori di vaccini non ancora autorizzati, con richiesta di indicare a che punto è il procedimento di autorizzazione e che tempi sono previsti. Le manifestazioni di interesse dovranno essere presentate entro venerdì 26 febbraio.

D. Perché si possa passare dall’indagine di mercato all’acquisto quali scogli dovete superare?

R. Occorre ottenere l’autorizzazione dell’Aifa e verificare i vincoli derivanti dall’accordo sottoscritto tra la Commissione europea e gli Stati membri.

D. Perché questi vincoli?

R. In generale, l’acquisto di farmaci all’estero è soggetto all’autorizzazione da parte dell’Aifa, l’agenzia italiana del farmaco, che lo rilascia previa verifica che il farmaco non è disponibile in Italia. Lo abbiamo già fatto durante la prima ondata della pandemia con alcuni farmaci ed Aifa ci ha autorizzato.

Per i vaccini anti Covid la situazione è diversa perché la Commissione europea e gli Stati membri hanno concluso un accordo con il quale veniva dato mandato alla Commissione di negoziare per conto degli Stati stessi un contratto con le cause farmaceutiche per l’acquisto diretto dei vaccini e, in base a questo accordo, la Commissione europea ha poi stipulato contratti con le principali case farmaceutiche mondiali (Pfizer, Sanofi, J&J, Astra Zeneca).

D. Cosa dice l’accordo?

R. L’accordo dice, all’articolo 7, che gli Stati membri si impegnano a non negoziare separatamente acquisti con le imprese farmaceutiche con le quali la Commissione ha concluso un contratto.

D. E quindi?

R. Questa clausola potrebbe essere soggetta a diverse interpretazioni, intanto perché non esclude formalmente la possibilità che gli Stati membri acquistino i vaccini non dalle case farmaceutiche ma da eventuali intermediari; inoltre non è facile stabilire se, in diritto italiano, tale clausola sia vincolante anche per le Regioni.

D. Ma l’Aifa da sola può interpretare quell’accordo?

R. No, la competenza dell’Aifa è verificare solo l’ indisponibilità del farmaco in Italia. Sarebbe auspicabile che il governo intervenisse per interpretare quel vincolo.

D. Intanto voi che cosa farete?

R. L’indagine di mercato. Poi si vedrà.

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