di Luca Gualtieri
Il consolidamento bancario italiano passerà per Piazza Meda. Ieri il ceo di Banco Bpm Giuseppe Castagna lo ha ribadito ancora una volta ai mercati, presentando i numeri del bilancio 2020: «Siamo stati abbastanza aperti e chiari sulla possibilità di raggiungere qualche accordo. Fino ad ora siamo ancora allo stato dei compiti a casa preliminari, svolti internamente, per capire qual è l’opzione migliore e più fattibile», ha dichiarato Castagna, ribadendo che una fusione «è naturalmente uno dei principali target che vogliamo raggiungere, ma non dipende solo da noi». Secondo quanto risulta l’opzione principale sul tavolo del ceo oggi sarebbe proprio una fusione alla pari con la Bper, appoggiata dall’ad di Unipol Carlo Cimbri (che del gruppo modenese è primo azionista con quasi il 20%). Su Piazza Meda (assistita da Lazard) però sarebbero da tempo puntati anche gli occhi di Unicredit che, nell’acquisizione del gruppo lombardo-veneto, vedrebbe un’opportunità di crescita in Lombardia. Il nuovo ceo di piazza Gae Aulenti Andrea Orcel si insedierà soltanto ad aprile (oggi il board dovrebbe nominare Ranieri de Marchis dg ad interim), ma sul mercato circola perfino l’ipotesi di un’integrazione a tre fra Unicredit, Mps e lo stesso Banco Bpm per dare vita a un polo italiano del credito alternativo a Intesa Sanpaolo.
In attesa di capire quali saranno le scelte di m&a, ieri il Banco ha approvato i risultati del 2020. L’anno si è chiuso con un utile di 21
milioni, in calo rispetto ai 797 milioni del 2019, dopo rettifiche su crediti per 1,34 miliardi (558 milioni in più dello scorso esercizio), mentre il quarto trimestre si è chiuso in rosso per 241 milioni. Gli accantonamenti aggiuntivi, ha sottolineato Castagna, hanno permesso un «massiccio rafforzamento» dei livelli di copertura dei crediti deteriorati, saliti dal 45 al 50%, e sono stati resi possibili dalla tenuta dell’andamento commerciale: il risultato della gestione operativa si è attestato a 1,72 miliardi (-1,4%), sostenuto dal rimbalzo del business nel secondo semestre (+5,9% commissioni e margine di interesse). Al netto delle componenti straordinarie e dei costi per la chiusura di 300 filiali e l’incentivazione all’esodo di 1.500 dipendenti, tutti spesati nel 2020, l’utile sarebbe stato di 330 milioni. «In linea con le indicazioni della Bce» ai soci andrà un dividendo di 6 centesimi, pari a un monte dividendi di 91 milioni. Sul fronte dell’asset quality l’azione di derisking, inclusa la cessione di 1,3 miliardi di npl, ha ridotto del 22,6% i crediti deteriorati netti, scesi a 4,3 miliardi. Nel 2021 il Covid farà ancora sentire i suoi effetti sul credito anche se la «componente» di costo «aggiuntiva» è attesa a livelli «inferiori» rispetto ai 50 punti base del 2020, con un tasso di default sui 12,2 miliardi di crediti in moratoria previsto «attorno al 2,5%». Castagna sta trattando la chiusura degli accordi di bancassurance con Cattolica, con cui ha in corso un contenzioso («siamo aperti» a una soluzione) e con Covea e ha irrobustito nel 2020 la presenza in Anima, convinto del valore «strategico» dell’asset management. (riproduzione riservata)
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