Selezione di notizie assicurative da quotidiani nazionali ed internazionali
Qual è il bilancio del 2020 della previdenza complementare? Partendo dalle adesioni e attingendo alle elaborazioni statistiche della Covip aggiornate a fine settembre, le forme pensionistiche complementari contano 9,289 milioni di posizioni in essere; la crescita rispetto alla fine del 2019, pari a 172 mila unità (+1,9%), continua a essere inferiore rispetto ai periodi precedenti l’emergere dalla crisi epidemiologica. A tale numero di posizioni, che include anche quelle di coloro che aderiscono contemporaneamente a più forme, corrisponde un totale degli iscritti che può essere stimato in 8,42 milioni. Quello che sembra avere prodotto un effetto benefico almeno in termini di incremento delle iscrizioni è il meccanismo delle adesioni contrattuali, previsto da alcuni contratti di lavoro (il settore edile è stato l’apripista). Rispetto alla fine del 2019 nei fondi negoziali si registrano circa 90 mila posizioni in più (+2,8%), portandone il totale a 3,25 milioni. I maggiori incrementi si riscontrano proprio nel fondo destinato ai lavoratori del settore edile (+47.800 unità) e nel fondo rivolto ai dipendenti pubblici (+12.100 unità). Nelle forme pensionistiche di mercato, i fondi aperti contano 1,593 milioni di posizioni, 42 mila unità in più (+2,7%). Per le polizze individuali pensionistiche (pip nuovi) il totale delle posizioni, 3,46 milioni, è in aumento di 41 mila unità (+1,2%) sempre rispetto a fine 2019.
Si è chiuso un anno difficile anche per il sistema previdenziale. La profonda crisi economica che è derivata dal Covid-19 riverbera i propri effetti sulla sostenibilità di un ordinamento pensionistico obbligatorio a ripartizione, quale è quello italiano, in termini sia di riduzione del flussi contributivi sia di innalzamento del rapporto tra spesa previdenziale e pil. Questo, stima la Ragioneria Generale dello Stato, ha raggiunto un’incidenza del 17% nel 2020. La lunga ombra della crisi si è riflessa poi anche sui fondi pensione con una riduzione della contribuzione e la difficoltà di affrontare l’elevata turbolenza dei mercati finanziari.
Operazione di fine anno per le Generali, che nella mattinata del 31 dicembre hanno annunciato di aver raggiunto un accordo con Axa per rilevare le attività di quest’ultima in Grecia. Il prezzo messo sul piatto dal Leone per rafforzarsi nel Paese, 165 milioni di euro in tutto, rappresenta un multiplo di 12,2 volte rispetto agli utili conseguiti dagli asset ellenici del gruppo francese al termine dello scorso esercizio, valore che come di consueto rimane comunque soggetto a possibili aggiustamenti al momento del closing. Nell’ambito dell’intesa raggiunta, la compagina triestina ha inoltre rinegoziato le condizioni dell’accordo di distribuzione che dal 2007 a oggi ha legato Axa Grecia e Alpha Bank, secondo istituto di credito nazionale con circa 450 filiali distribuite a macchia di leopardo sul territorio. In particolare, la collaborazione – che in origine avrebbe dovuto andare in scadenza nel marzo del 2027 – è stata ulteriormente estesa per altri vent’anni a far data dal closing. A favore di Alpha Bank sono inoltre previsti futuri pagamenti da parte delle compagnie di Generali in Grecia, per importi che verranno tarati in base alle performance effettive che la partnership riuscirà a produrre.
Le assicurazioni italiane si sono dimostrate resilienti davanti alla grande sfida della pandemia. Nessuna esplosione di sinistri perché, almeno questa volta, la storica sottoassicurazione delle imprese e delle famiglie italiane rispetto agli altri mercato europei ha giocato a favore delle imprese assicurative della Penisola evitando perdite ingenti. Niente a che vedere con i 5 miliardi di sterline di rimborsi che quest’anno i Lloyd’s di Londra dovranno sborsare per il Covid-19. Anzi, il blocco della circolazione ha avuto l’effetto di far calare per più di qualche mese i sinistri. Tanto che secondo quanto comunicato dall’Ivass, l’istituto di controllo guidato dal direttore generale di Banca d’Italia Daniele Franco, per la prima volta da quando è entrato in vigore Solvency II, il combined ratio, indicatore di profittabilità delle assicurazioni danni (più è basso meglio è), a giugno scorso era arrivato all’85% rispetto al 92% di giugno 2019. Benefici che le compagnie hanno scelto di retrocedere in parte ai propri assicurati.
Il 2020 per l’industria italiana dei fondi comuni aperti ha segnato un recupero sul fronte della raccolta. Gli ultimi dati della mappa mensile di Assogestioni segnano flussi per oltre 16 miliardi di euro (dato a fine novembre), dai 4,6 miliardi di tutto il 2019, anche se, nonostante il rally dei mercati dopo la prima ondata della pandemia, i risparmiatori sono rimasti molto liquidi e quindi la ripresa della raccolta non è stata così sostenuta come previsto a inizio anno. Eppure le premesse per avere buoni risultati c’erano tutte, a partire dai tassi ai minimi che hanno spinto lo stock di obbligazioni con rendimenti negativi sempre più in alto (oggi si stima siano 17 mila miliardi di dollari nel mondo). Ma lo shock della pandemia ha bloccato i piani di investimento delle famiglie, sia per prudenza di fronte alle incognite di un virus mai visto prima, sia per la crisi economica che ha messo in difficoltà lavoratori autonomi, imprese e dipendenti finiti in cassa integrazione. Non a caso i conti correnti hanno visto un aumento record dei saldi, come segnalano i dati Abi. I depositi delle banche italiane sono cresciuti, a novembre 2020, di oltre 109 miliardi di euro rispetto a un anno prima (variazione pari a +8,3% su base annuale) a 1.715 miliardi (poco sotto il picco di 1.722 miliardi di ottobre). Un importo considerevole, basti pensare che a novembre 2015 era a 1.300 miliardi.
È sempre lo stesso club ristretto, affiancati da uno o due outsider. A vincere il confronto della performance in tutte le classifiche temporali (a 1, a 3 e a 5 anni) sono i gestori di JP Morgan, BlackRock, Morgan Stanley, Franklin Templeton e Janus Henderson. I big delle investment bank Usa sono i padroni della top 5 del rendimento assoluto. È la prima delle 13 classifiche che selezionano per ogni categoria i migliori tra i 15 mila prodotti del risparmio gestito disponibili per gli investitori italiani a cui Milano Finanza assegna il rating AAA.
Schroder, Fidelity e Threadneedle sono, invece, le migliori «squadre» tra le case di investimento. Hanno, cioè, il maggior numero di fondi (più di 20 e fino a 38) con la massima valutazione. La prima, tra le case europee, è la francese Carmignac, seguita da Axa e Allianz. Fideuram e Azimut sono, invece, i migliori gestori italiani tra le super Sgr con più di 4 fondi.
Con l’emergenza sanitaria i lavoratori in smartworking sono aumentati a doppia cifra e con tutta probabilità questa modalità continuerà a essere adottata di più che in passato anche quando sarà finita la pandemia. Tra le criticità c’è la sicurezza informatica, visto che i dispositivi con cui i dipendenti si connettono tra le mura domestiche possono essere poco protetti e quindi diventare bersaglio di attacchi: su questo fronte occorre che le aziende prendano misure adeguate, ma anche gli utenti possono ridurre i rischi con alcuni accorgimenti per difendersi. Secondo la ricerca dell’Osservatorio Smart Working della School of Management del Politecnico di Milano, durante la fase più acuta dell’emergenza lo smartworking ha coinvolto il 97% delle grandi imprese, il 94% delle pubbliche amministrazioni italiane e il 58% delle piccole medie imprese, per un totale di 6,58 milioni di lavoratori agili, circa un terzo dei dipendenti italiani, oltre dieci volte più dei 570 mila censiti nel 2019. A settembre 2020, gli smartworker (che hanno lavorato anche da remoto) sono scesi a 5,06 milioni, suddivisi in 1,67 milioni nelle grandi organizzazioni, 890 mila nelle piccole medie imprese, 1,18 milioni nelle microimprese, 1,32 milioni nella pubblica amministrazione; in media i dipendenti nelle grandi aziende private hanno lavorato da remoto per la metà del loro tempo lavorativo (circa 2,7 giorni a settimana), nel pubblico 1,2 giorni a settimana.
Scattano le manette per i furbetti del superbonus: per chi otterrà indebitamente la maxi detrazione fiscale prevista dal dl 34/2020, se scoperto, saranno dolori, non potendo sottrarsi alle plurime incriminazioni che la nostra legislazione penale prevede proprio per situazioni come queste. Non devono sfuggire, infatti, le fattispecie di frode per la percezione di erogazioni pubbliche e i delitti tributari, e ancor più gravi sono i reati configurabili nel caso di opere mai realizzate o compiute solo in parte o lavori sovrafatturati, senza contare la responsabilità del terzo cessionario del credito di imposta.
L’isopensione resterà in vigore per altri tre anni. La possibilità di andare in pensione sette anni prima con l’esodo Fornero (cosiddetta Isopensione), già operativa per il triennio 2018/2020, infatti, è prorogata fino al 31 dicembre 2023. Durante questo periodo, le aziende potranno prevedere piani di esubero di personale per il prepensionamento dei lavoratori in possesso dei requisiti per ottenere la pensione (vecchiaia o anticipata) entro i successivi sette anni (anziché quattro come previsto ordinariamente, fino al 31 dicembre 2017). Tre le condizioni: che l’anticipo sia massimo di sette anni; che sia frutto di accordo sindacale; e soprattutto che il datore di lavoro sia d’accordo a farsi carico del costo della «retribuzione-pensione» e relativi contributi per il periodo dell’anticipo della pensione. A stabilirlo è la legge di Bilancio 2021 che, il 30 dicembre scorso, è stata approvata in via definitiva.
- Assicurazioni Generali compra Axa Grecia per 165 milioni di euro
Generali consolida la sua presenza in Grecia siglando un accordo per l’acquisizione da Axa Group del 100% di Axa Insurance Grecia per un corrispettivo di 165 milioni. Inoltre Generali ha rinegoziato l’accordo di distribuzione tra Axa Grecia e Alpha Bank in scadenza a marzo 2027, estendendolo per 20 anni dal closing. L’acquisizione, spiega il gruppo in una nota, è in linea con la strategia di rafforzare la leadership in Europa e crescere nei rami danni e salute. Axa Grecia è una compagnia assicurativa profittevole e tra le prime dieci in Grecia, e oltre a una solida posizione di mercato nei segmenti danni e salute vanta anche una consolidata presenza nel comparto Vita. Nel 2019 Axa Grecia ha registrato una raccolta premi lordi per circa 168 milioni di euro. Distribuisce i propri prodotti principalmente attraverso Alpha Bank e una rete di oltre 600 agenti. Generali è attiva in Grecia dal 1886, è la sesta compagnia di assicurazioni, con una quota di mercato del 5,3% e più di 305.000 clienti in tutto il territorio greco.
- Generali cresce in Europa: rileva Axa Grecia per 165 milioni di euro
«Rafforzare la leadership in Europa e crescere nell’esposizione ai rami danni e salute». È questo l’obiettivo dell’acquisizione con cui Generali ha chiuso il 2020 con Axa Group che ha preso il 100% di Axa Insurance Grecia per 165 milioni. Una cifra che rappresenta un multiplo di 12,2 volte gli utili 2019. Axa Grecia è tra le prime dieci compagnie assicurative in Grecia, con una solida posizione di mercato nei segmenti danni e salute e una consolidata presenza nel comparto Vita. La mission dell’operazione è proprio rafforzare la presenza del gruppo in Grecia ma anche riaffermare un ruolo di leadership nel mercato assicurativo europeo. Oltre all’acquisizione, Generali ha rinegoziato l’accordo di distribuzione in essere tra Axa Grecia e Alpha Bank in scadenza a marzo 2027, estendendolo per 20 anni dal closing. «Una rinnovata partnership — ha spiegato il gruppo — in linea con l’ambizione di Generali di potenziare il canale di bancassurance con l’obiettivo di rafforzare le vendite di prodotti Danni».
- Generali più forte in Grecia: rilevati gli asset di Axa
Generali prosegue la sua espansione in Europa e lo fa con un’operazione a fine anno. La compagnia triestina ha infatti siglato il 31 dicembre un accordo per l’acquisizione da Axa Group del 100% di Axa Insurance Grecia per un corrispettivo di 165 milioni: con un multiplo di 12,2 volte gli utili 2019, soggetto ad aggiustamenti al closing. Inoltre, Generali ha rinegoziato l’accordo di distribuzione in essere tra Axa Grecia e Alpha Bank in scadenza a marzo 2027, estendendolo per 20 anni dal closing. L’acquisizione è in linea con la strategia di Generali di rafforzarsi in Europa e crescere nell’esposizione ai rami danni e salute. Il deal rientra inoltre nel contesto delle nuove opportunità offerte dall’attuale situazione di mercato, di cui ha parlato nei mesi scorsi l’amministratore delegato, Philippe Donnet. La compagnia italiana ha 3 miliardi di euro pronti per le acquisizioni.
- Per la ripartenza dei Pir non basta la leva fiscale
Nel 2021 i Pir Alternativi potrebbero registrare quella crescita fino ad oggi mancata, grazie al nuovo beneficio fiscale introdotto dalla Legge di Bilancio (credito d’imposta del 20%, pari alle perdite subite nell’anno 2021 da diluire in un decennnio per chi mantiene l’investimento per 5 anni). Questa misura riduce il profilo di rischio e rafforza uno strumento nato per favorire quel circolo virtuoso di capitali dagli investitori all’economia reale (devono investire almeno il 70% in imprese residenti in Italia o in Europa diverse da quelle del Fste Mib e Fste Mid Cap o di indici equivalenti o in prestiti erogati a queste imprese o nei loro crediti). Di questo è convinto Domenico Del Borriello, country manager di Muzinich. «Siamo stati tra i primi a credere nel potenziale della diversificazione in real asset – sottolinea -, ma in un momento come questo di avversione al rischio era importante rassicurare l’investitore sulla protezione del suo capitale.
- Come migliora l’edufin degli italiani
La buona notizia è che negli ultimi tre anni l’educazione finanziaria degli italiani è migliorata. La cattiva è che è migliorata poco, in modo diseguale, lasciando ampie voragini distorsive nella mente di chi si trova a gestire il proprio denaro, in un modo o nell’altro. L’indagine della Banca d’Italia realizzata a inizio 2020, alla vigilia della pandemia, sull’educazione finanziaria degli italiani individua quattro tipologie di risparmiatori: gli esclusi, che rappresentano il 21% della popolazione (erano il 27,5% nell’analoga indagine del 2017), gli incompetenti (30,1% dal 35,9%), i competenti (31,7% dal 20,2%) e gli esperti passati al 17,2% dal 16,5%. Dunque un miglioramento incoraggiante, che va sottolineato e rimarcato.
- Compensi ai manager con criteri chiari