di Anna Messia
Il factoring europeo cerca una soluzione al fotofinish per evitare che la nuova definizione di default, in vigore dal primo gennaio, trasformi improvvisamente in non performing loan 25,5 miliardi di euro di crediti commerciali. A sedere al tavolo per l’Italia è Diego Tavecchia, presidente della commissione Prudential risk di Euf, la federazione del factoring europeo, che racconta dei serrati incontri che l’associazione sta conducendo in questo periodo con l’autorità bancaria europea. «Il tema non è solo italiano, dove il conto rischia di essere da 3,8 miliardi considerando solo le imprese ed escludendo la pubblica amministrazione», dice aggiungendo che «anche in Germania, Polonia, Portogallo o Spagna si registrano impatti analoghi e vi è il rischio di classificare in default imprese, specie di piccole e medie dimensioni, che invece sono sane». Una questione caldissima quella della nuova definizione di default che scatta in caso di ritardi nei pagamenti oltre i 90 giorni, con una cifra superiore all’1% del totale. Le richieste di proroga e di maggiore elasticità stanno arrivando trasversalmente da banche, industria e commercianti alla luce del fatto che la regolamentazione era stata pensata nel 2014, in un quadro lontano anni luce rispetto a quello attuale. «Il problema è ancora più grave per i crediti commerciali che hanno caratteristiche molto diverse da un fido bancario», sottolinea l’esperto, «e proprio facendo leva su queste caratteristiche stiamo dialogando con l’Eba per trovare una soluzione condivisa». La strada individuata sarebbe di sospendere il conteggio dei 90 giorni delle fatture scadute in assenza di criticità del debitore, considerando che i ritardi nei pagamenti dei crediti commerciali sono spesso di natura tecnica e non finanziaria. «Prima di pagare una fattura le imprese devono accertarsi di aver ricevuto un servizio adeguato a quanto stabilito nel contratto, per esempio», spiega Tavecchia e per questo motivo «l’idea per evitare falsi default di imprese sane potrebbe essere di aumentare dai 30 giorni attuali a 60 o 90 il periodo previsto per effettuare le verifiche sulle fatture da pagare». Novità che richiederebbe però una modifica normativa, con tempi lunghi, mentre la partenza delle nuove regole è imminente. «Nell’immediato si potrebbe congelare il conteggio dei 90 giorni per le fatture delle imprese più sane, quelle che hanno un elevato rating creditizio o non hanno esposizioni scadute con il sistema bancario, per il tempo necessario a verificare i motivi del ritardo», conclude, «evitando così di mandare in default imprese per ragioni operative». In questo caso potrebbe bastare un’interpretazione più elastica delle norme attuali, anche se l’ultima parola spetta sempre all’Eba. (riproduzione riservata)
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