Le settimane di festività non dovrebbero interrompere il complesso lavoro in corso al vertice di Unicredit. Il cda della banca sta seguendo il lavoro del comitato nomine (presieduto da Stefano Micossi) e dell’head hunter Spencer Stuart per la selezione del nuovo ceo che, probabilmente già nella prima metà di gennaio, raccoglierà il testimone da Jean Pierre Mustier. La fretta di chiudere la partita è comprensibile perché un gruppo con le dimensioni e la complessità di Unicredit non può permettersi di restare a lungo senza una gerarchia definita. Gli amministratori però hanno ben presente che la scelta dovrà rispettare il delicatissimo equilibrio tra gli stakeholder. In primo luogo ci sono i grandi fondi che, a partire da BlackRock, detengono oggi circa tre azioni Unicredit su quattro e chiedono al board un candidato di standing internazionale. Poi c’è la Bce che, sotto la supervisione del responsabile della vigilanza Andrea Enria, sottoporrà il candidato a un severo fit and proper assessment valutandone sia la professionalità che l’onorabilità, come avviene per tutte le systemically important financial institution. Quindi si dovrà tener conto del parere della componente tedesca che, pur minoritaria nel capitale, ha ancora un certo peso nella governance della banca nonché una presenza stabile nel consiglio di amministrazione. Questa componente (capitanata da Allianz con il suo 1,13%) sarà senza dubbio molto attenta alle ricadute che la nomina avrà in Germania dove il gruppo è ben presente attraverso Hvb. Uno stakeholder assai particolare ma certamente attento per l’evoluzione della vicenda è il Tesoro. Via XX Settembre oggi non ha nemmeno un’azione in portafoglio ma ha identificato in Unicredit l’interlocutore perfetto per la privatizzazione di Mps. Nelle intenzioni di Roma il deal dovrebbe prendere quota nella prima metà del 2021 ma ovviamente tutto dipenderà dal successore di Mustier. Trovare un punto di equilibrio tra queste quattro componenti non sarà semplice, ma il board è al lavoro. Nel frattempo la lista dei candidati si sta registrando. Malgrado il pressing istituzionale Marco Morelli (presidente esecutivo di Axa Investment Management) si sarebbe dichiarato indisponibile per l’incarico e così avrebbe fatto anche il fondatore di Illimity, Corrado Passera. In lizza resterebbero Fabio Gallia (Fincantieri), Victor Massiah (ex Ubi), Andrea Munari (Bnl), Alberto Nagel (Mediobanca) e Bernardo Mingrone, cfo di Nexi. Le quotazioni di quest’ultimo sono risalite non solo per il fatto che prima di entrare nel gruppo di digital payment aveva già lavorato in Unicredit (2008-2010 e 2015-2016) e in Mps (2012-2015). Ma anche perché nella possibile revisione della governance di Nexi, successivamente alla fusione con l’olandese Nets e l’integrazione con Sia, andranno ridefiniti pesi e ruoli nel board e nel management. E se la presidenza del polo andrà a Cdp (primo socio con il 18%) e il ruolo di ad resterà nelle mani di Paolo Bertoluzzo, i manager di Nets vorranno qualche poltrona di spessore. (riproduzione riservata)

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