Selezione di notizie assicurative da quotidiani nazionali ed internazionali
Parola d’ordine: ibrido-digitale. Il modello che la pandemia sta imponendo a molte realtà aziendali è stato analizzato ieri nell’ambito del Milano Festival delle Assicurazioni organizzato da Class Editori. Un sondaggio effettuato a inizio mese da Assinews su un campione di 201 soggetti (146 agenti assicurativi e 55 broker) – secondo quanto ha spiegato Enzo Furgiuele, formatore e consulente della società – ha indagato come le compagnie assicurative abbiano gestito la situazione pandemica e quali siano stati gli effetti sulle attività di agenti e broker. Nei mesi di totale lockdown, oltre l’80% degli sportelli d’intermediazione sono rimasti aperti, il che dimostra come la relazione con il cliente sia rimasta presidiata. Di questa percentuale, quasi il 60% ha lavorato in smartworking (nel 26,4% ha riguardato tutto il personale, mentre nel restante 32,8% dei casi è stato soltanto parziale). L’elemento clou che la ricerca ha rilevato riguarda però i clienti: il 94,1% ha infatti mostrato di apprezzare la formula smartworking, a fronte del 5,9% che invece ha lamentato l’assenza fisica di un interlocutore.
Anche in tempi di Covid-19 le compagnie assicurative si sono mostrate reattive: sfruttando il processo di digitalizzazione dei processi sanitari già in atto hanno messo a disposizione dei clienti strumenti adeguati a rispondere alle più svariate esigenze. «La digitalizzazione globale è un’opportunità, ma non bisogna sottovalutarne le problematiche», ha messo in guardia Samuele Marinello, health risk manager di Assinews, nel corso di un incontro della seconda edizione del Milano Festival delle Assicurazioni organizzata da Class Editori. «È un nuovo approccio e come tale presenta anche rischi: per le compagnie il possesso di un’ingente mole di dati può portare al superamento della mutualità assicurativa», ha osservato il manager, sottolineando come «a oggi la sfida più grande sia essere il più vicino possibile ai clienti con una serie di servizi collaterali, affiancandoli nel momento in cui devono approcciarsi alle pratiche sanitarie». Secondo Flavia Riccardo, del Coordinamento della Sorveglianza Epidemiologica dell’Iss, le esigenze variano in maniera dinamica soprattutto in relazione alla pandemia che «resta in fase acuta, anche se la trasmissibilità si sta riducendo». Si è assistito a un cambio di scenario radicale, come ha testimoniato l’ad di Aon e Aon Advisory Solutions Enrico Vanin. Fino a poco fa un rischio pandemico era pressoché escluso in gran parte delle polizze, mentre oggi figura tra i fattori più importanti.
Le limitazioni al movimento imposte dal Covid hanno impresso un’ulteriore accelerazione alle tecnologie applicate al mondo assicurativo. Un ambito, quello dell’insurtech, in cui ancora una volta l’Italia è fanalino di coda in Europa, in colpevole ritardo sulla concorrenza. Il ceo e cofunder di Axieme Group, Edoardo Monaco, ha rilevato come a livello nazionale ci sia un’enorme fatica a fare investimenti: «i dati sono imbarazzanti per un mercato così importante». Anche se sono stati fatti passi in avanti sui fronti normativo e di fundraising, resta un evidente gap culturale. «All’Italia manca una cultura all’investimento» ha chiarito il top manager. Che l’Italia arranchi lo ha messo in evidenza anche Simone Ranucci Brandimarte, presidente e cofondatore di Italian Insurtech Association.
Sui mercati torna lo spettro di una crisi in stile mutui subprime del 2007. Questa volta, però, a innescare la valanga potrebbero non essere gli immobili residenziali ma quelli commerciali, con negozi, uffici e alberghi ormai vuoti o chiusi per via delle restrizioni imposte dai governi per arginare la pandemia. Una situazione destinata dunque a far aumentare le insolvenze dei titoli garantiti da asset commerciali. Se a questo si aggiunge anche l’incremento dei tassi di Special Servicing (vale a dire quelli applicati dai fornitori di servizi di ristrutturazione del debito), si comprende bene l’entità delle potenziali perdite in capo a molte istituzioni finanziarie. Basti pensare che, secondo Trepp, tra i leader nella fornitura di dati nel settore dei mutui cartolarizzati, il numero di insolvenze dei Cmbs (Commercial Mortage-Backed Securities, cioè titoli garantiti da ipoteca commerciale) e i tassi di Special Servicing stanno raggiungendo i livelli massimi osservati durante la crisi del 2007. Anche se, sottolinea Althea Spinozzi del Centro Studi Bg Saxo, «sembra che i tassi di insolvenza stiano diminuendo dal precedente picco di luglio, nella realtà dei fatti sono state concesse alcune eccezioni su molti prestiti, il cui giudizio non è stato quindi aggiornato a «insolvente», nonostante questi continueranno ad essere gestiti dalle società di Special Servicing». Occorrerà tuttavia attendere qualche mese per poter capire meglio se molte attività commerciali saranno effettivamente in grado di ripagare i propri debiti, mentre appare evidente come i settori che stanno soffrendo maggiormente a causa della pandemia siano quelli della vendita al dettaglio e delle attività alberghiere.
- Medici e infermieri, picco di contagi
Il primo è Roberto Stella, presidente dell’Ordine dei medici di Varese, deceduto l’11 marzo. L’ultimo è il numero 198: Luciano Bellan, medico di medicina generale scomparso ieri, 18 novembre. Filippo Anelli, presidente della Federazione dell’Ordine dei medici, commenta così, con una citazione di Giuseppe Ungaretti, la spoon river digitale sul sito: «I morti non fanno rumore, non fanno più rumore del crescere dell’erba». Medici e infermieri sono in trincea dai primi giorni di diffusione del Covid, ma i numeri che li riguardano crescono in modo impressionante, con un picco negli ultimi giorni. Da metà febbraio a oggi, il totale dei contagiati è di 58.950. Gli infermieri sono il 45,7 per cento. «La cosa ancora più preoccupante — spiega Antonio Di Palma, presidente del sindacato degli infermieri Nursing Up — è che negli ultimi 30 giorni sono stati rilevati 22.517 operatori sanitari infetti, 11 mila dei quali infermieri. Quindi il 40% si è infettato negli ultimi 30 giorni». Altri dati che fanno capire l’entità del fenomeno: la media è di 500 infermieri contagiati al giorno. Di Palma calcola che la media di contagi è del 4% del personale, con picchi del 12, «mentre in Cina nei momenti peggiori hanno raggiunto il 3,8 e mentre l’Oms prevede che, durante una pandemia, sia di poco superiore a zero».
- Generali, nel piano più utili e fino a 5 miliardi di dividendi
In un periodo caratterizzato dalla pandemia globale e dalle sue conseguenze economiche, Generali presenta nell’Investor day l’aggiornamento al piano industriale al 2021 confermando le strategie e dichiarando il proprio pieno impegno nel raggiungimento dei target finanziari. «Siamo solidi e resilienti come dimostrano i dati appena pubblicati ai nove mesi dell’anno. La nostra strategia è efficace e ancora più valida nell’attuale contesto di mercato», ha detto il group ceo Philippe Donnet agli analisti,«il gruppo sta affrontando la più grave crisi mondiale del dopoguerra facendo leva sui propri punti di forza: esecuzione disciplinata della strategia, focus sull’accelerazione tecnica, forte rete distributiva e modello di business diversificato». Gli obiettivi finanziari per il triennio 2019-2021 restano dunque confermati rispetto al piano originale: aumento degli utili per azione del 6-8% l’anno; dividendi in crescita a 4,5-5 miliardi con un range di dividend pay out del 55-65% (soggetto al contesto regolatorio); rendimento per gli azionisti nel 2019 e 2021 superiore all’11,5% mentre per il 2020 si stima un impatto dal covid e da oneri non ricorrenti; riduzione del debito pari a 1,9 miliardi, target già raggiunto con un anno di anticipo; risparmi per 300 milioni, con 100 milioni aggiuntivi rispetto all’obiettivo iniziale.
- Unipol-Ambrosetti: tassazione agevolata sulla previdenza complementare
«Oggi un terzo della spesa sanitaria viene pagata di tasca propria dalle famiglie. Se come Paese non programmiamo forme di collettivizzazione di questa spesa, domani solo i ceti più abbienti potranno pagarsi cure di qualità». Non c’è esempio migliore per chiarire l’importanza della spesa per il welfare e il suo ruolo nella definizione del «modello Paese» a cui si vuole tendere. A mettere in campo il dato ieri è stato Carlo Cimbri, il group ceo di Unipol Gruppo durante l’edizione 2020 del Rapporto «Welfare, Italia» sviluppato da Unipol Gruppo con The European House – Ambrosetti, con il sostegno di un comitato scientifico composto da Veronica De Romanis, Giuseppe Guzzetti, Walter Ricciardi e Stefano Scarpetta. Quest’anno il forum ha prodotto un indice della capacità delle Regioni di rispondere ai bisogni di welfare. I primi due posti vanno nell’ordine alle province autonome di Trento e Bolzano. Sul podio al terzo l’Emilia Romagna. Seguono Friuli- Venezia Giulia, Umbria, Valle D’Aosta e Liguria. All’ultimo posto la Calabria. Risalendo dal fondo, Campania, Basilicata, Puglia e Sicilia. Il think tank di Welfare Italia ha anche prodotto tre proposte. Uno: interoperabilità delle banche dati della sanità per risparmiare 4,5 miliardi l’anno con cure migliori. Due: un piano di politiche attive del lavoro per aumentare gli occupati di 200 mila unità l’anno. Tre: aumento della flessibilità della previdenza complementare e tassazione agevolata all’11,5% sui rendimenti accumulati.
- Generali conferma il piano: dividendo appena possibile e la banca non si vende
In piena pandemia, anzi alle prese con la seconda ondata dell’emergenza sanitaria, confermare il business plan di due anni fa e gli obiettivi al 2021 è già un successo. Generali, ormai vicina a concludere il secondo anno di piano industriale, ieri ha fatto il punto con un Investor day – intermedio e virtuale, causa Covid – su quanto era stato stato annunciato allora e che continua ad essere valido. Nonostante il Covid. L’unica parziale sorpresa – nell’importo, non nella sostanza, già nota è l’aumento di capitale da 400 milioni di franchi che verrà realizzato in questo scorcio d’anno sulla controllata svizzera, per rafforzarne la solidità patrimoniale messa sotto pressione dal portafoglio di polizze unit linked a rendimento garantito. Quindi, in estrema sintesi, confermati l’aumento degli utili per azione compreso tra il 6 e l’8% medio annuo composto nel periodo 2018-21; dividendi cumulati 2019-2021 tra i 4,5 e i 5 miliardi («Riteniamo la seconda parte del dividendo 2019, che il regolatore non ci ha permesso di distribuire, appartenga agli azionisti », ha sottolineato ieri Philippe Donnet, amministratore delegato della compagnia); riduzione del debito finanziario pari a 1,9 miliardi, obiettivo peraltro raggiunto con un anno di anticipo rispetto alle previsioni e un risparmio pari a 200 milioni in termini di minori interessi (rispetto al 2017); infine, taglio dei costi per 300 milioni, 100 in più di quanto preventivato dal piano. Unica piccola pecca, il Roe (un indicatore di redditività) che era stato preventivato maggiore dell’11,5% nei tre anni, che invece per il 2020 è impattato dal Covid e da oneri non ricorrenti.
- Welfare Italia: debito da guerra, sulla sanità serve una svolta
L’Italia è costretta a spendere risorse indebitandosi per far fronte a una «economia di guerra», e «come un bravo amministratore d’impresa, non prendo il debito da chi mi è più simpatico, lo prendo dove costa meno. E se il Mes costa meno, oggi sarei felice come cittadino che si ponesse fine a questo dibattito ideologico». Lo ha detto Carlo Cimbri, ceo del gruppo Unipol, durante il Welfare Italia Forum 2020 sviluppato assieme a The European House-Ambrosetti. L’analisi ha messo in luce come l’emergenza sanitaria legata alla pandemia Covid si sia «trasformata in una crisi socio-economica senza precedenti» per il paese, tanto che si prevede un calo del Pil per il 2020 del 10,8% con un rapporto debito pubblico/Pil che potrebbe raggiungere livelli da «economia di guerra» (158,9%) ovvero un solo punto percentuale in meno rispetto al picco storico registrato durante la Prima Guerra Mondiale. E le ricadute occupazionali sono altrettanto significative: nei primi 6 mesi 2020 sono già stati persi oltre 800mila posti di lavoro rispetto allo stesso periodo del 2019.
- Imprese tedesche, il rischio epidemie non è in testa alle preoccupazioni