di Luisa Leone
Nessuna buona nuova per il debito italiano, anzi l’Europa vede decisamente più nero del governo italiano per i prossimi anni. È quanto emerge dalle Previsioni d’Autunno pubblicate ieri dalla Commissione, nelle quali il rapporto debito/pil viene indicato al 159,6% nel 2020, non distante dal 158% previsto dall’esecutivo nella Nota di aggiornamento al Def. Ma la doccia gelata arriva per gli anni successivi, con Bruxelles che ancora nel 2022 proietta il dato al 159%, mentre per Roma dovrebbe attestarsi al 153,4%. Non solo, per la Ue, c’è anche il rischio che la previsione possa rivelarsi persino ottimistica, per via «delle misure di supporto alla liquidità per le imprese, incluse le garanzie pubbliche». E se negli anni passati a giustificare discrepanze quasi sempre presenti tra le stime europee e quelle italiane c’era il fatto che l’Ue non teneva in considerazione l’attivazione degli incrementi iva e scontava di molto gli introiti previsti per le privatizzazioni, in questo caso non ci si può appellare a queste differenti punti di vista. Ora questo non vale più, perché le clausole di salvaguardia sono state sterilizzate e di privatizzazioni non si parla più, se non per una parte residuale nel settore immobiliare pubblico.
Va comunque registrato che il commissario agli Affari Economici, Paolo Gentiloni, ieri in conferenza stampa ha rassicurato: «Credo che non ci sia oggi alcuna preoccupazione sulla sostenibilità» del debito dell’Italia e di altri Paesi Ue, aggiungendo però: «C’è la necessità, nel medio periodo, di mettere il debito in un percorso di sostenibilità e credo che questa preoccupazione sia pienamente condivisa dal governo italiano». L’esecutivo, con il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri, ha indicato il ritorno ai livelli pre-covid nell’arco di un decennio, definendo il percorso credibile.
Quanto agli altri indicatori macroeconomici, la Commissione ha migliorato la stima del pil per il 2020 – dopo il vigoroso rimbalzo estivo – portandola dal -10,8% previsto inizialmente al -9,9% (da -8,7 a -7,2% la stima per l’intera Ue), ma tagliando la ripresa del prossimo anno dal 6% (che è anche la stima del governo italiano) al 4,1%. I livelli pre-pandemia, per Bruxelles, non si raggiungeranno neanche entro il 2022, come quasi in tutto il resto d’Europa del resto. Infine, sul fronte dei mercati finanziari, finora piuttosto stabili nelle turbolenze macroeconomiche, si indica un rischio di destabilizzazione dal nuovo più cupo scenario economico, anche se attualmente si sta assistendo piuttosto a uno scollamento tra andamento dell’economia reale e dei mercati. Grazie anche alle imponenti politiche monetarie e fiscali che hanno sostenuto le aspettative degli investitori verso la ripresa. (riproduzione riservata)
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