di Giorgio Petrella
La pandemia ha colpito duramente le pmi italiane, che quest’anno subiranno un calo del fatturato tra l’11 e il 16,3%. A rischio ci sono 2 milioni di posti di lavoro sul totale delle imprese private. A stimarlo è il rapporto Cerved Pmi 2020, simulazione condotta da Cerved sul totale delle imprese private. Con nuove chiusure i disoccupati salirebbero a 1,9 milioni e a 68 i miliardi di euro in meno di capitale (7,7%).
La doppia recessione che ha colpito l’economia italiana nel 2008-09 e nel 2013-14 ha innescato un processo di selezione che ha reso le pmi più solide dal punto di vista patrimoniale e finanziario. Inizialmente per effetto del credit crunch e anche grazie a una serie di misure di incentivo fiscale gli imprenditori hanno rafforzato la capitalizzazione delle imprese, che è cresciuta tra 2007 e 2019 del 72%. Questo ha fatto quasi dimezzare il leverage delle pmi, passato dal 115% al 61%. Le aziende hanno anche beneficiato della politica espansiva della Bce e dei bassi tassi di interesse. Grazie alla maggiore solidità sono anche diventate più disciplinate nei pagamenti: i giorni di ritardo nel saldo delle fatture sono scesi dai 14,7 del 2014 ai 9 di marzo 2020.
Poi si è abbattuto lo tsunami Covid19, le fatture inevase sono passate dal 29% di gennaio 2020 al 45% di maggio (per ridiscendere al 37% in estate) e anche la natalità delle imprese è in forte calo: nei primi 8 mesi del 2020 è stato perso un quarto delle nuove nate rispetto allo stesso periodo del 2019. Gli interventi legislativi hanno invece impedito un aumento dei fallimenti e delle liquidazioni volontarie, che potrebbero però manifestarsi nei prossimi mesi.
Stessa analisi per quanto riguarda gli score economico-finanziari: le pmi con un bilancio rischioso sono passate da 37.000 nel 2007 a 17.000 nel 2019, mentre quelle con un bilancio più solido sono cresciute da 60.000 a 93.000. Il Cerved Group Score Impact, che stima l’impatto del Covid sulla probabilità di default delle imprese italiane, indica però che la lunga fase di rafforzamento delle pmi si è interrotta a causa della pandemia e che le imprese a rischio potrebbero ora quasi raddoppiare passando dall’8,4% al 16,3% (e addirittura al 21,4% in caso di nuovi lockdown) e superando il precedente picco del 2014. L’aumento del rischio sarà asimmetrico, concentrandosi nei settori dell’industria, dei servizi e delle costruzioni, mentre aumenterà in modo solo marginale nell’energia e nelle utility e tra le aziende agricole. (riproduzione riservata)
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