di Anna Messia
La compagnia inglese Aviva prepara il riassetto delle attività italiane con la dismissione di asset considerati non più strategici, replicando quanto fatto in altri mercati europei. Una scelta che nulla sembra avere a che fare con i risultati. Per Aviva Italia, guidata da Ignacio Izquierdo, il primo semestre si è chiuso anzi in evidente crescita. Nonostante la pandemia l’utile operativo è stato di 135,9 milioni, con un aumento del 27% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno mentre gli asset under management sono saliti a 34,6 miliardi (+1,5%) e una raccolta netta di 1,2 miliardi. Ma la direzione impressa al gruppo dal nuovo ceo Amanda Blanc appare chiara: bisogna focalizzarsi sulle attività core in Gran Bretagna, Irlanda e Canada. Cosi già da settimane si cercano compratori per parte delle attività francesi (che sembrano aver destato l’interesse pure di Generali) e polacche e ora tocca evidentemente anche all’Italia. Nella Penisola Aviva ha una partnership storica con Ubi che scade a metà dell’anno prossimo. Il passaggio della banca di Bergamo a Intesa porterà alla naturale conclusione di quell’accordo per il quale sarebbero già state fissate le condizioni economiche. Ma in ballo c’è anche dell’altro. Nei giorni scorsi come anticipato da MF-Milano Finanza, è stata avviata la vendita del portafoglio di polizze distribuite da Aviva per il tramite di Unicredit stimata in 3-4 miliardi in termini di raccolta premi. Ma non solo. Secondo quanto risulta a MF-Milano Finanza, il mandato affidato alla banca d’affari Morgan Stanley sarebbe più ampio e comprenderebbe anche Aviva Italia, ovvero la compagnia danni che distribuisce i suoi prodotti tramite una rete di agenti plurimandatari. L’idea, insomma, è quella di procedere con una sorta di spezzatino per individuare il migliore offerente per le attività non più core messe sul mercato dalla compagnia inglese ma questo non comporterà l’uscita di Aviva dall’Italia. Izquierdo, secondo quanto risulta a MF-Milano Finanza sarebbe infatti pronto a prorogare la partnership con Unicredit per altri 12 mesi e anche gli accordi distributivi con altri istituti, in particolare con Banca Fineco, (ma nel carnet spunta anche la Banca popolare di Bari), restano ben saldi. Ma quello in atto è comunque un profondo riassetto per Aviva in Italia destinato a ridimensionarne la presenza nella Penisola. Per quanto riguarda invece il portafoglio di polizze preesistenti collocate tramite Unicredit a farsi avanti sarebbero stati in particolare operatori specializzati nel run-off (la gestione delle polizze fino a scadenza) ovvero in particolare Cinven (che in Italia controlla Eurovita), Athora Holding (che fa capo ad Apollo) e GamaLife, guidata in Italia da Matteo Castelvetri. Gli stessi operatori che avrebbero mostrato interesse pure per il portafoglio di polizza Vita messo sul mercato da Allianz (notizia che dal gruppo tedesco ha ricevuto un «no comment») in questi mesi. Anche quest’ultimo è un dossier che si sta scaldando: in ballo, come noto, c’è un pacchetto che vale i 300-400 milioni di premi, la cui vendita per Allianz potrebbe avere il vantaggio di aumentare il Solvency Ratio, liberando capitale. Una cessione, anche questa affidata a Morgan Stanley, che sarebbe simile a quella realizzata da Generali in Germania nel 2018 con la dismissione della quasi totalità di Leben a Viridium, il gruppo tedesco specializzato nel ramo primo che fa capo al fondo di private equity Cinven e al riassicuratore Hannover Re. Nel caso di Allianz gli asset oggetto della trattativa sarebbero decisamente più contenuti di quelli che si sono mobilitati con l’operazione Leben in Germania, che ha consentito al Leone di realizzare un incasso complessivo di 1,9 miliardi con un impatto positivo di circa 43 punti di Solvency, ma comunque decisamente significativi, con una valorizzazione stimata in circa 60-70 milioni. Operazione che aprirebbe anche in Italia al maxi riassetto di vecchie polizze vita con minimi garantiti, con operatori specializzati pronti all’acquisto e le compagnia venditrici interessate a incassare un aumento del Solvency II, come appunto nel caso di Unicredit-Aviva. (riproduzione riservata)
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