di Emanuele Barberis* e Antonino Guida**
L’Agenzia delle Entrate fornisce importanti chiarimenti sulla possibilità di adottare piani welfare di natura premiale, diversi da quelli strettamente correlati ai premi di risultato di fonte sindacale, a favore del personale dipendente o di loro categorie omogenee. Con la recentissima Risoluzione n. 55/E del 25 settembre 2020 è, infatti, riconosciuto espressamente l’accesso al regime fiscale di favore per l’erogazione di beni, prestazioni e servizi welfare, anche per mezzo di un piano welfare unilateralmente accordato dal datore di lavoro. Vengono tuttavia enunciati una serie di requisiti che dovranno necessariamente essere tenuti in considerazione nell’implementazione dei regolamenti istitutivi del welfare aziendale di natura premiale, alcuni in linea con la prassi delineatasi sino ad oggi e altri in parziale antitesi rispetto alla stessa.
Tra i presupposti indefettibili per l’applicazione del regime fiscale sopra richiamato spicca indubbiamente la «finalità» stessa del piano di welfare aziendale, che deve risiedere unicamente nella gratificazione dei dipendenti per il raggiungimento di obbiettivi aziendali come, per esempio, l’incremento del fatturato. In tale ipotesi, infatti, l’Agenzia delle Entrate ritiene prevalente la finalità di retention del piano, in quanto volto alla fidelizzazione dei dipendenti. L’Agenzia chiarisce altresì come in tal caso sia possibile prevedere una gradazione nell’erogazione del benefit welfare in base alla retribuzione dei dipendenti, mentre non appaia coerente una ripartizione del benefit in ragione delle loro presenza o assenza in azienda. Nella Risoluzione in commento viene così statuito come non possa trovare applicazione il regime di totale e/o parziale esenzione fiscale e contributiva in tutte le ipotesi in cui la struttura del piano welfare «risponda a finalità retribuite» (ad esempio per incentivare la performance del lavoratore o di ben individuati gruppi di lavoratori). Il benefit welfare non può, in definitiva, assumere la natura di mero corrispettivo di una controprestazione del dipendente, tipica del sinallagma del rapporto di lavoro e dei sistemi di incentivazione variabile di natura monetaria, ciò sulla base del principio generale per cui l’assegnazione di tale benefit non può mai comportare un aggiramento degli ordinari criteri di determinazione del reddito di lavoro dipendente. La Risoluzione si pone, invero, in contrapposizione rispetto a precedenti prassi della stessa Agenzia delle Entrate con cui si era ammessa la possibilità di collegare l’assegnazione del valore welfare (purché omogenea all’interno della categoria dei beneficiari) anche al raggiungimento di obbiettivi di performance individuali. La linea di demarcazione tra «performance» lavorative e obiettivi aziendali potrebbe creare delle criticità in sede di verifica da parte dell’Agenzia delle Entrate. Appare chiara, pertanto, la necessità di un ripensamento degli attuali piani welfare ove gli stessi fossero stati strutturati come un «classico» strumento di incentivazione, improntato principalmente a premiare/remunerare le performance individuali o di gruppi di lavoratori, anziché come un sistema premiale «aziendale», quale parte integrante di una diversa filosofia di fidelizzazione del personale.
Da ultimo, va notato che la Risoluzione rinnova l’attenzione su alcuni aspetti prettamente operativi nella strutturazione dei piani welfare, tra cui: (i) il divieto di cd. «bonus sacrifice», ossia la scelta del dipendente di poter optare per l’assegnazione di un credito welfare «in sostituzione di retribuzioni che sarebbero state altrimenti imponibili»; (ii) l’estraneità del dipendente nella strutturazione dei meccanismi di fruizione delle prestazioni di cui all’art. 51, comma 2, lettera f), del Tuir (ad esempio nella composizione del proprio pacchetto di viaggio-vacanza) e (iii) per quanto riguarda la piena deducibilità ai fini Ires dei costi correlati al piano welfare, la necessità di un obbligo negoziale da parte del datore di lavoro, assumibile mediante un regolamento non revocabile e modificabile dallo stesso, di riconoscere, al ricorrere delle convenute condizioni, i beni e servizi ai relativi beneficiari. (riproduzione riservata)
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