di Andrea Pira
Dal prossimo anno l’export italiano tornerà a crescere. Una ripresa «relativamente rapida», che farà registrare un’espansione del 9,3%. Le previsioni sono contenute nell’ultimo rapporto Sace, presentato ieri e intitolato Open (again) nell’auspicio che superate le chiusure del lockdown, protezionismi e tensioni commerciali l’esportazione del Made in Italy possa riprendere. La società di assicurazione credito e sostegno all’export, pur continuando a esortare alla cautela, guarda al futuro con cauto ottimismo, spiega a MF-Milano Finanza il capo economista Alessandro Terzulli. «Il quadro è complesso e si porta avanti un effetto trascinamento dell’escalation protezionistica che si è riversata dal 2018 al 2019 e dal 2019 al 2020, anno iniziato con le tensioni tra Usa e Iran per l’uccisione del colonnello Qasem Soleimani, poi rientrate, e proseguito con il sopraggiungere della pandemia, considerata alla stregua del cigno nero», aggiunge. Quest’anno, perciò, la contrazione sarà dell’11,3% a 422 miliardi, un livello di poco superiore a quello registrato nel 2016. Solo nel 2023 arriveranno a quota 510 miliardi, ma già il prossimo anno dovrebbero attestarsi al 97% circa del valore del 2019. Questo sempre che non ci sia necessità di prolungare le restrizioni o di un nuovo lockdown che nella peggiore delle ipotesi porterebbe al crollo dell’export italiano, nel 2020 del 12% o del 21,2% nei due scenari peggiori. Anche per favorire il processo di ripresa, Sace ha tracciato una geografia dei mercati da presidiare. «Guardiamo con favore a Germania, Svizzera e Stati Uniti, anche se su questi ultimi manteniamo una maggiore cautela per via dell’evolversi della pandemia», aggiunge Terzulli. Altri mercati europei da presidiare sono quelli della Polonia e della Repubblica Ceca, nonché la Russia, dove eventuali complicazioni sono legate alla situazione economia-finanziaria, ma alle possibili tensioni per il caso di Alexei Navalny e per la situazione in Bielorussia».
Ovviamente si guarda anche a Oriente. La Cina, «una delle poche grandi economie a non andare in recessione», che potrebbe offrire opportunità al settore della farmaceutica e il Vietnam. Ma anche il Giappone (per l’alimentare e le bevande), dove inizia a dare i primi frutti l’accordo di libero scambio con l’Unione europea. Quanto ai settori, i primi a ripartire saranno l’agroalimentare – sia come prodotti agricoli sia come bevande e alimenti – e la chimica (trainata dalla farmaceutica). Al contrario, stenteranno meccanica strumentale e moda.
«All’estero, gli italiani sono sempre graditi nei tavoli commerciali: il mondo sta aspettando la ripartenza del Made in Italy», ha sottolineato il presidente di Sace, Rodolfo Errore, intervenendo alla presentazione del rapporto.
«Dopo questa prima metà d’anno decisamente inedita, il quadro resta serio ma si profila una prospettiva di ripartenza a cui dobbiamo lavorare con tutte le nostre energie per trasformare una minaccia in opportunità», gli ha fatto eco l’amministratore delegato, Pierfrancesco Latini, che ha ricordato come nella prima parte dell’anno la società sia stata impegnata a fornire risposte con Garanzia Italia. Complessivamente, nei primi sei mesi dell’anno, tra attività tradizionali e quelle legate a Garanzia Italia, Sace ha infatti mobilitato 20 miliardi di euro. (riproduzione riservata)
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