di Luca Gualtieri
Bce ha dato luce verde a Leonardo Del Vecchio per salire dal 9,9 al 19,9% di Mediobanca. Ieri, dopo le indiscrezioni circolate nel corso della giornata, solo a borsa chiusa Delfin ha confermato la notizia. Il termine ultimo del resto era fissato per oggi quando, considerando anche le bank holidays intercorse tra giugno e agosto, sarebbero scaduti i 60 giorni lavorativi dell’istruttoria. È stato lo stesso Del Vecchio a dare l’annuncio al ceo di Mediobanca, Alberto Nagel. Nell’arco di una breve ma cordiale telefonata i due si sarebbero ripromessi di organizzare un incontro nelle prossime settimane, un segnale di distensione in cui non è difficile leggere la premessa di un accordo. Di certo, con l’ok del regolatore in tasca, Delfin si porterà verso il 13-14% di Mediobanca, quota con la quale potrebbe presentarsi all’assemblea di fine ottobre. Per comprare le azioni, però, la holding potrebbe aspettare un raffreddamento del prezzo che negli ultimi giorni è tornato quasi ai livelli pre-Covid in area 7,5 euro (solo ieri è salito del 3,18%). Non è escluso che, come l’anno scorso, a rastrellare per conto di Del Vecchio sia la banca francese Natixis guidata in Italia da Guido Pescione.
Se insomma l’autorizzazione è ormai smarcata, il mercato attende ancora qualche ulteriore delucidazione sulla vicenda. Non è chiaro per esempio se l’ok della banca centrale sia o meno condizionato e se Delfin (che pure si è presentata come investitore finanziario) abbia condiviso con il regolatore un progetto industriale. Si vedrà se nei prossimi giorni Del Vecchio farà chiarezza anche su questi punti.
Sicuramente l’esame a cui la holding è stata sottoposta in questi due mesi è stato assai scrupoloso. L’autorizzazione per l’acquisto di una qualifying holding è necessaria non solo per superare il 10%, ma anche per portarsi sopra il 20, il 30% (soglia di opa) e il 50% in termini di azioni o di diritti di voto. A disciplinare la materia è la direttiva Crd IV del 2013 che pone paletti precisi o assessment criteria. Delfin e i suoi advisor hanno preparato con estrema attenzione il fìling, avendo cura di prevenire tutte le possibili obiezioni dell’organo di vigilanza. Per rassicurare il regolatore, per esempio, la holding ha scelto di presentarsi come investitore finanziario, soggetto cioè che, pur prendendo parte alla vita societaria della partecipata, non è interessato a esercitare funzioni di controllo. Non solo. Del Vecchio ha lasciato intendere di non voler depositare una lista in vista dell’assemblea di ottobre che dovrà eleggere il nuovo cda. In base alle regole europee, un investitore finanziario potrebbe presentare candidature senza vedersi contestare l’esercizio di un’influenza dominante; salvo però il caso in cui, fatto il pieno di voti in assemblea, ottenesse la maggioranza in consiglio di amministrazione. In Mediobanca (dove oggi Mister Luxottica è primo azionista al 9,9%, davanti al 6,7% di Vincent Bollorè e al 3,3% di Mediolanum) oggi uno scenario del genere non è remoto e il passo indietro preventivo di Delfin va forse letto proprio in questa chiave. Se insomma i toni sono stati concilianti, rimane arduo azzardare previsioni sull’esito della vicenda. Non è peraltro escluso che nella partita entrino altri attori. Se Del Vecchio potrebbe decidere di appoggiare la lista di Assogestioni (che ricandiderà probabilmente Angela Gamba e Alberto Lupoi), c’è chi ipotizza che in assemblea si presenti una terza formazione promossa da un investitore istituzionale. L’indiziato principale rimane Bluebell Partners, il fondo inglese che nelle scorse settimane ha criticato la strategia della merchant proponendo di smontare il 12,9% di Generali. Ma soprattutto va tenuto presente che la vicenda è monitorata con attenzione da alcuni grandi player rimasti finora ai margini della partita. Da Intesa Sanpaolo, che in questi anni ha creato una relazione speciale con Piazzetta Cuccia, a Unipol, rientrata nella merchant con l’1,96%. (riproduzione riservata)
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