di Anna Messia
Il settore previdenziale guarda con molto interesse ad Autostrade per l’Italia e più in generale agli investimenti in infrastrutture del Paese, ma attende di conoscere i dettagli e le prospettive del rendimento dell’investimento in Aspi, oltre ovviamente al piano industriale della società, visto che in ballo ci sono le pensioni degli italiani. La riflessione è di Sergio Corbello, riconfermato ieri alla presidenza di Assoprevidenza, l’associazione per la previdenza e assistenza complementari, al termine dell’assemblea dei soci che ha eletto anche il nuovo comitato direttivo per il triennio 2020-2023. La partita Autostrade è più complicata «per i fondi pensione, che non possono investire direttamente in partecipazioni in singole società», osserva Corbello, mentre «per le casse previdenziali l’ingresso sarebbe ipoteticamente praticabile», ma bisogna comunque conoscere l’assetto della nuova Aspi e soprattutto le prospettive di sviluppo e di rendimento della società. Il comparto, che investe in un’ottica di lungo termine, ha comunque l’obbligo di considerare il basso rischio come elemento fondante e aggiunge che un ipotetico coinvolgimento delle casse nella governance di Aspi potrebbe essere un elemento interessante. «Nel caso di un investimento stabile la partecipazione nella governance, come per esempio la designazione di consiglieri indipendenti, sarebbe certamente positiva». Corbello sottolinea che il settore previdenziale è per definizione interessato alla rapida ripresa del Paese, ma servono progetti validi e persone in grado di realizzarli. Tra i dossier aperti c’è anche l’ammodernamento del patrimonio immobiliare italiano, che tra i finanziatori può avere anche i fondi di previdenza complementare. A certe condizioni i benefici fiscali che incentivano le operazioni di riqualificazione, come l’ecobonus al 110%, rappresentano infatti interessanti opportunità di investimento. Alcuni fondi sono tuttora proprietari di grandi patrimoni immobiliari, altri potrebbero investire in fondi alternativi (Fia) specializzati nella compravendita dei crediti d’imposta derivanti dagli incentivi fiscali. «Questi investimenti», dice Corbello, «potrebbero unire il risultato di un rendimento comunque remunerativo con l’eventualità di mettere a disposizione dei propri iscritti un servizio di acquisto crediti a prezzo calmierato, così da agevolare lo stimolo a compiere interventi di riqualificazione abitativa». Tenuto conto della diffusione in Italia della proprietà della prima casa e del fatto che, notoriamente, l’edilizia mette in moto più l’attività di settori, si tratterebbe di capillari investimenti nell’economia reale in grado di avere anche un impatto sociale. Intanto però anche gli stessi fondi devono fare i conti con la crisi economica innescata dal Covid. «Ci sono fondi, come i preesistenti dei settori bancario o assicurativo, che non hanno avuto problemi contributivi», conclude Corbello, «ma altri, come chi opera nel terziario, nel settore dei servizi o del turismo, si trovano inevitabilmente a gestire problematiche di tesoreria». (riproduzione riservata)
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