di Claudia Cervini MF-DowJones
La norma sui Pir alternativi contenuta nel decreto Rilancio ancora in fase di conversione incassa l’apprezzamento di Assogestioni, delle reti e dei singoli gestori – riuniti nel webinar «Pir: il risparmio al servizio dell’economia reale. Dai mercati quotati agli strumenti illiquidi» – secondo cui lo strumento sarà un volano per portare liquidità alle imprese, con l’ovvia avvertenza che non è adatto per tutti i tipi di risparmiatori ma solo per quelli con l’adeguato profilo di rischio. Qualche indicazione l’ha data Stefano Scalera, vicecapo di gabinetto Mef. «L’obiettivo dei Pir è creare un incentivo strutturale che indirizzi stabilmente il risparmio privato verso l’economia reale. I Pir 1.0 (concepiti nel 2017, ndr) hanno sostenuto le nuove quotazioni, ma da questo progetto restavano fuori le pmi non pronte alla quotazione. Quindi sono stati fatti tentativi di modifica. Con il dl Rilancio è stata introdotta un’importante integrazione alla normativa dei Pir, che si aprono al mondo delle non quotate». I Pir alternativi possono essere realizzati in modi diversi, condizione è che sia composto da investimenti qualificati. Al momento si sta dialogando con l’Ivass. «La norma sui Pir è importante per due motivi», ha detto Fabio Galli, dg di Assogestioni: «Primo, il lungo periodo, l’incentivo a rimanere investiti nel temp; secondo, andare verso asset class finora non accessibili. La norma mette insieme l’interesse delle famiglie di risparmiatori, dello Stato e degli operatori». Secondo Massimo Doris, ad di Banca Mediolanum, uscire dai Pir è una scelta sbagliata: «Sono un investimento di lunghissimo periodo e giudicarli nel breve è grave. È anzi il momento di aumentare l’investimento». Il banchiere auspica che il decreto sia convertito al più presto. «I Pir alternativi non sostituiranno quelli tradizionali, che hanno una grandissima platea e in termini di volumi contribuiranno maggiormente».
Tommaso Corcos, ad di Fideuram Ispb, ha osservato che «il collocamento del recente Btp Italia, con circa 14 miliardi sottoscritti dalla clientela retail, ha testimoniato l’attenzione dei risparmiatori italiani verso iniziative a sostegno del Paese. Sul fronte dei Pir, tradizionali e alternativi, una normativa chiara e stabile potrà incoraggiare una raccolta sostenuta; l’industria del risparmio gestito e le reti di consulenza sono impegnate nel rilancio dell’economia, con grande concretezza». Dello stesso avviso Andrea Ghidoni, ad di Pramerica sgr e Nicola Ronchetti, founder & ceo Finer Finance Explorer. Quanto a Saverio Perissinotto, ad di Eurizon, mette in guardia: «I fattori di successo saranno le competenze, la conoscenza del mercato italiano e la capacità di supportare i clienti nel processo di consulenza agli investitori nell’utilizzo di questi strumenti. Sono convinto che l’asset class alternativa dia un contributo in termini di ottimizzazione del portafoglio complessivo a condizione di conoscerne e accettarne le regole.
E’ opportuno che l’investitore sia consapevole dello strumento d’investimento e che abbia la capacità patrimoniale adeguata».
Serve ora certezza del quadro normativo. «È fondamentale evitare stop&go, così come avvenuto in passato», ha notato Alessandro Melzi d’Eril, ad di Anima sgr. Quando si parla di Pir alternativi «occorre dare il giusto peso alla comunicazione ed esplicitare il loro profilo di rischio», ha aggiunto Ugo Loser, ad di Arca Fondi sgr. I Pir alternativi sono prodotti, con soglie di investimento più elevate e differenti vincoli di investimento rispetto ai Pir tradizionali, con cui hanno in comune l’incentivo dell’esenzione fiscale sui rendimenti finanziari a patto che il risparmiatore si impegni a mantenere gli investimenti per almeno cinque anni.
Nei Pir alternativi è possibile investire 150mila euro ogni anno fino al raggiungimento del tetto di 1,5 milioni. Questi prodotti investono almeno il 70% del valore complessivo in strumenti finanziari emessi da imprese con stabile organizzazione in Italia ma diverse da quelle inserite negli indici Ftse Mib e Ftse Italia Mid Cap, nonché in crediti delle medesime imprese e in prestiti a esse erogati. Il limite alla concentrazione degli investimenti in strumenti finanziari emessi dalla stessa impresa o da altra impresa appartenente al medesimo gruppo è previsto al 20% rispetto al 10% dei Pir ordinari. (riproduzione riservata)
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