di Anna Messia
La crisi provocata dal coronavirus può essere un’occasione imperdibile di crescita per l’industria assicurativa. «In questi mesi sono si sono generati nuovi bisogni e sono emersi nuovi rischi che necessitano di coperture: questa potrebbe essere la volta buona per creare una partnership tra compagnie e clienti che in Italia non si è ancora sviluppata». Ne è convito Luca Franzi, presidente dell’Aiba, l’associazione che rappresenta l’80% dei volumi d’affari del mercato del brokeraggio assicurativo del Paese. Un settore chiave da quale partire per inaugurare questa nuova stagione «potrebbe essere quello del turismo, che rappresenta il 13% del prodotto interno lordo nazionale, con un giro d’affari di 228 miliardi e il 15% dell’occupazione, e che ha pagato un conto pesantissimo al virus», suggerisce.
Domanda. Secondo Confturismo dall’inizio del lockdown ci sono stati 30 milioni di turisti in meno nel Paese, tra italiani e stranieri. Considerando il congelamento di tutti i settori legati al turismo, si stimano perdite per 120 miliardi nel 2020. Le assicurazioni hanno pagato parte di questo conto?
Risposta. Solo in parte. C’è stato per esempio un incremento esponenziale dei sinistri per le polizze di annullamento e cancellazione viaggi per malattia propria o di un familiare. Tra febbraio e marzo, con le chiusure dall’Italia verso l’estero, la frequenza di questi sinistri è stata del 36%, diciotto volte superiore alla frequenza media del 2%. Rimborsi che sono andati ai singoli clienti e che si sono aggiunti ai bonus offerti dagli operatori negli altri casi, con la consegna di voucher. Ma manca una copertura assicurativa contro il coronavirus per i tour operator o per gli hotel che hanno pagato il conto più salato della crisi.
D. Le compagnie che assicurano il settore sono poche e specializzate, come Europ Assistance di Generali o Allianz global. Cosa potrebbero fare per contribuire a una ripresa del settore?
R. Qualcosa, per i clienti retail, stanno già facendo. Sul mercato stanno arrivando coperture assicurative, prima escluse, che tutelano il viaggiatore anche in caso di pandemia, prevedendo servizi e rimborsi che consentano di viaggiare con maggiore tranquillità, garantendo vacanze in sicurezza. Ma, come detto, sul mercato non ci sono polizze che rimborsano i tour operator o gli hotel in caso di pandemia. Le assicurazioni potrebbero iniziare a offrirle, il che rappresenterebbe un elemento importante per contribuire al rilancio del settore turistico. Come pure servirebbero iniziative in altri settori.
D. Quali?
R. La pandemia ha fatto emergere nuovi rischi e allo stesso tempo ha indebolito le imprese. Penso per esempio ai rischi sanitari ma anche alle polizze per la responsabilità degli amministratori, le D&O. Le imprese, con la crisi economica, hanno oggi meno risorse per coprirsi da questi rischi che però sono crescenti. Serve un’azione di responsabilità delle assicurazioni per rivalutare il loro fondamentale ruolo sociale. Basta guardare il cyber risk con le imprese e i dipendenti che in questi mesi hanno continuato a lavorare grazie alla rete.
D. Ci sono coperture adeguate per il rischio informatico?
R. Le polizze ci sono ma le imprese assicurate restano poche. Oggi in Italia meno del 20% delle piccole e medie imprese, il 92% de tessuto produttivo del Paese, ha affidato la gestione del rischio cyber ad esperti o ha attivato una polizza specifica. (riproduzione riservata)
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