di Elena Dal Maso
I nuovi Pir, previsti nel deceto Rilancio, piacciono molto a Equita. Luigi De Bellis, co-head ufficio studi della sim milanese, nell’ultimo monitor dedicato a questi strumenti stima un afflusso annuo di 2-3 miliardi per i Piani Individuali di Risparmio alternativi, a raggiungere una raccolta compresa fra 10 e 15 miliardi in cinque anni, «considerando che si tratta di una nuova sfida per il settore e quindi questi obiettivi non saranno facili da raggiungere», spiega l’esperto. Il modello nuovo prevede l’investimento di almeno il 70% del fondo in società che non appartengono al paniere Ftse Mib e al Ftse Mid e possono non essere quotate, mentre il 30% delle quote del fondo è libero di essere collocato a discrezione del gestore. De Bellis sottolinea che «si tratta di una misura di carattere strutturale importante, che mira a sostenere l’economia reale e far affluire capitali a categorie di aziende il cui accesso al mercato è più difficile, in una fase di forte pressione creata dall’emergenza Covid che colpisce maggiormente le pmi rispetto alle grandi aziende». Inoltre questo strumento, aggiunge De Bellis, «potrà stimolare la comparsa di nuovi fondi specializzati nelle Pmi italiane e migliorare la liquidità del mercato».
Secondo Assogestioni, nel primo trimestre del 2020 i fondi Pir esistenti hanno registrato deflussi netti per 234 milioni di euro contro -380 milioni nel quarto trimestre dello scorso anno. Ora le masse gestite totali (Aum) in portafoglio a 71 fondi sono pari a 15,1 miliardi, in calo del 19% trimestre su trimestre. I deboli afflussi di fondi nel primo trimestre sono dovuti alla performance negativa dei mercati causata dalla pandemia, con il Ftse Italia All-Share che ha lasciato sul terreno il 29% nel periodo gennaio-marzo 2020 anche a causa di una maggiore volatilità, che ha portato a vendite generalizzate. Tuttavia i fondi Pir tradizionali hanno registrato afflussi positivi in aprile per 150 milioni, portando gli afflussi netti da inizio anno a un più contenuto dato di -84 milioni.
In termini di asset in gestione, il leader dei Pir, ricorda Equita, è ancora Banca Mediolanum con una quota di mercato del 27%, davanti a Intesa Sanpaolo (24%), Amundi (20%), Arca (13%) e Anima (11%). La sim stima inoltre un afflusso netto nel 2020 dei Pir classici già sul mercato per un miliardo di euro (con asset in gestione per 17,3 miliardi) e per 2,3 miliardi nel 2021, che porterebbe gli Aum totali a 19,6 miliardi.
Nel frattempo la politica si sta muovendo nuovamente dopo il grande successo del collocamento del Btp Italia, che ha toccato il record di 22,3 miliardi a fine maggio. Raphael Raduzzi, deputato del Movimento 5 Stelle della Commissione Finanze alla Camera, ha presentato un emendamento al decreto legge Rilancio per creare «i Pir-O: una nuova forma di investimento a favore dello Stato», spiega a MF-Milano Finanza. «Il grande successo dei Btp Italia, che in soli tre giorni hanno raccolto oltre 14 miliardi fra gli investitori finali, è un importante indicatore del fatto che le famiglie italiane vogliano investire in titoli di stato per via del rischio contenuto. Per questo motivo, assieme agli operatori del settore, abbiamo pensato di presentare un emendamento al dl Rilancio per creare una nuova tipologia di Pir finalizzato a sostenere i titoli di stato italiani», aggiunge Raduzzi.
I nuovi Pir-O avrebbero caratteristiche simili ai Pir in circolazione, con la differenza che il 70% dell’investimento è vincolato a titoli di Stato, di cui almeno il 30% a emissioni con scadenze superiori a 10 anni. I vantaggi fiscali sugli utili derivanti dallo strumento, se detenuto fino a scadenza, sono gli stessi degli attuali Pir. Il Dl Rilancio passerà indicativamente la settima prossima alla Camera per essere votato. (riproduzione riservata)
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