Un fondo statale per salvare 300 mila aziende dal rischio insolvenza. Uno scudo per tutelare le linee di credito commerciale, da impresa a impresa, coperte dalle compagnie assicurative. La proposta sostenuta da Coface Italia, società attiva nei crediti commerciali e nel risk management, assieme ad altri operatori del settore, ha trovato spazio nel decreto Rilancio varato dal governo. Per la misura sono stati messi a disposizione fino a due miliardi di euro.
In sintesi, il decreto prevede che Sace, società per azioni di Cassa depositi e prestiti, conceda una garanzia sull’assicurazione dei crediti. Con il supporto di Confindustria, Ania, l’associazione delle imprese assicurative italiane, e gli assicuratori hanno proposto uno schema vicino al modello tedesco: «Una garanzia pari al 90% degli indennizzi generati dalle esposizioni relative ai crediti commerciali». Questo permetterebbe di salvaguardare transazioni tra aziende per un valore che va dai 20 ai 35 miliardi di euro nel 2020.
Lo scenario
Le modalità di gestione del fondo saranno definite nei prossimi giorni con un decreto specifico, ma per comprendere l’utilità del paracadute statale è interessante analizzare lo stato dell’arte del credito commerciale (o di fornitura) nel nostro Paese. Dalla manifattura ai servizi, parliamo di polizze che coprono le aziende, ad esempio le società fornitrici, dal rischio di mancato pagamento sulle dilazioni concesse. Oggi l’assicurazione del credito commerciale a breve termine fornisce copertura a un milione di realtà tra aziende assicurate e aziende debitrici. «Parliamo di 1,8 milioni di linee di credito — dice Ernesto De Martinis, amministratore delegato di Coface Italia — per un importo complessivo di circa 250 miliardi di euro di transazioni commerciali business-to-business all’anno». Di queste, i due terzi interessano controparti italiane e un terzo clienti esteri.
La storia insegna che, in tempo di crisi, le insolvenze delle imprese tendono ad aumentare, con conseguenze per tutto il sistema produttivo. Stritolate da una forte contrazione della domanda interna e dal crollo del commercio globale, migliaia di aziende rischiano nei prossimi mesi di non riuscire a pagare i propri debiti. «La situazione è delicata — dice De Martinis —. Prevediamo che l’insolvenza possa aumentare nel 2020 del 25% nel mondo e che nell’Eurozona ci siano ora 14 mila imprese a rischio default».
I voti
A pagarne lo scotto saranno soprattutto le piccole e medie imprese che rischiano di venir spazzate via: un’azienda su quattro fallisce proprio perché il debitore non paga. «Nel nostro Paese — chiarisce l’amministratore delegato — stimiamo un aumento dell’insolvenza del 18%. Un dramma per le aziende di piccola taglia che hanno una struttura finanziaria più debole rispetto alle grandi società, dunque sono maggiormente esposte a questa crisi epidemiologica».
Dal punto di vista degli assicuratori, crisi e boom dell’insolvenza significano storicamente l’esplosione del downgrading, la revisione al ribasso del «voto» sul merito di credito delle imprese. Tradotto: a ogni crisi le compagnie, per tutelarsi, smettono di assicurare i pagamenti delle aziende più fragili.
«Vista la situazione, è fondamentale adottare politiche di risk management prudenti — dice De Martinis — e monitorare la posizione finanziaria delle imprese procedendo alla revisione dei livelli di rischio». Questo, però, potrebbe portare allo stop di una buona parte del ciclo del credito di fornitura, fonte strategica di finanziamento per migliaia di imprenditori: «Teniamo presente che oltre il 30% dell’attivo di bilancio delle imprese italiane è rappresentato proprio dai crediti commerciali di fornitura».
Il supporto
L’intervento del governo punta quindi a evitare la paralisi dell’industria dell’assicurazione dei crediti: «Anche per non creare uno svantaggio competitivo verso le imprese di altri Paesi come Francia, Germania, Belgio, Olanda e Spagna che da tempo hanno ottenuto la garanzia pubblica dai rispettivi governi».
Quanto al nuovo fondo del decreto Rilancio, De Martinis chiarisce: «Non è un aiuto per proteggere i bilanci delle nostre compagnie di assicurazione, non ne abbiamo bisogno, abbiamo indici di solvibilità del settore molto elevati. Piuttosto si tratta di uno strumento per il rilancio del sistema produttivo italiano». Per circa 300 mila imprese, un paracadute, per restare attive.
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