di Francesco Bertolino
Marzo è stato un mese crudele per l’industria del risparmio gestito europea. Stando ai calcoli di Morningstar, i deflussi dai fondi domiciliati nel Vecchio Continente hanno toccato quota 287 miliardi di euro, un importo senza precedenti. Nel mese più nero della grande crisi finanziaria, l’ottobre 2008, i riscatti si erano fermati a 108 miliardi, meno della metà di quanto registrato a marzo 2020. Il dato dimostra l’entità del panico scatenato dalla pandemia fra gli investitori, che hanno perlopiù preferito rifugiarsi nella più pura forma di liquidità: contanti o conto corrente. Neanche i fondi monetari, tradizionale rifugio in caso di tempeste finanziarie, hanno infatti retto all’urto del coronavirus, registrando deflussi per 41 miliardi di euro. Si sono invece salvati i fondi dedicati alle materie prime grazie soprattutto ai quasi 4 miliardi di flussi verso i passivi legati ai metalli preziosi, oro in testa. Per il resto, la raccolta è stata a dir poco disastrosa. I fondi obbligazionari, in particolare, hanno subito a marzo riscatti per 140 miliardi, concentrati in obbligazionari globali flessibili, obbligazionari dei mercati emergenti e corporate in euro. Tracollo anche per gli azionari con 56 miliardi di deflussi e per gli alternativi con -22,7 miliardi, il risultato peggiore in proporzione al gestito. La grande fuga degli investitori, sommandosi al crollo di tutte le asset class sui mercati, ha portato i fondi europei a perdere oltre 1.300 miliardi di dollari in un mese, più di un decimo delle masse gestite. Il totale degli asset under management (fondi monetari inclusi) è sceso dai 10.836 miliardi di fine febbraio a 9.509 miliardi, con un calo più pronunciato per i fondi azionari (da 4.014 a 3.372 miliardi, -16%) rispetto a quelli obbligazionari (da 3.161 a 2.776 miliardi, -12%).
Quanto ai diversi approcci di gestione, i riscatti hanno colpito tanto i fondi attivi quanto, a differenza delle crisi del 2008-2011, i fondi passivi. In termini assoluti i primi sono stati più colpiti con deflussi per 121 miliardi nel comparto obbligazionario e per 45 miliardi in quello azionario a fronte dei 18 e 11 miliardi registrati rispettivamente dai secondi nei medesimi comparti. In rapporto al totale dei patrimoni gestiti però la differenza è più evidente nell’azionario (-1,7% per gli attivi, – 0,8% per i passivi) e più sfumata nell’obbligazionario (-4,5% per gli attivi, -3,7% per i passivi).
Quanto alle performance di marzo, misurate in termini di calo degli asset al netto dei riscatti, in generale il divario pare scarso. I fondi attivi hanno fatto leggermente meglio dei passivi nell’azionario (-11% contro -13%), mentre nell’obbligazionari la situazione è invertita (-9% contro -8%).
Venendo infine ai gestori, Morningstar individua i cinque più colpiti dai riscatti e i cinque che hanno registrato i maggiori afflussi. Nella prima categoria, per gli attivi, rientra Pimco (gruppo Allianz) che a marzo ha sofferto deflussi per 23,7 miliardi, specie dal fondo obbligazionario di punta. Male anche BlackRock (-10,4 miliardi), Amundi (-8,9 miliardi), Kbc (-7,8 miliardi) e AllianceBernstein (-7,2 miliardi). Per i passivi, invece, figurano di nuovo BlackRock con iShares (-7,2 miliardi) e Ubs (-6,3 miliardi). L’asset manager svizzero, però, si distingue nelle gestioni attive che il mese scorso hanno raccolto quasi 6 miliardi, soprattutto nei fondi dedicati ai bond sovrani statunitensi, altro rifugio molto ricercato dagli investitori. Bene anche Mercer GI (afflussi per 995 milioni) e Generali (369 milioni), mentre fra i passivi si salvano Vanguard (2,9 miliardi) e Invesco (1,1 miliardi). (riproduzione riservata)
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