di Francesco Bertolino
Ormai è un dato assodato. La crisi da coronavirus e le imponenti manovre messe in campo dai governi per limitarne gli effetti comporteranno un aumento del rapporto fra debito e prodotto interno lordo in tutti gli Stati. Secondo uno studio di Flossbach von Storch, nel 2020 il rapporto debito/pil dei Paesi del G7 salirà in media del 22%, un incremento superiore al 15% registrato all’indomani della crisi finanziaria del 2008. Rispetto ad allora, però, la crescita dell’indebitamento sovrano potrebbe essere meno duratura, se l’emergenza sanitaria ed economica verrà superata in fretta. «Tra il 2007 e il 2012, il rapporto debito/pil è aumentato in media del 40% tra i paesi del G7», valuta il centro di ricerca tedesco, «il Giappone e la Spagna hanno registrato il più rapido aumento del debito, rispettivamente di 53 e 50 punti percentuali». Tuttavia, aggiunge, «questa esperienza dimostra che l’aumento del debito tende a essere permanente: solo pochi Paesi sono stati in grado di ridurre l’onere del debito dopo il 2012». In ogni caso, il quanto dei singoli Stati dipenderà non solo dalla crescita del deficit, che incide sul numeratore, ma anche dal calo del pil, il denominatore. Il primo, rileva il centro di ricerca tedesco, è a sua volta fortemente dipendente dal secondo, «in quanto il calo del pil porta a maggiori spese e a minori entrate fiscali». Assumendo un calo del pil nominale del 5% e tenendo in conto solo i pacchetti di aiuti già approvati, così, quest’anno il debito/pil italiano potrebbe arrivare al 163% del pil, con un incremento di 30 punti percentuali rispetto al 133% attuale. In Spagna il rapporto passerebbe dal 96 al 120%, in Francia dal 99 al 119% e in Germania dal 59 al 98%, il maggior rialzo dell’area euro. Si tratta di una stima parziale per due motivi. Da un lato, l’indebitamento netto sarà inferiore perché solo parte delle garanzie al credito e delle partecipazioni pubbliche in imprese «verranno cancellate». Dall’altro, tutti i governi hanno annunciato nuove manovre di stimolo che faranno salire ancora deficit e debito. Già così comunque le previsioni di Flossbach von Storch danno un’idea della quantità di bond sovrani in emissione nei prossimi mesi. Il mercato sarà in grado di assorbirli? «Come dimostra l’esempio del Giappone, quasi ogni rapporto di indebitamento pubblico può essere sostenuto quando la banca centrale fornisce i finanziamenti e l’inflazione rimane bassa», osserva. «In questo caso il pubblico è disposto a detenere o le obbligazioni emesse dal governo o il denaro emesso (attraverso le banche) dalla banca centrale». Questo è l’esito più probabile «per gli Stati Uniti e per altri paesi dove il governo controlla la banca centrale». Meno scontato che ciò avvenga nell’Eurozona. «Formalmente la porta per il finanziamento del debito pubblico da parte della banca centrale è chiusa», avverte, «ma senza l’accesso al finanziamento della banca centrale per i paesi altamente indebitati dell’Unione Monetaria, l’euro molto probabilmente si sgretolerebbe. Quindi, la porta per il finanziamento dei governi da parte della Bce è aperta a livello informale». L’alternativa sarebbe una mutualizzazione del debito (coronabond, eurobond…) che, però, conclude il centro di ricerca tedesco, «rischia di introdurre una concorrenza tra i debitori e, alla fine, lo svilimento dell’euro». (riproduzione riservata)
Fonte: